Da una strada che non c’era a una lenta nave senza orario

Ingresso al porto di Cholmsk

Le frenetiche giornate che hanno portato alla fine del viaggio di andata della Milano-Cortina-Tokyo sono state decisamente avventurose. Alle difficoltà che la strada sempre riserva si sono aggiunti i problemi per trovare una nave che ci permettesse di lasciare la Russia continentale e soprattutto la lotta burocratica per provare ad entrare in Giappone durante le Olimpiadi, superando le restrizioni legate al Covid.

La strada che non c’era

Qualsiasi carta geografica vecchia di almeno quindici anni non riporta alcuna strada che permetta di andare da Čita a Chabarovsk. Solitamente c’è una sottile linea nera o marrone dove si trova la ferrovia transiberiana. Altre carte segnalano l’esistenza di piccole strade che permettono di superare Čita fino a Černyševsk e in direzione opposta che collegano Chabarovsk a Skovorodino. Strade malmesse ma che esistevano fin dall’epoca sovietica. Ma per altri 650 chilometri non c’era nulla che potesse assomigliare ad una mulattiera. Nei diari di viaggio di alcuni avventurieri questa zona senza strade prende il nome di Zilov Gap, forse dal villaggio di Aksënovo-Zilovskoe, all’inizio dell’impervia zona senza strade. Quello che rendeva difficoltoso costruire una strada nei pressi della ferrovia era la presenza di numerosi corsi d’acqua, acquitrini, profonde valli spesso ricche di vegetazione. Negli anni novanta un gruppo di motoclisti americani impegnato in un giro del mondo su due ruote tentò l’impresa. Percorsero poco più della metà del tragitto danneggiando e rendendo inutilizzabili le loro moto. Furono costretti a salire sul treno per raggiungere Skovorodino. I primi italiani ad aver superato questa parte di Russia dovrebbero essere Danilo Elia e Fabrizio Bonserio nel 2006 a bordo di una vecchia Fiat 500. I due furono più fortunati degli americani dato che proprio in quegli anni era in costruzione la futura strada. Ebbero modo di percorrere cantieri e centinaia di chilometri di sterrato e scoprire località che per anni nessuno raggiungeva in auto ma solo in treno. Noi abbiamo scoperto lo Zilov gap solo recentