Un’annata sopra ogni più auspicabile previsione quella vissuta dall’Associazione Torino-Pechino durante il 2022, anno di ripartenza di molte attività ferme per quasi due anni a causa della pandemia di Covid-19, ma allo stesso tempo caratterizzata dalle nuove difficoltà successive alla crisi tra Russia e Ucraina, soprattutto nel settore energetico e in quello della mobilità.
I due momenti centrali dell’attività dell’associazione hanno ruotato attorno al Bio Cng European Tour e alla Fia Eco Rally Cup. In entrambi i casi i ragazzi della “Torpec” sono stati in grado di far parlare di sé. Come promesso un anno fa è cresciuto il coinvolgimento delle realtà valtiberine all’interno dei progetti dell’associazione, senza rinunciare a consolidate collaborazioni di carattere nazionale.
La scommessa con il biometano
Il Bio Cng European Tour ha visto una normalissima automobile alimentata a biometano raggiungere per la prima volta Capo Nord, il punto più settentrionale d’Europa, e Rovaniemi, il villaggio dove secondo la tradizione vive Babbo Natale. Il viaggio ha dimostrato la fattibilità di reperire biometano lungo un percorso di circa diecimila chilometri che ha attraversato nove differenti paesi europei.
Un’importante eco mediatica su scala internazionale ha caratterizzato l’avventura richiamando molta attenzione nei confronti del viaggio, che ha avuto modo di essere stato ospitato in forma di racconto in prestigiosi eventi del mondo del gas naturale. Il Bio Cng European Tour non è stata un’avventura fine a sé stessa ma piuttosto una prima esplorazione delle potenzialità del biometano in Europa, con l’ulteriore prospettiva di ripetere il viaggio tra qualche anno per osservare la crescita della rete infrastrutturale attorno all’energia pulita.
Oltre a Piccini Paolo Spa, che ha messo a disposizione auto e competenze, il viaggio ha avuto la collaborazione di Snam4Mobility e Ngv-Italy, oltre a molti altri partners del mondo del gas naturale. Alla guida del veicolo Guido Guerrini e Fabio Cofferati, già reduci dall’avventura del 2021 lungo le strade della Siberia.
Un mondiale da ricordare
La Seat Leon di Piccini Paolo Spa protagonista del Bio Cng European Tour ha contribuito anche ai successi nel campionato del mondo che la Fia dedica alle nuove energie, dato che numerosi trasferimenti e ricognizioni sono avvenuti con l’auto alimentata a biometano.
Tutte le sette gare della stagione 2022 della Fia Eco Rally Cup hanno visto l’equipaggio composto da Guido Guerrini e Artur Prusak raggiungere piazzamenti a punti. Per l’esattezza, a un iniziale sesto posto hanno fatto seguito ben sei podi in tutte le gare restanti, impreziositi dalle vittorie nella gara slovena e in quella italiana. Solamente tre punti il distacco nella classifica finale tra i vincitori del titolo iridato e la coppia Guerrini-Prusak. Il team italiano ha inoltre contribuito in modo determinante alla vittoria di Kia nella classifica costruttori.
La partecipazione alla Fia Eco Rally Cup è stata possibile per merito della collaborazione tra la “Torpec” e gli altoatesini Team Autotest Motorsport e K-Motors Bolzano, grazie a cui è stata messa a disposizione una efficientissima Kia e-Niro.
Orfani del campionato italiano
Anche quest’anno l’Associazione Torino-Pechino non ha potuto prendere parte al campionato italiano Aci-Sport dedicato alle energie alternative per via dei regolamenti che escludono dalla disciplina propedeutica alla Fia Eco Rally Cup gli ex vincitori di titoli nazionali o internazionali, in aggiunta alle limitazioni strumentali previste dal campionato nazionale.
Ad impreziosire la bacheca dell’associazione c’è stato tuttavia il conferimento da parte del Coni della medaglia di bronzo al valore sportivo a Francesca Olivoni e Cesare Martino, vincitori del campionato nazionale 2020, l’ultimo disputato senza limitazione regolamentari, che vide l’equipaggio vincere il titolo tricolore con il sostegno di Piccini Paolo Spa e Scuderia Etruria Racing.
Un 2023 con importanti novità
Con l’inizio del 2023 prenderà vita anche il quindicesimo anno della vita dell’Associazione culturale Torino-Pechino. L’obiettivo è un’ennesima stagione caratterizzata da viaggi e gare sportive, mantenendo la tradizione dell’uso di carburanti ecologici e di veicoli a basso impatto ambientale. La scelta, da parte dell’associazione, di rafforzare il legame con il proprio territorio sarà una priorità dell’azione e della progettazione delle attività.
Il campionato mondiale Fia dedicato alle energie alternative prenderà il via già in gennaio con una gara che sarà condizionata dalla neve e dalle basse temperature in terra svedese. Nei prossimi giorni scioglieremo la riserva sull’equipaggio e sul veicolo individuato per il mondiale Fia.
Più complessa la progettazione di viaggi ecologici, anche a causa della difficile situazione geopolitica che caratterizza il continente euroasiatico. Ma ogni difficoltà si può trasformare in un nuovo inizio, e non è da escludere che la “Torpec” possa sbarcare per la prima volta in un nuovo continente.
Alla fine i chilometri complessivi sono stati diecimila, con nove nazioni europee visitate e quattordici confini attraversati. 8.716 chilometri sono stati percorsi usando biometano, mentre i restanti 1.284 con carburanti tradizionali. Se il viaggio si fosse limitato al raggiungimento del Circolo Polare Artico, e quindi senza l’escursione a Capo Nord, la percentuale di chilometri coperti usando solo biometano sarebbe stata del 100%. La voglia di andare il più lontano possibile usando una normale automobile ha di fatto posto le premesse per una ulteriore scommessa successiva: poter confrontare il viaggio appena compiuto con uno futuro, magari quando apriranno nuovi distributori o ci saranno auto di serie con maggiore autonomia che potranno permettere di migliorare il risultato ottenuto.
Il Bio Cng European Tour non solo ha regalato emozioni, ma soprattutto è stato utile per una verifica sul campo delle infrastrutture legate al biometano attraverso il continente europeo. Sulla direttrice nord-sud ed in particolare in qualsiasi viaggio attraverso il centro e nord Europa c’è da essere soddisfatti poiché la possibilità di imbattersi anche per caso in stazioni di biometano è piuttosto alta. L’Italia ha grossi margini di crescita e dovrà prendere spunto anche dalle esperienze maturate all’estero da chi ha scommesso su questo biocarburante molto prima che le recenti problematiche internazionali lo portassero ulteriormente al centro dell’attenzione.
Perché il biometano conviene
Analizzando gli aspetti economici del Bio Cng European Tour emergono dati interessanti che dimostrano come, nonostante il forte aumento dei prezzi, il gas naturale continui ad essere molto più conveniente della benzina. È importante ricordare che l’auto usata per il lungo drive test era una Seat Leon 1.5 TGI con impianto a metano di serie e una capacità di bombole pari a circa 17,7. Lo stile di guida è stato realistico, ovvero non troppo concentrato sui consumi ma senza mai superare i limiti di velocità.
Complessivamente, nella parte di viaggio effettuata usando il biometano, sono stati consumati 290,62 kg di gas naturale per un costo complessivo di 573,58 euro, pari a circa 6,5 centesimi di euro a chilometro. Il costo medio di un kg di biometano durante il viaggio è stato di 1,97 euro, con il prezzo più basso pagato in tre diverse occasioni in Germania (0,99) e quello più alto in Danimarca (3,5).
Abbiamo rifornito di benzina in tre differenti nazioni: in Italia alla partenza, Norvegia e Finlandia durante il viaggio. Il prezzo medio dei nostri “pieni” di benzina è stato 2,07 euro/litro. Complessivamente abbiamo consumato 74,72 litri di carburante con un consumo medio di 17,2 chilometri con un litro. Il prezzo a chilometro è stato di circa 12 centesimi di euro, praticamente doppio rispetto a quello del biogas.
Problematiche emerse e virtuosismi da seguire
Il problema oggi più sentito è quella legato al prezzo. È impressionante osservare la differenza tra le nazioni attraversate, in particolar modo i punti di rifornimento tedeschi, dove si trovano con facilità prezzi attorno all’euro al chilogrammo, rispetto alle altre nazioni, Austria esclusa, dove mediamente il prezzo del biometano è doppio se non triplo. Interessante la differenziazione del prezzo in Finlandia, dove il biometano costa un terzo in meno rispetto allo stesso gas di provenienza fossile. In Scandinavia e in gran parte della Germania è quasi impossibile trovare punti di rifornimento con il metano fossile essendo quasi tutti bio, al contrario che in Italia. Altro punto dolente è quello dell’orario e modalità di rifornimento: all’estero ci insegnano che usare la politica del self-service, all’interno di aree di servizio presidiate o in presenza di una colonnina di pagamento con istruzioni, è la normalità. Si può fare rifornimento giorno o notte, festivi, superfestivi o feriali senza alcun problema. Non è un caso che abbiamo scelto come ultimo punto di rifornimento in Italia la stazione di “Io vado a metano” di Verona sud, completamente automatizzata e nella quale si può rifornire sempre.
L’accoglienza del viaggio e i progetti futuri
Ovunque siamo andati abbiamo ricevuto inviti a visitare luoghi di produzione e distribuzione del biometano o abbiamo fatto semplici incontri con appassionati del mondo del gas naturale. Quello che ci ha colpito è stata la rivoluzione della mentalità nelle persone incontrate e nei cittadini delle aree dove abbiamo fatto visite approfondite. Ancora prima dell’aspetto economico o della problematica dell’approvvigionamento del gas naturale di provenienza russa, africana o norvegese, i nostri interlocutori erano sensibili a come ogni parte di un rifiuto debba essere recuperata e trasformata in fonte di energia. Principi culturali maturati nel tempo e non frutto di politiche improvvisate. Ci ha colpito che in Paesi come quelli scandinavi, tra i più evoluti in tema di mobilità elettrica, il biometano non sia affatto snobbato ma giustamente valorizzato come ulteriore fonte di energia disponibile a chilometro quasi zero. Non ci ha mai stupito trovare spesso stazioni di ricarica elettrica convivere con punti di rifornimento di biometano, e il fatto che il gas naturale in alcune occasioni fosse la fonte di produzione ecologica dell’energia usata per le ricariche delle auto.
Il Bio Cng European Tour ha voluto anche cercare di raccontare il mondo del biometano con un pizzico di ironia, aspetto che ha permesso a molte persone di avvicinarsi a una realtà della quale fino a prima del nostro viaggio conoscevano ben poco. I protagonisti della spedizione, assieme ai principali sostenitori come Piccini Paolo Spa, Snam4Mobility e Ngv-Italy, organizzeranno un incontro pubblico nel mese di settembre per approfondire tematiche e dinamiche incontrate sulle strade dell’avventura appena conclusa.
È dunque possibile arrivare a Capo Nord con il biometano? Nell’estate 2022, epoca del viaggio sostenuto da Piccini Paolo Spa, Snam4Mobility e Nvg-Italy, la risposta è quasi sì, dato che l’auto prescelta è riuscita a percorrere il 93% del viaggio usando solo energia pulita. Ancora eccessivi gli 841 chilometri di distanza tra l’ultima stazione di rifornimento svedese, a Boden, e la strada più a nord del continente europeo. Salendo dalla Finlandia la situazione non sarebbe migliore, visto che da Oulu a Capo Nord la parte senza biometano è di oltre 900 chilometri. È invece possibile da entrambe le strade, ed è questa vera notizia e missione del viaggio, raggiungere il Circolo Polare Artico e poi rifornire di nuovo per proseguire. I più attenti a questo tema diranno che Guido Guerrini e Fabio Cofferati potevano scegliere un’auto con autonomia maggiore, ma i due viaggiatori e i loro sponsor avevano precedentemente chiarito la volontà di voler fare il viaggio usando un’automobile normale come quelle a disposizione di qualsiasi famiglia italiana. Troppo semplice, e allo stesso tempo poco pratico, allestire un veicolo con un’autonomia tripla rispetto al normale.
I numeri del viaggio
Sono 4.620 i chilometri percorsi dalla Toscana a Capo Nord, dei quali 4.267 usando solo biometano e 353, gli ultimi prima dell’arrivo, con carburanti tradizionali. Il percorso non è stato quello più breve che collega l’Italia alla Lapponia ma ha dovuto tenere conto di numerose deviazioni per poter effettuare rifornimenti all’incirca ogni 350-400 chilometri. A questo va aggiunta la scelta fatta durante il viaggio di non usare traghetti, almeno all’andata, in modo da raggiungere Capo Nord, cosa da qualche anno finalmente possibile, grazie ai ponti tra le isole danesi, quello tra Copenaghen e Malmo e il tunnel sottomarino poco prima dell’isola di Mageroya.
I “pieni” di biogas sono stati dodici con un prezzo medio di 2,20 euro. Il rifornimento più economico è avvenuto in Germania (0,99 al kg), quello più costoso in Danimarca (3,50). Con il nostro stile di guida, rispettoso dei limiti di velocità ma sempre con andatura sostenuta, abbiamo percorso mediamente 30,6 chilometri con un chilogrammo di metano. Interessante osservare come i paesi scandinavi abbiano sviluppato un’importante cultura della mobilità ecologica. Lungo le strade percorse dall’equipaggio italiano ci sono stati incontri con tante auto elettriche, ma allo stesso tempo con tante auto e camion alimentate a gas naturale o metano liquido.
La rotta verso sud
Il viaggio di ritorno avrà alcuni aspetti similari a quello di andata a partire dal fatto che le stazioni di biometano dovranno essere cercate una ad una. Stavolta sarà la prima parte del viaggio a necessitare di carburanti tradizionali mentre la spedizione tornerà ad utilizzare biometano molti chilometri dopo Capo Nord. Da Oulu, in Finlandia poco al di sotto del circolo polare e affacciata sul Golfo di Botnia, riprenderà la marcia attraverso la terra finnica per poi trasferirsi in Svezia via mare e continuare in Danimarca, Germania, Austria e Italia. Il viaggio sarà più lento e con la volontà di incrementare il chilometraggio avvicinandosi al tetto di 10.000 chilometri per valutare poi la reale percentuale della parte effettuata a biometano.
Tempi duri per il mondo del gas naturale sia grazie alla crisi internazionale in corso che per le turbolenze di mercato iniziate già nello scorso autunno. In questa fase storica molti paesi, tra cui l’Italia, hanno portato ancora più al centro dell’attenzione la produzione del biometano, il gas prodotto dalla trasformazione di rifiuti, scarti alimentari e deiezioni animali e che ha tutte le carte in regola per giocare un ruolo da protagonista nel mercato del gas naturale.
La scommessa di Guerrini, supportata dall’azienda toscana Piccini Paolo Spa, da Snam4Mobility e da Ngv-Italy, è proprio riuscire a dimostrare cosa si può fare già oggi utilizzando il biometano presente nelle stazioni di rifornimento italiane ed europee. La risposta a questa domanda è che si può raggiungere il Circolo Polare Artico – esattamente la città finlandese di Rovaniemi dove si trova il Villaggio di Babbo Natale – utilizzando solo gas non di origine fossile. Del resto proprio quelli del Nord Europa e la Germania sono i paesi più virtuosi nella produzione di biometano, seguiti dall’Italia, che su questo tema da molti anni non sta solo a guardare. L’itinerario sarà di circa diecimila chilometri e toccherà nove differenti paesi europei.
Un’avventura meno impegnativa sul fronte chilometrico rispetto a quelle a cui Guerrini e compagni di viaggio ci hanno abituato in passato, ma avvincente e per niente facile dovendo effettuare una vera e propria caccia al tesoro alla ricerca dell’energia pulita. Un viaggio che si pone anche l’obiettivo di comparare il prezzo del biometano con quello di benzina e gasolio, per dimostrare che nonostante gli importanti aumenti degli ultimi nove mesi, il gas naturale resta il carburante più economico e naturalmente più ecologico.
Guerrini sarà accompagnato per gran parte del viaggio dal vespista-scrittore Fabio Cofferati conosciuto lo scorso anno durante due differenti traversate della Siberia per raggiungere il Giappone in occasione dei Giochi Olimpici. L’incontro è raccontato nel fortunato libro “Ancora in Vespa da Milano a Tokyo”. Cofferati salirà a bordo della Seat Leon a biometano scelta per il viaggio per rivivere un’avventura in terra scandinava che lo vide già protagonista su due ruote nel 2016.
Il viaggio inizierà con una pre-partenza in Toscana mercoledì 20 luglio, mentre la partenza ufficiale si svolgerà il 21 mattina dalla sede della Regione Lombardia alla presenza delle figure più importanti legate al mondo del gas naturale. Alla stazione di rifornimento di biometano a Madignano (Cr) di proprietà di Snam4Mobility verrà effettuato il primo pieno di questa avventura.
Il “Bio Cng European Tour”, oltre che il supporto di importanti realtà nazionali, vanta il patrocinio di Regione Lombardia, World Gas Mobilty Council, Ngv International Academy, Consorzio Italiano Biogas, Assogasmetano, BolognaFiere Water&Energy e Festival Eco Futuro.
L’associazione culturale Torino-Pechino ha il piacere di annunciare che nei prossimi giorni prenderà il via una nuova scommessa, il Bio Cng European Tour. Dopo aver attraversato l’Eurasia con veicoli alimentati a gpl, metano, dual fuel diesel-metano ed infine lo scorso anno con l’innovativo sistema ibrido-metano, tenteremo un viaggio a base di solo biometano.
Il gas prodotto dalla trasformazione di rifiuti, scarti alimentari e deiezioni animali ci permetterà di viaggiare verso la penisola scandinava dopo aver attraversato l’Italia e l’Europa centrale. Molti potrebbero pensare che ci apprestiamo a vivere un’avventura molto meno impegnativa di quelle precedenti tra Siberia, Pamir o Deserto del Gobi. Se calcoliamo i chilometri questo è vero, ma se osserviamo le difficoltà che incontreremo la scommessa sarà comunque interessante.
Dove si può arrivare oggi con il solo biometano rinunciando a carburanti tradizionali e allo stesso gas naturale di provenienza fossile? L’affascinante risposta è: fino al Circolo Polare Artico, per l’esattezza fino al Villaggio di Babbo Natale nella città di Rovaniemi in Finlandia. Circa duecento chilometri a sud del Circolo Polare si trovano ben due punti di rifornimento, uno in Svezia e l’altro in Finlandia, paesi che hanno scelto di puntare sul biometano. Con questa certezza cercheremo di organizzare altri rifornimenti per non consumare neppure una goccia di benzina che, in caso di emergenza, il serbatoio della Seat Leon messa a disposizione da Piccini Paolo Spa, potrà comunque garantire.
Alla guida del veicolo ci sarà un equipaggio in parte inedito e per alcuni aspetti sorprendente. Ad accompagnare lo storico animatore delle varie spedizioni verso l’Asia Guido Guerrini sarà nientepopodimeno che il vespista-scrittore Fabio Cofferati! Ebbene sì, la casuale conoscenza reciproca avvenuta lungo le strade della Siberia lo scorso anno, magistralmente raccontata dallo stesso Fabio nel fortunato libro “Ancora in vespa da Milano a Tokyo” ha prodotto questo curioso risultato!
Cofferati è stato scelto non tanto per le sue indiscutibili capacità di raccontare viaggi, ma principalmente per la sua costante produzione di biometano con la quale forse potremo anche superare il Circolo Polare e porci nuovi obiettivi.
Nei prossimi giorni ufficializzeremo le partenze italiane che si svolgeranno a Sansepolcro, Milano e in alcuni distributori di biometano in Italia. Il viaggio è stato possibile grazie a importanti collaborazioni del mondo del gas naturale e con aziende della valtiberina toscana, oltre a contare su importanti patrocini sempre provenienti dal mondo della mobilità a metano e biometano come Ngv-Italy, World Gas Mobilty Council, Consorzio Italiano Biogas, Assogasmetano e Festival Eco Futuro.
Si conclude il quattordicesimo anno di attività per l’associazione culturale Torino-Pechino, realtà che ha portato il nome della Valtiberina e quello dell’Italia in giro per il pianeta. Momento centrale del 2021 è stata la scommessa vinta relativa al viaggio dall’Italia al Giappone in occasione dei Giochi Olimpici di Tokyo, mentre durante il resto dell’anno abbiamo preso parte, unico team italiano, al campionato mondiale energie alternative della FIA. Gas naturale (metano e biometano) l’alimentazione durante il viaggio ed elettrico nei rally e nei trasferimenti per raggiungere le sedi di gara del campionato. Per la prima volta non abbiamo preso parte a gare del campionato italiano per via delle norme che ci rendevano impossibile la partecipazione. Molte le idee per il 2022 e la voglia, ricambiata, di un impegno diretto della Valtiberina sulle nostre attività.
L’audace scommessa della “Milano-Cortina-Tokyo – Ripartiamo insieme”
Il viaggio, inizialmente programmato per il 2020 ma fermato dalla pandemia di Covid-19, ha visto una Toyota C-HR ibrida con un impiano a metano/biometano riuscire nell’impresa di raggiungere l’Oceano Pacifico partendo dalle città di Milano e Tokyo che ospiteranno le Olimpiadi del 2026. Un cammino “green” reso possibile da prestigiosi partner come Snam, proprietaria del veicolo, Landi Renzo, costruttrice dell’impianto, e Piccini Paolo Spa, installatore dello stesso. L’avventura ha avuto il sostegno di tutte le principali associazioni italiane ed estere che supportano l’utilizzo di metano e biometano oltre al patrocinio dei comuni di Milano e Cortina d’Ampezzo. La difficoltà maggiore dal punto di vista organizzativo è stata riuscire a superare tutte le problematiche relative alle norme Covid di diversi Paesi, aspetto che ci ha fatto perdere quasi due settimane durante il viaggio di andata.
Il risalto mediatico del lungo viaggio ha superato ogni aspettativa con pagine dedicate dalle più importanti testate italiane oltre all’attenzione di canali televisivi e radiofonici. Il viaggio ha visto l’attraversamento di dieci nazioni in ognuna delle quali è avvenuto almeno un rifornimento di metano o biometano, a riprova della ormai capillare estensione della possibilità di fare rifornimento in ogni angolo d’Europa. I chilometri percorsi sono stati circa 30.000, dei quali l’80% (24.000) utilizzando il solo gas naturale. I numeri di quella che molti hanno ribattezzato l’auto del futuro sono stati molto convincenti: l’auto percorre in modalità benzina circa 24 km con un litro. Utilizzando il gas naturale abbiamo percorso attorno ai 40 km con un kg che all’epoca del viaggio costava circa un euro in Europa e tre volte meno in Russia. Un pieno di metano per noi costava circa 10/11 euro in Europa e 3 o 4 in Russia e ci permetteva di percorrere oltre 400 km.
Gli obiettivi che ci eravamo prefissati, dimostrare l’affidabilità e l’economicità del veicolo e far comprendere come i rifornimenti di metano e biometano non siano affatto difficili in una lunga avventura come questa sono stati pienamente raggiunti, così come quello di raccontare come fosse possibile ripartire per un’avventura motoristica nonostante fossimo nel mezzo della pandemia.
Non è stato possibile entrare in Giappone a causa delle restrittive leggi dovute al Covid, ma con la scelta di andare sulle coste meridionali e orientali dell’isola russa di Sachalin abbiamo percorso un maggior numero di chilometri e raggiunto una longitudine maggiore di quella della stessa Tokyo. Due terzi del viaggio sono avvenuti in compagnia del vespista Fabio Cofferati che a bordo di una Vespa Piaggio del 1963 ripercorreva la Milano-Tokyo di Roberto Patrignani avvenuta durante le Olimpiadi di Tokyo ’64. Dal rapporto con Cofferati è nata un’interessante interazione tra vespismo e mondo del gas naturale con contaminazioni reciproche che potrebbero portare a nuove avventure comuni in futuro.
Il FIA Electric and New Energies Championship
Per il tredicesimo anno consecutivo abbiamo preso parte al massimo campionato che la Federazione Internazionale dell’Automobile dedica alle energie alternative. Negli anni l’associazione ha formato piloti e copiloti in grado di vincere quattro titoli iridati collaborando con numerosi team italiani. Quest’anno abbiamo preso parte al campionato grazie all’impegno della realtà altoatesina Team Autotest Motorsport e anche con il sostegno di sponsor toscani che hanno dato l’opportunità a Guido Guerrini e Francesca Olivoni di guidare per la maggior parte della gare una Volkswagen Id.4 messa a disposizione dalla concessionaria Auto Brenner di Bolzano.
Il regolamento che prevede dal 2020 il ritorno dei consumi a condizionare il 50% del risultato non ha permesso a Guerrini-Olivoni di eccellere visto che solo le auto coreane come Kia e Hyundai riescono a ottenere dati di consumo tali da condizionare positivamente la classifica. Non è un caso che i campioni del mondo Conde-Serrano, tra l’altro dominatori anche della regolarità, abbiamo ottenuto ottimi risultati nei consumi a bordo di una Kia, auto più volte usata anche da coloro che si sono classificati secondi, terzi e quarti nel mondiale. Per noi tutte le gare sono state in salita, ma l’impossibilità di concorrere fin da subito per il titolo ha portato la nostra associazione a vivere questa stagione in modo molto più sereno, intavolando un proficuo dialogo con gli altri concorrenti finalizzato anche a cercare di ottenere risultati nel far comprendere alla Federazione internazionale come potrebbe essere ridisegnato il campionato per renderlo più interessante a attrattivo. Una prima dimostrazione della coesione dei concorrenti e di alcuni organizzatori di gare è stato il passo indietro di FIA sulla iniziale proibizione della sonda come strumento di misurazione, oggi tornata compatibile con le normative di gara. Abbiamo cercato di costruire viaggi e racconti anche attorno al luogo che di volta in volta ospitava l’evento. Anche il viaggio per raggiungere il rally è diventato un momento per fare il punto sulle infrastrutture di ricarica elettrica lungo le strade del continente europeo.
Nel corso del campionato siamo riusciti a salire sul podio due volte con discreti risultati nella regolarità sportiva, ma quasi sempre deludenti sui consumi. Per Guido Guerrini un quinto posto nella classifica mondiale, primo pilota tra quelli che non hanno utilizzato una Kia, mentre per la copilota pievana Francesca Olivoni, impossibilitata a prendere parte alle ultime due gare, l’ottavo posto. Entrambi sono stati i migliori italiani nella competizione. Nelle due ultime gare stagionali, Monte Carlo e Dolomiti, Guerrini ha fatto coppia con Artur Prusak. Con l’ex avversario dei precedenti campionati si sono svolti test in gara delle reciproche attrezzature basate sia su sonda che sistema gps. Da segnalare l’ottimo nono posto a Monte Carlo, dove Guerrini non era mai andato a punti come pilota, e il terzo posto (secondi in regolarità) nella gara italiana.
In Italia orfani di un campionato
Per la prima volta non abbiamo potuto prendere parte alle gare che assegnavano i titoli italiani dedicati alle energie alternative. In alcuni casi per l’impossibilità a prendere parte ad eventi comunicati pochissimo tempo prima o per gli stessi regolamenti di gara resi pubblici sempre con scarso preavviso. La regole italiane quest’anno proibivano l’uso delle sonde. Questo curioso aspetto è in vigore solo in Italia, mentre negli altri campionati nazionali tutte le tecnologie sono ammesse, se non addirittura incentivate. La disciplina del campionato italiano che più ci interessava era quella più simile alle gare internazionali, ovvero la regolarità. Proprio Cesare Martino e Francesca Olivoni, a bordo di una Seat Leon metano/biometano di Piccini Paolo Spa e che correva con i colori di Scuderia Etruria Racing, avevano vinto il campionato 2020 e si sarebbero potuti presentare al via come campioni in carica. Anche qui le normative italiane hanno condizionato il nostro impegno nel campionato, dato che è stato stabilito che dal 2021 coloro che in passato avessero vinto un titolo FIA o Aci-Sport non avrebbero potuto prendere parte all’evento. Anche in questo caso siamo davanti ad una peculiarità unica nel contesto mondiale. La norma ha tagliato la possibilità di partecipare a tutti i componenti delle nostra associazione, dato che nel corso di oltre un decennio di impegno quasi tutti hanno vinto almeno un titolo. Dispiace ancora di più per il fatto che avevamo budget per garantire un impegno in tutte le gare del campionato, cosa che nessun concorrente nel 2021 ha fatto. Al momento, in attesa di una probabile deroga di Aci-Sport, la disciplina non ha un campione nazionale dato che nessun concorrente ha preso parte al 50% più 1 delle gare programmate, condizione necessaria per l’assegnazione del titolo di campione italiano.
Gli impegni per il 2022
A seguito della continua variazione della situazione sanitaria non è possibile poter programmare con certezza gli impegni che l’associazione intende affrontare nel corso del 2022. Resta l’obiettivo di promuovere con azioni concrete la mobilità con energie alternative. Un primo viaggio doveva collegare Milano e Cortina a Pechino, sede delle olimpiadi invernali 2022, e sarebbe stato affrontato ancora una volta con la tecnologia ibrido/gas naturale e con un mezzo a quattro ruote motrici. Le restrizioni in atto ci hanno costretto a rimandare l’avventura invernale, che sarà messa in cantiere appena possibile senza l’arrivo in occasione dei giochi olimpici. Del resto sfidare la Siberia e le sue temperature nella stagione più difficile resta un obiettivo ancora non raggiunto dal nostro gruppo, che in inverno non è mai andato oltre gli Urali.
Gli impegni di promozione delle tecnologie legate al gas naturale saranno di nuovo affrontati durante il 2022 con l’obiettivo di dimostrare che nonostante la problematica dell’aumento del costo della materia prima, viaggiare con biometano e metano resta il modo più conveniente. A tal fine è probabile un nuovo viaggio di cui parleremo appena risolti alcuni aspetti burocratici.
Per quanto riguarda gli impegni sportivi aspetteremo l’uscita di eventuali nuovi regolamenti per quanto riguarda il campionato italiano. Se l’orientamento della Federazione non cambierà rimarremo fuori un altro giro mantenendo la concentrazione e le risorse dei nostri sponsor sul campionato mondiale e su quello nazionale spagnolo, maggiormente competitivo e stimolante.
Le regole FIA per il 2022, salvo ulteriori modifiche, sono già uscite. Il campionato cambia nome diventando FIA Ecorally Cup. Non cambia molto sui principi della competizione e il rischio che il campionato si trasformi in un monomarca Kia è davvero concreto. Probabilmente prenderemo parte alla stagione assieme ad alcuni dei nostri storici sponsor ma le nostre ambizioni dovranno fare i conti con il veicolo che cercheremo di promuovere. Se, come prevediamo, non sarà in grado di competere con Kia, ci concentreremo di più sul racconto dei viaggi per raggiungere le sedi di gara e i relativi test di consumo che affronteremo. Ciò che è importante è l’unità ritrovata con gli altri partecipanti e con alcuni organizzatori di gare che ha messo fine a stagioni di forte conflittualità tra i concorrenti. Il prossimo passo sarà quello di presentare idee alla FIA per aiutare a far crescere questa disciplina sportiva. Nel frattempo ci auguriamo di non restare gli unici alfieri italiani impegnati nella competizione insieme a numerosi equipaggi provenienti da paesi emergenti in questo tipo di competizione. Siamo impegnati anche a promuovere il nostro territorio di origine assieme ad alcuni nuovi compagni di viaggio toscani e valtiberini che hanno mostrato interesse per aiutare il nome del nostro territorio a girare l’Europa e il mondo in questo periodo di ripartenza di vita sociale ed economia.
Alla fine i chilometri sono stati quasi cinquemila più del previsto, le nazioni toccate dal viaggio dieci e i confini attraversati diciotto. Nei viaggi a cui abbiamo preso parte in passato il numero di Stati visitati e di confini percorsi era sempre stato maggiore, ma nell’epoca tormentata dal Covid-19 è già un grande risultato essere riusciti ad intraprendere un viaggio del genere che ci ha portato a soli 43 chilometri dal Giappone. Proprio l’ultimo confine, quello tra la Russia e l’Impero del Sol Levante, si è rilevato impossibile da attraversare, senza comunque svilire il senso del nostro viaggio. Certamente non abbiamo potuto visitare Tokyo durante i Giochi olimpici, ma allo stesso tempo siamo felici di aver compiuto il primo vero e proprio test drive dedicato ad un’auto con tecnologia ibrido-gas naturale. Adesso abbiamo finalmente dati importanti su cui riflettere e per confermare che questo tipo di mobilità è davvero una rivoluzione nel mondo delle quattro, e non solo quattro, ruote.
A distanza di tre decenni
Sono passati poco meno di tre decenni da quando ebbi il privilegio di visitare quella che stava per tornare ad essere la capitale della Germania. La prima volta che ci avevo messo piede c’era ancora un muro che divideva in due la città e la storia della Germania orientale era già agli sgoccioli. Quella successiva era dopo la riunificazione quando erano in corso le prima profonde trasformazioni che avrebbero del tutto cambiato la città. Oggi mi considero fortunato ad aver potuto osservare e scoprire Berlino senza dover ricorrere ai libri di storia. A distanza di poco più e poco meno di trenta anni ho visitato una terza Berlino molto diversa da quella di fine anni ‘80 e da quella di inizio ‘90. A dire il vero avevo avuto più volte l’occasione di tornare a mettere piede all’ombra della Porta di Brandeburgo, ma lo shock delle trasformazioni del 1993 mi avevano fatto comprendere che quando ci sarei tornato avrei visto qualcosa di molto diverso dalla Berlino legata alla mia infanzia. In modo non molto diverso ho lasciato passare molti anni anche tra le mie visite a Budapest e Praga degli anni ‘80 e le stesse città nel XXI secolo. Entrambe mi trasmisero un sentimento di delusione rispetto a ciò che da turista privilegiato ho potuto ammirare prima dell’apertura al turismo di massa. Nessuna analisi politica o sociale, ma solo la differenza tra quello che ho potuto osservare prima e dopo. Proprio l’effetto che mi fecero le capitali ceca e ungherese mi consigliarono di restare alla larga di Berlino per non avere contraccolpi ancora maggiori. Timidamente avevo già rimesso piede nel territorio della Repubblica Democratica Tedesca notando come le autostrade continuassero ad avere il fondo in cemento invece che in asfalto come nella Germania occidentale. Sempre la mancanza di asfalto è stata la cosa che ho notato superando il fiume Oder quando il nostro viaggio di ritorno dal Giappone è entrato in quello che un tempo era il territorio della DDR.
Avvicinandosi al centro della città ancora oggi è abbastanza percepibile quali quartieri appartenessero ad una Germania e quali all’altra. Le ricuciture urbanistiche sono state quasi sempre vaste ed importanti, ma pur ottenendo ottimi risultati non sono riuscite a cancellare alcune differenze sociali ed economiche neppure dopo trenta anni. Nessuna particolare sensazione osservando quello che resta del muro che da barriera di divisione di due mondi oggi è diventata una mostra d’arte a cielo aperto. Alexanderplatz invasa dalla pubblicità e la scomparsa del vecchio parlamento della Germania orientale mi hanno maggiormente colpito. La prima ha conservato molti elementi dell’architettura socialista nonostante nuove costruzioni che la rendono meno austera rispetto al passato. Il parlamento è stato demolito per lasciare spazio ad un finto castello di dubbio gusto. La variazione di questo spazio mi ha particolarmente infastidito. L’Unter der Linden, il viale sotto i tigli che collega il nuovo castello alla Porta di Brandeburgo, pur avendo subito qualche modifica ha mantenuto il solenne aspetto dell’epoca precedente. L’area attorno alla porta, al Reichstag e alle zone dove il muro divideva la città all’interno del suo cuore storico è profondamente mutata con il recupero o l’aggiunta di elementi in passato non presenti, come il memoriale dedicato alle vittime dell’Olocausto o tutta l’area di Potsdamer Platz. La parte occidentale della città l’ho trovata architettonicamente simile alla mia precedente visita, ma priva di una propria centralità probabilmente persa a favore del nuovo centro cittadino, tornato ad essere quello che nella Berlino post guerra era finito nella zona di occupazione sovietica. Da ragazzino ricordavo un forte degrado sociale a Berlino ovest che oggi appare evidente nell’intera città. A est, soprattutto in periferia regnava il grigiore, oggi solo parzialmente colorato dalle vivaci tinte attorno ai palazzoni costruiti nella seconda metà del ventesimo secolo.
Paese che vai, “green pass” che trovi
Attraversare l’Europa dal confine russo fino all’Italia ci ha permesso di sperimentare le diversissime regole in vigore nei vari stati dove abbiamo dormito o mangiato. Alcune delle esperienze vissute meritano di essere raccontate. In Russia, come è noto, non si avverte più l’emergenza Covid già da molti mesi. Questo non perché il problema sia stato sconfitto, ma semplicemente perché nessuno vuole più vivere con le restrizioni, seppure minime, che erano in vigore in precedenza. Questo porta a circa settecento morti al giorno, secondo le fonti ufficiali, ma ad una vita tornata quasi del tutto come prima della pandemia. Il celebre vaccino Sputnik non viene riconosciuto in molto paesi dell’Unione Europea costringendo il vaccinato in terra russa a non poter avere i green pass se non effettuando continuamente tamponi. Delle tre repubbliche baltiche solo la Lettonia ha delle regole che impongono di entrare con test recente o vaccinazione e almeno nelle frontiere principali ci sono anche controlli. Gli estoni si limitano a ricordarti che hai 24 ore per attraversare il paese, mentre i lituani non sembrano neppure ricordare l’esistenza del problema. Anche la Polonia non ha regole particolarmente restrittive, ma è ricca di luoghi dove poter fare tamponi dato che sia la Germania che la Repubblica Ceca applicano delle norme molto stringenti. In Germania vaccinazione o test vengono richiesti per sedere in qualsiasi ristorante o per entrare in albergo. Se il test è più vecchio di 24 ore si dovrà ripetere e con nostro piacere abbiamo scoperto come quasi sempre questo possa avvenire gratuitamente negli stessi ristoranti o alberghi. Solo al campo di concentramento di Dachau un kit per il test rapito lo abbia pagato tre euro a testa. Lo stesso kit in una farmacia lombarda, comprato per effettuare il test appena rientrati in Italia, lo abbiamo pagato 25 euro. Al nostro racconto il farmacista ci ha ricordato come l’esito del test in Italia sia certificato da un medico mentre in Germania da un ristoratore o albergatore. Peccato che per saper distinguere una linea (negativo) da due righe (positivo) non serva per forza una laurea, esattamente come per leggere un test di gravidanza. Dopo i continui controlli germanici abbiamo attraversato rapidamente l’Austria dato che avrebbe avuto verso di noi attenzioni simili a quelle tedesche. Infine molto curioso scoprire come al Passo del Brennero, all’ingresso verso l’Italia, il confine sia presidiato dalle nostre forze dell’ordine, mentre al non lontano Passo Resia o ai sempre vicini accessi dalla Svizzera nessuno controlli chi entra nel nostro Paese.
Ritorno in Italia e il primo mancato rifornimento dell’intero viaggio
Siamo passati dal Passo Resia per evitare le circa due ore di fila che la vecchia e la nuova strada che collegano Austria e Italia dal Brennero proponevano. Sul Resia neppure una macchina a sfidare la dogana sotto una leggera pioggerellina di fine estate. Come promesso alla partenza da Milano, siamo rientrati in Italia percorrendo la Valtellina e visitando alcune delle sua bellezze naturali e culturali. Non poteva mancare la sfida di salire sul Passo dello Stelvio per verificare il comportamento della nostra Toyota C-HR ibrida-gas naturale nelle condizioni estreme che offre la lunga salita che conduce ai 2.758 metri del valico alpino più alto d’Italia e della successiva discesa verso Bormio. Proprio in Valtellina abbiamo effettuato il test Covid di benvenuto in Italia che ci ha permesso di entrare per la prima volta in possesso del green pass. Ci va molto peggio con il primo rifornimento di metano italiano, dato che troviamo chiuso per un guasto tecnico il distributore dalle parti di Sondrio. Dopo circa sessanta rifornimenti sempre perfettamente riusciti dispiace avere il primo contrattempo proprio in Italia, la nazione europea con il maggior numero di distributori di metano. La corsa contro il tempo per raggiungere il punto di erogazione successivo ci vedrà, con rammarico, utilizzare per la prima volta in Europa, la benzina. Arriviamo un attimo prima della chiusura e riusciamo a fare il primo pieno italiano pochi minuti prima della chiusura della stazione di rifornimento. Come possiamo constatare il self service di metano o l’apertura h24 in Italia continuano ad essere una rarità, mentre nel resto d’Europa è la normalità.
Dopo la Valtellina decidiamo di restituire la visita al vespista Fabio Cofferati, compagno di avventura nel nostro viaggio verso il Giappone. Siamo suoi ospiti in quel di Salsomaggiore ripercorrendo le rispettive esperienze davanti ad un’ottima tavola ricca di prelibatezze. La tappa quasi conclusiva della Milano-Cortina-Tokyo è costituita da Sansepolcro e dalla Valtiberina, da dove sarà organizzato a breve un ritorno a Milano attraverso le sedi dei principali sostenitori che hanno reso possibile il doppio lungo viaggio lungo le strade del continente euroasiatico.
L’auto del futuro verso i trentamila chilometri
La cifra tonda sarà toccata e superata quando riprenderemo il cammino verso Milano dove restituiremo l’auto a Snam, la proprietaria. Qui a Sansepolcro avverrà un attento studio dell’auto e dell’impianto ibrido-gas naturale da parte di Piccini Impianti, l’installatore che appena un anno fa ottenne l’omologazione della nostra Toyota pronta per la sua seconda vita a base di gas naturale. A metà strada tra la cittadina toscana e il capoluogo lombardo sosteremo di nuovo a casa di Landi Renzo Spa per raccontare la nostra avventura che ha toccato anche le loro numerose officine lungo le strade del continente euroasiatico. Al momento del ritorno a Milano la Toyota C-HR di Snam avrà superato, come detto, i 30.000 chilometri di viaggio, ben oltre le previsioni che avevamo fatto prima della nostra partenza per Tokyo. Non occorrono particolari studi per ribadire i dati sui consumi emersi durante il viaggio. Nonostante in buona parte di quello di ritorno abbiamo tenuto ritmi più veloci rispetto all’andata, l’auto ha mediamente percorso quasi 40 chilometri con un chilogrammo di metano, più o meno 400 chilometri con 10 euro, considerando i prezzi italiani. Nel tratto siberiano privo di infrastrutture di rifornimento di gas naturale, l’auto ha percorso una media di 24 km con un litro di benzina con percorsi prevalentemente extraurbani.
Se il confine tra Unione Europea e Russia ha fatto perdere quasi due settimane di prezioso tempo durante il viaggio di andata della Milano-Cortina-Tokyo, questa volta la stessa dogana russo-estone tra le città di Ivangorod e Narva non ha costituito particolari problemi se non per la necessità della presenza di Domenico Raguseo oltre che in entrata anche in uscita dalla Federazione Russa. Domenico, aggiunto a sorpresa nella squadra del viaggio per esigenze di carattere burocratico, si è rivelato una persona ricca di iniziativa, sicuramente determinante sia per il successo del viaggio a metano più lungo di sempre che per l’ingresso della Vespa di Fabio Cofferati in Russia.
A Mosca!
Dopo una breve sosta a Kazan’ la Toyota di Snam, con a bordo l’impianto ibrido-gas naturale di Landi Renzo installato da Piccini Paolo Spa, ha ripreso il cammino verso la capitale russa. Questa volta è stato possibile programmare per tempo il nostro arrivo e quindi recuperare l’importante incontro con l’Ambasciata Italiana a Mosca saltato per il problema alla frontiera durante il viaggio di andata. Ad accoglierci davanti alla storica sede di Villa Berg, a due passi dal Ministero degli Esteri russo e un tempo sovietico c’erano molti addetti alla rappresentanza italiana, guidati dal vicecapo missione Guido De Sanctis e dal primo consigliere del’ufficio economico-commerciale Pierluigi Schettino. Situata vicino alla vecchia Arbat, la struttura è sede della rappresentanza diplomatica italiana dal 1924. In precedenza era di proprietà della famiglia Berg, scappata dopo la Rivoluzione del 1917. Assegnata come sede diplomatica alla Germania, fu abbandonata nel 1920 poiché il rappresentante diplomatico tedesco vi fu assassinato probabilmente da due membri dei servizi segreti russi. Prima dell’arrivo degli italiani ospitò il direttivo dell’Internazionale Comunista. Dopo le foto di rito davanti all’ambasciata, ci siamo trasferiti all’interno per un cordiale incontro che ha ripercorso le principali tappe del nostro viaggio per poi passare ad un approfondimento dei rapporti commerciali tra Russia ed Italia legati al mondo del gas naturale. Le dinamiche economiche tra i due Paesi attorno alla tematica del metano sono importantissime e mobilitano interessanti risorse economiche in entrambe le direzioni.
Qui il mondo cambia anche in soli due mesi
La Russia è un Paese che può stupire per la lentezza con la quale avvengono alcune trasformazioni o semplicemente per la sua burocrazia, che non è da meno di quella italiana. Allo stesso tempo Mosca è in grado di vincere scommesse contro il tempo e lo dimostra la velocità con cui riesce a costruire infrastrutture, ad esempio il ponte che unisce la Crimea al resto del Paese, oppure per i risultati della ricerca contro il Covid che hanno portato alla nascita dello “Sputnik”, primo vaccino brevettato per combattere il virus che ha paralizzato il mondo. Al centro della nostra attenzione è il confronto tra il nostro viaggio di andata e quello di ritorno, che nella parte di viaggio tra Mosca e San Pietroburgo si è ripetuto a meno di due mesi di distanza. Questo breve lasso di tempo è servito a far scomparire le voragini che caratterizzavano la strada che conduce alla stazione di metano di Tver’, ma soprattutto ad inaugurare più di una stazione di rifornimento nella nuova autostrada M11 che collega le due importanti città della Russia. A circa metà del percorso, in entrambe le direzioni, sono sorte due stazioni autostradali Gazprom di metano, le prime nel grande Paese. Oltre che il metano è possibile nello stesso luogo fare rifornimento di metano liquefatto (gnl). Una vera ed incredibile sorpresa dato che eravamo passati di qui cinquanta giorni prima e non avevamo percepito traccia di questi due luoghi aperti da appena una settimana. Ci confermano che siamo la prima auto non russa ad effettuare rifornimento in questo strategico luogo.
Il ponte sul fiume Narva
Dopo una sosta serale dalle parti di San Pietroburgo, al mattino della domenica, armati di ennesimo tampone Covid, documenti e tanta pazienza, ci rechiamo alla frontiera di Ivangorod-Narva per quello che abbiamo programmato come rientro nell’Unione Europea. Siamo cauti con l’ottimismo visti i guai passati la volta scorsa. Stavolta oltre me, Domenico e Bruno il cinghiale, in un auto stracolma di bagagli, ci sono mia moglie Olga e mia figlia Alisa, che non varcano una frontiera da quasi venti mesi. Prima di arrivare a Narva facciamo l’ultimo economico rifornimento di metano in terra russa. A parte i consueti tempi lunghi, soprattutto sul lato russo, tutto stavolta fila liscio e la Toyota C-HR è finalmente sdoganata in Unione Europea dopo aver concluso la lunga, chilometricamente parlando, importazione temporanea in terra russa. Come primo gesto oltre confine torniamo sul balcone panoramico che domina il fiume che dona il proprio nome alla parte estone della città, un tempo unita nell’Urss e oggi divisa tra Russia ed Estonia e soprattutto tra lo stato euroasiatico e l’Unione Europea. A questo punto Domenico recupera la sua auto parcheggiata precedentemente in una dacia di campagna non lontana dal confine grazie alla collaborazione con le filiali polacche e lettoni di uno dei nostri principali sponsor. Con l’occasione i proprietari della dacia ci fanno dono di pomodori, cetrioli e carote per sostenere il prosieguo del nostro viaggio! Raguseo rientra in Russia mentre io, la famiglia e il cinghiale proseguiamo l’avventura che ancora dovrà percorrere oltre tremila chilometri prima di arrivare in Italia.
Self-service baltici
Percorriamo i tre Stati baltici a cavallo del 23 agosto, il giorno che localmente ricorda la lunga catena umana composta da circa due milioni di persone che lo stesso giorno del 1989 unì Vilnius, Riga e Tallin in una forte protesta contro le autorità sovietiche. Alle 19.00 del giorno 23 agosto è abitudine ricordare quell’evento tornando in strada e ripetendo, ormai solo parzialmente e unicamente nei pressi delle grandi città, quel gesto che contribuì a cambiare la storia di Lituania, Lettonia ed Estonia. I tempi sono cambiati e a distanza di trent’anni dall’indipendenza alcune problematiche non sono affatto risolte. Se il tenore di vita è sicuramente migliorato grazie al sostegno dell’Europa e alla capacità di gestire bene le risorse arrivate, dall’altra parte continua a non essere chiaro lo status di centinaia di migliaia di cittadini di origine russa che sono parzialmente esclusi dalla vita politica del paese. Il rapporto con la Russia rimane controverso e combattuto. Nel caso del metano tutti e tre i paesi restano buoni clienti di Mosca e perseguono lo sviluppo di numerose stazioni di rifornimento tutte self-service e aperte h24. In molti casi, soprattutto in Estonia, non sono neppure presidiate e tutto si svolge automaticamente sia per le auto che per i mezzi pesanti ampiamente metanizzati. La Lettonia è l’unica dei tre Baltici in cui le colonnine di rifornimento, ovviamente rigorosamente self-service, sono sempre all’interno di distributori dove è possibile trovare i carburanti tradizionali e il gpl ed è presente un ottimo servizio di bar e ristorazione. Quello che è certo è che la rete dei distributori di metano è in rapida espansione da alcuni anni e sta facendo capolino anche il biometano, visto come alternativo all’importazione del gas russo. Oggi non c’è angolo dei tre Paesi baltici dove non arrivi la possibilità di rifornirsi di gas naturale, opportunità da noi ampiamente sfruttata durante questo ed altri viaggi.
Una pizzeria che sa di Valtiberina
La penisola e villaggio di Kaberneeme dista circa trenta chilometri da Tallin. Si trova ad est ed è sicuramente uno dei posti di mare più belli della costa estone. Qui ha una seconda casa con una piccola attività di bed and breakfast Tanel Eigi che assieme alla moglie Stina e ai tre figli Morris, Meliina e Madleen ha avuto un’ulteriore brillante idea, quella di aprire una pizzeria in stile italiano direttamente sul giardino di casa. La famiglia Eigi in passato ha lungamente frequentato l’Italia, per l’esattezza proprio Sansepolcro e la Valtiberina. Tanel ha sviluppato una grande passione per il vino ed ha contribuito anche alla creazione della prima rivista estone sul tema. Tutta la famiglia ama il cibo italiano e lo si percepisce dalla costruzione maniacale del menù di “La casa nostra”. Il nome è italiano come la musica che si può ascoltare mangiando una pizza fatta con ingredienti al 100% provenienti dall’Italia. Non mancano birre e vini sempre figli del Belpaese. Tanel anni fa mi aveva informato dell’attività di soggiorno vicino alla loro casa, mentre ho appreso dalle pagine social dell’esistenza di questa pizzeria e dell’aspetto gradevole del cibo, almeno attraverso le fotografie. Gli Eigi ammettono di essersi innamorati dell’Italia e del nostro cibo anche attraverso i loro periodici soggiorni in Valtiberina. Da ex ristoratore che ha contribuito a far nascere questo amore, ammetto di essere stato davvero emozionato nel visitare “La casa nostra”, e sentirmi dire che è anche merito mio e di Sansepolcro se tutto questo è stato realizzato mi ha lasciato senza parole. Il fatto che oggi a Kaberneeme e dintorni tanti estoni possano mangiare una pizza italiana eccellente è frutto di attenzioni che gli osti e i ristoratori di Sansepolcro hanno avuto nei confronti di questa famiglia estone. Mi chiedo quanti casi simili esistano in giro per il mondo e probabilmente della maggior parte di questi in Valtiberina non è mai arrivata notizia.
A Varsavia!
La Polonia è un Paese dove la diffusione del metano per autotrazione vive un momento di stallo anche per le scelte del governo nazionale di non volere essere troppo legato economicamente alle risorse naturali vendute dalla Russia. Non mancano le stazioni di rifornimento di gpl, se ne contano circa quattromila. Qui gli italiani giocano ancora una volta un ruolo da protagonisti con posizioni importanti nel mercato della trasformazione delle auto verso i due carburanti gassosi. All’andata fummo ospiti della filiale polacca della Landi Renzo, stavolta abbiamo il piacere di raccontare il nostro viaggio nell’Ambasciata d’Italia a Varsavia. Abbiamo avuto modo di incontrare la vicecapo missione Laura Ranalli assieme al Primo segretario Simone Balzani, che hanno ascoltato con interesse la nostra avventura e ci hanno invitato ad inserire Varsavia anche nelle prossime tappe di eventuali avventure simili.
Ottomila chilometri in dieci giorni con le relative soste per i rifornimenti di metano, non sempre lungo la strada principale, e quelle per fare visita agli installatori Landi Renzo nella Federazione Russa. La totalità di questo percorso è stata su strade statali, insieme agli innumerevoli camion che attraversano quotidianamente l’Eurasia. Spesso la media oraria non ha superato i settanta chilometri sia per il traffico che per gli innumerevoli cantieri. Per poter rispettare la tabella di marcia che ci ha visto lasciare il porto di Vanino il 6 agosto ed arrivare a Kazan’ il giorno di Ferragosto è stato spesso necessario guidare dall’alba al tramonto.
Tre uomini e un cinghiale
Il giro di boa della Milano-Cortina-Tokyo, avvenuto nella spiaggia a sud dell’isola russa di Sachalin, ha visto anche un importante cambio di equipaggio. La Vespa con cui Fabio Cofferati ha compiuto la propria avventura (LINK) è destinata a rientrare in Italia attraverso un’impresa di spedizioni, mentre il vespista emiliano sale a bordo della Toyota C-HR ibrida-metano per una parte del proprio viaggio di ritorno. Così Cofferati si aggiunge a Domenico Raguseo, al cinghiale di peluche Bruno e al sottoscritto per qualche migliaio di chilometri, iniziando proprio dalla tratta marittima che vede tre italiani e la loro auto tornare nella Russia continentale con le consuete venti ore di navigazione da Cholmsk a Vanino. Stavolta il mare è assolutamente tranquillo e le cabine più confortevoli rispetto a quelle del viaggio di andata permettono il record di sonno dell’intero viaggio. Nella pancia della nave la nostra Toyota viaggia con il pieno di metano effettuato nelle remote stazioni di Južno-Sachalinsk, con la consapevolezza di essere la prima auto europea ad effettuarvi un rifornimento. Il viaggio di ritorno ripete in gran parte lo stesso itinerario di quello di andata. Ad inizio viaggio avevamo in programma di fare escursioni nelle repubbliche di Chakassia e Tuva oltre che nella città di Tomsk. La dura realtà e il ritardo accumulato ci costringono a cambiare programmi, accontentandoci di prevedere solo un diverso punto di attraversamento negli Urali e quindi, dopo Omsk, visitare Kurgan, Čeljabinsk e Ufa, costeggiando il confine kazako, prima di rientrare a Kazan’.
Il sole oscurato dagli incendi in Jakuzia
Dopo essere sbarcati ad un orario accettabile della mattina dalla “Sachalin VIII”, partiamo subito per Chabarovsk con l’obiettivo di riuscire a rifornirci di metano dal carro bombolaio privato che ci ha aiutato anche durante il viaggio di andata. Puntiamo a proseguire nella guida fino al momento in cui il sole lascerà il posto all’oscurità riuscendo ad arrivare a Birobidžan. Da lì ci mangiamo lo Zilov Gap e la desertica strada che conduce a Čita in appena due giorni macinando anche oltre mille chilometri a giornata. La consueta tappa intermedia avviene nella ormai mitica Erofej Pavlovič e nella mensa dei ferrovieri che puntualmente ci rifocilla e ci permette di accumulare le energie necessarie al prosieguo del viaggio. Quando si sa dove mangiare e dormire, e tolte le preoccupazioni di fornire assistenza ad un Vespa al seguito impegnata in una storica impresa, diventa più facile percorrere lunghe distanze. Un elemento particolare di questa parte del viaggio è una strana nebbia costantemente presente nonostante le previsioni del tempo indichino un cielo sereno. In realtà si tratta del fumo degli incendi che stanno colpendo parte della Jakuzia e che il vento trasporta a centinaia e migliaia di chilometri. L’area devastata dal fuoco ha la stessa estensione territoriale della Grecia o della Georgia, a seconda se la fonte giornalistica è europea o russa. Dove stiamo passando non si avverte alcun odore e il fumo non è particolarmente denso. La cosa che fa più impressione è osservare a tutte le ore del giorno il disco solare attraverso il fumo, che non rende necessario alcun tipo di ulteriore filtro. Anche il nostro ritorno sul lago Bajkal è caratterizzato da questa nebbia che non ne valorizza l’aspetto. Dalla riva non si riesce a vedere oltre una cinquantina di metri.
Solo contro la Siberia
Ad Irkutsk la squadra in viaggio cambia ancora. A Fabio sta per terminare il visto mentre Domenico deve rientrare a Mosca per esigenze personali programmate. Questo mi costringe a proseguire da solo fino a Kazan’, uno sforzo di oltre 4.000 chilometri dove potrò contare solo su Bruno il Cinghiale e sulla musica retrò delle radio russe. Lascio i miei due compagni di viaggio e riprendo il cammino quasi solitario. Abbandonata la tentazione di fare importanti deviazioni dal percorso programmato, ritorno a viaggiare utilizzando il metano a partire dal capoluogo minerario di Kemerovo. Fino ad Omsk il percorso è lo stesso dell’andata per poi esplorare una strada nuova, quella che costeggiando il confine con il Kazakistan risolve uno dei problemi rimasti aperti dopo la fine dell’Unione Sovietica. La strada più diretta che collega Mosca alla Siberia centrale passa per alcune centinaia di chilometri nello stato kazako. Negli anni sono cresciute le difficoltà per attraversare rapidamente i due confini situati ad ovest ed est di Petropavlovsk, e soprattutto farlo con un’auto straniera in epoca di Covid significherebbe cercarsi grosse complicazioni. Nei tre decenni dalla nascita di queste frontiere la Russia ha costruito una buona strada che aggira il problema allungando i chilometri ma eliminando i confini. Di situazioni simili lungo le frontiere dell’ex Urss ce ne sono molte e non sempre si è giunti a soluzioni. Interessante è il caso dello “Stivale di Saatse” o della città moldava di Palanca. Nel primo caso la Russia permette agli estoni di attraversare senza alcun particolare controllo due pezzetti di proprio territorio perché gli abitanti di due villaggi possano spostarsi da una parte all’altra. Nel secondo caso un lembo di Moldavia interrompe la continuità territoriale di una parte di Ucraina e piuttosto che costruire una complicata strada nei pressi di un lago si è raggiunto un accordo di transito senza sosta su circa otto chilometri di strada. Nel caso russo-estone un’intesa tra i due stati dovrebbe in breve tempo far cessare il problema. Situazioni simili mai del tutto risolte ci sono tra Russia e Bielorussia e tra gli stati dell’Asia centrale, dove non mancano pezzi di uno stato dentro l’altro. Armenia e Azerbaigian hanno risolto militarmente questo tipo di situazioni occupando reciprocamente e con l’uso della forza le exclavi che insistevano all’interno dei proprio territori.
Al di qua e al di là degli Urali
La visita agli installatori russi dei sistemi metano e gpl “made in Italy” è la scusa per poter approfondire per la prima volta la conoscenza con le città di Čeljabinsk e Ufa, rispettivamente ultima città asiatica prima degli Urali e prima città europea subito dopo il confine intercontinentale. Da entrambe ero più volte passato in veloci transiti senza mai dedicarmi alla conoscenza dei centri cittadini. Avevo sempre avuto l’impressione che Čeljabinsk fosse una grigia città sovietica fatta di fabbriche e ciminiere mentre Ufa fosse meritevole di visita, ma nell’unica occasione in cui mi avvicinai, durante la Torino-Pechino del 2008, non c’era alcun posto libero negli alberghi del centro. Le sensazioni erano entrambe sbagliate. Čeljabinsk è sicuramente una città sovietica divenuta importante durante la Seconda guerra mondiale, quando vi furono trasferite numerose fabbriche della Russia europea invasa dai tedeschi. La produzione non tornò più in Europa e centinaia di migliaia di persone rimasero a vivere lì. Il centro è decisamente moderno e lo stile sovietico convive con qualche recente innovazione architettonica. La strada centrale e pedonale “Kirova” è forse il luogo più vivace che abbiamo incontrato nell’intero viaggio. Gente di ogni età si gode la calda serata nei caffè e ristoranti di una davvero piacevole Čeljabinsk. Ufa è più ricca di storia, molte case in legno sopravvivono alla modernità o al neoclassicismo di epoca stalinista. Rispetto a Čeljabinsk è priva di un luogo che possa essere identificato come centro cittadino, anche se negli ultimi decenni il parco con la statua dell’eroe baschiro Salavat Julaev ha assunto questo tipo di importanza. Ufa è su una lunga collina stretta tra i fiumi Belaja e Ufa e proprio il fatto che si sviluppi non in pianura la rende una propaggine dei monti Urali. Tra le due città abbiamo attraversato una seconda volta quello che è considerato il confine geografico che divide Asia ed Europa.
L’impatto dei fusi orari nel viaggio
La Russia è attraversata da undici diversi fusi orari. Nel nostro viaggio abbiamo avuto modo di toccarne nove. I cambi di ora influiscono molto riducendo il tempo a disposizione quando si va verso est e allungandolo quando si torna verso ovest. In realtà è più un aspetto psicologico che di natura temporale, poiché a condizionare l’individuo in questo tipo di viaggi è la necessità serale di trovare un alloggio, e di conseguenza a stabilire quando fermarsi è più l’oscurità che l’orologio. Naturalmente in auto non si risente molto del jet-lag tipico dei viaggi in aereo, anche se quando si percorrono otto fusi orari in dieci giorni qualche anomalia nelle abitudini la si può registrare anche in un viaggio via terra. Nel passato la lentezza dei viaggi in nave, a piedi o al massimo nei carri trainati da animali non facevano mai percepire questo aspetto. Coloro che intraprendono il viaggio ferroviario lungo la Transiberiana, se la percorrono in senso contrario rispetto alla maggior parte dei turisti, quindi arrivando a Mosca da Vladivostok, abbattono il jat-lag al momento della fine del viaggio, che altrimenti li avrebbe visti rientrare in Europa dal Pacifico in aereo. Proprio per questo negli ultimi anni è aumentato il numero dei turisti che la percorre al contrario. Nel nostro caso il viaggio è lento sia all’andata che al ritorno, ma il miglioramento della rete stradale russa e la possibilità di fare lunghe tappe, impossibili in passato a causa della strada in condizioni terribili, fa emergere questo tipo di problema anche nei viaggi automobilistici. Un piccolo vantaggio di trovarsi nove ore avanti all’Italia è il fatto di vivere attivamente la parte di giornata che corrisponde alla notte italiana, con la conseguenza di un notevole calo dell’attività social che restituisce parzialmente al viaggiatore il senso di lontananza e distacco da casa.
Direzione Europa
La Milano-Cortina-Tokyo fa ora una breve tappa a Kazan’, quello che all’andata avevamo definito il quartiere generale avanzato del viaggio. Nei prossimi giorni l’equipaggio della Toyota C-HR ibrida-gas naturale è atteso all’Ambasciata d’Italia a Mosca per recuperare l’incontro saltato all’andata a causa del cambio di date ed itinerario dovuto alle difficoltà burocratiche incontrate in dogana. Successivamente è previsto il trasferimento a San Pietroburgo e il rientro nell’Unione Europea dal confine estone, lo stesso attraversato due mesi prima nel viaggio di andata. Da definire le tappe europee attraverso le quali avverrà il riavvicinamento all’Italia. Il contachilometri della nostra auto ha già superato quota 24.000 e a fine viaggio sfiorerà sicuramente i trentamila, andando ben oltre la distanza stimata alla partenza da Milano lo scorso 10 giugno. I percorsi europei permetteranno di continuare a usare metano e biometano, confermando che attualmente è possibile andare dal Mediterraneo all’oceano Pacifico usando per l’80% il gas naturale. Il viaggio di ritorno è stato effettuato tenendo volutamente ritmi più elevati che in parte hanno modificato i dati sui consumi, senza tuttavia distanziarsi troppo da quelli assolutamente positivi ottenuti nel viaggio di andata.
Le frenetiche giornate che hanno portato alla fine del viaggio di andata della Milano-Cortina-Tokyo sono state decisamente avventurose. Alle difficoltà che la strada sempre riserva si sono aggiunti i problemi per trovare una nave che ci permettesse di lasciare la Russia continentale e soprattutto la lotta burocratica per provare ad entrare in Giappone durante le Olimpiadi, superando le restrizioni legate al Covid.
La strada che non c’era
Qualsiasi carta geografica vecchia di almeno quindici anni non riporta alcuna strada che permetta di andare da Čita a Chabarovsk. Solitamente c’è una sottile linea nera o marrone dove si trova la ferrovia transiberiana. Altre carte segnalano l’esistenza di piccole strade che permettono di superare Čita fino a Černyševsk e in direzione opposta che collegano Chabarovsk a Skovorodino. Strade malmesse ma che esistevano fin dall’epoca sovietica. Ma per altri 650 chilometri non c’era nulla che potesse assomigliare ad una mulattiera. Nei diari di viaggio di alcuni avventurieri questa zona senza strade prende il nome di Zilov Gap, forse dal villaggio di Aksënovo-Zilovskoe, all’inizio dell’impervia zona senza strade. Quello che rendeva difficoltoso costruire una strada nei pressi della ferrovia era la presenza di numerosi corsi d’acqua, acquitrini, profonde valli spesso ricche di vegetazione. Negli anni novanta un gruppo di motoclisti americani impegnato in un giro del mondo su due ruote tentò l’impresa. Percorsero poco più della metà del tragitto danneggiando e rendendo inutilizzabili le loro moto. Furono costretti a salire sul treno per raggiungere Skovorodino. I primi italiani ad aver superato questa parte di Russia dovrebbero essere Danilo Elia e Fabrizio Bonserio nel 2006 a bordo di una vecchia Fiat 500. I due furono più fortunati degli americani dato che proprio in quegli anni era in costruzione la futura strada. Ebbero modo di percorrere cantieri e centinaia di chilometri di sterrato e scoprire località che per anni nessuno raggiungeva in auto ma solo in treno. Noi abbiamo scoperto lo Zilov gap solo recentemente, ma conserva un importante fascino. La nuova strada passa lontano dai paesini, anche da quelli che erano collegati a Čita e Chabarovsk dalle vecchie strade. Lungo la gran parte dei duemila chilometri della P-297 le soste per rifornimenti, pasti e soprattutto pernottamenti sono obbligate, essendo rari e sperduti i luoghi dove è possibile usufruire di questi servizi. In particolare il tratto quasi del tutto non civilizzato è quello tra Černyševsk e Erofej Pavlovič, 500 chilometri senza nulla in mezzo. Quest’anno abbiamo affrontato questa zona di Russia in assoluta tranquillità anche in base alle conoscenze che già avevamo, e ci siamo dedicati a fornire assistenza al vespista Fabio Cofferati che abbiamo costretto in un solo giorno a percorrere anche 800 chilometri.
La nave senza orario
Proprio nella sperduta località di Erofej Pavlovič abbiamo fatto la scelta di tentare di raggiungere il Giappone dall’isola russa di Sachalin e non da Vladivostok. Per arrivare a Sachalin bisogna attraversare lo Stretto dei Tartari che nel punto più favorevole è largo appena 8 chilometri. Già dai tempi di Stalin c’era il progetto di costruire un tunnel sottomarino per collegare l’isola alla terraferma con una ferrovia. Il progetto torna periodicamente di moda e sembrerebbe avere un futuro. Attualmente però la traversata avviene da Vanino a Cholmsk, in uno dei punti più larghi con tempi di quasi venti ore. In internet si trovano notizie non chiare e l’unico modo per capire di più è telefonare dopo aver riempito un modulo on line che successivamente assegna date del tutto casuali per la traversata. Parlando al telefono si scopre che la nave non ha orari e spesso non è in grado neppure di rispettare il giorno di partenza. Insistendo e spiegando le nostre ragioni riusciamo a convincere le gentili operatrici della DeltaTransService a trovarci dei posti sulla nave in partenza il 30 luglio. Ci viene detto di presentarci al porto di Vanino il pomeriggio di quel giorno anche se la nave dovrebbe arrivare e ripartire nella notte tra 30 e 31. Alla sera siamo prontissimi a salire a bordo e ci dicono che la nave sarà in porto alle 11.30. Erroneamente pensiamo di sera, mentre in realtà i ritardi accumulati spostano il viaggio al mattino del giorno dopo. Anche per raggiungere Vanino l’impresa non è delle più semplici. Tra Chabarovosk e Vanino ci sono 540 chilometri di cui gli ultimi 330 attraversano un parco naturale senza nessun segno di civilizzazione. Paesi e stazioni di rifornimento non ci sono, un solo kafé a metà strada e niente segnale telefonico. Ecco perché quando si intraprende il viaggio si deve telefonare al porto, così se non arrivi ti vengono a cercare! Però gli abitanti di questa amena località isolata da tutto si dimostrano gentili e accoglienti con noi, e più volte ci invitano a contattarli se dovessimo avere difficoltà o ulteriori ritardi del traghetto.
L’arrivo a Sachalin
240 chilometri coperti in quasi venti ore con una media da cicloturista agli esordi. Il Sachalin VIII, nave sovietica dell’84, non ha fretta. Usa un solo motore per allungare la vita di quelli a riposo. Qui per la verità nessuno ha fretta, e più è lunga la traversata e più a lungo i camionisti possono bivaccare e godersi la serata. In nave non si trovano alcolici ma ognuno a bordo ha portato la sua parte. Le cabine sono vecchie ma comode. Riusciremo a fare le dormite più lunghe del viaggio a bordo della nave nonostante un mare non del tutto tranquillo. Inutile sottolineare che sia per il personale della nave che per i passeggeri siamo un’attrazione. Tra tutti segnaliamo uno dei mozzi di bordo, il ventunenne Saša, che ama l’Italia e cita senza alcun tentennamento Dante, Savonarola, Verdi, Vivaldi, Sergio Leone e Fellini. Lavora in nave per pagarsi gli studi e sogna di visitare il nostro Paese. Già dalle prime ore del mattino avvistiamo Sachalin. È molto verde e spesso circondata da nebbia. Scesi a terra percorriamo le sue buone strade, quasi sempre con limiti di velocità più bassi del solito, e possiamo constatare come le piante siano più particolarmente alte. La grandezza della vegetazione è una delle caratteristiche di quest’isola e la differenzia dalla Russia continentale. I russi sono qui da meno di due secoli e i nativi non opposero resistenza nel sottomettersi allo zar. Dopo il 1905 nella parte meridionale dell’isola arrivarono i giapponesi, ma nel 1945 la zona fu bottino di guerra sovietico. L’isola ha prezzi più elevati di altre parti di Russia. Turismo e gas sono le principali risorse che rendono la vita a Sachalin migliore rispetto ad altre zone del Paese. Non a caso l’albergo che scegliamo stavolta è decisamente più caro del solito.
Il Giappone
Siamo a Južno-Sachalinsk, capoluogo dell’isola, per giocarci le ultime carte per provare ad entrare in Giappone. Qui siamo attesi al consolato giapponese al quale abbiamo affidato la nostra sorte. Se l’agognato visto arriverà, da qui potremo volare a Tokyo, comunque senza auto. Se la risposta sarà negativa non resterà che andare a sud dell’isola e salutare la terra del Sol Levante dalla spiaggia. Giappone e Russia qui sono separati da appena 43 chilometri di mare. Il consolato è una moderna palazzina di cinque piani che ospita molte attività legate ai rapporti tra Sachalin e Giappone. Veniamo accolti con gentilezza e ammirazione per il nostro viaggio da Takayuchi Adachi, console nipponico a Sachalin. Fin da subito è chiara la situazione: non potremo avere il visto né noi, né il vespista Fabio Cofferati. Non bastano i nostri inviti e neppure i contratti di lavoro fatti per l’occasione. L’ordine di impedire agli stranieri di entrare in Giappone durante le Olimpiadi e soprattutto in epoca Covid non conosce eccezioni, neppure per questi strani viaggiatori venuti da lontano. Siamo comunque gratificati dalle parole del console che ci invita a ritentare un viaggio simile quando la situazione tornerà tranquilla.
A questo punto alla Vespa e alla Toyota C-HR ibrido-metano non resta che raggiungere il punto di Sachalin più vicino al Giappone e celebrare lì la fine del viaggio. Scegliamo una spiaggia vicino a Korsakov dove c’è uno degli impianti di liquefazione di metano più grande della Russia. Qui scattiamo le foto di rito che consegniamo alla storia dell’automobilismo ecologico. Mai nessuno con un’auto alimentata a gas naturale è arrivato così lontano dall’Italia percorrendo almeno l’80% del tragitto usando metano e biometano. Abbiamo percorso quasi 16.000 chilometri, in parte dovuti anche a problematiche avute nella prima parte del percorso, riuscendo a spendere meno di 300 euro. Questo importo particolarmente basso è frutto sia del largo impiego del metano, sia del fatto che in Russia il carburante costa molto meno che in Italia.
Tokyo-Milano-Cortina
L’arrivo a due passi dal Giappone è di fatto il giro di boa del lungo drive test in cui è impegnata la Toyota ibrida-gas naturale di Snam, equipaggiata da un impianto Landi Renzo installato da Piccini Paolo Spa. Ora saranno monitorati i consumi ed eventuali problemi dell’altrettanto lungo viaggio di ritorno verso l’Europa. Ancora non è possibile indicare le date del rientro in Italia dell’equipaggio, ma sarà possibile seguire ancora attraverso i social le peripezie di questa incredibile avventura ecologica per le strade del continente euroasiatico.
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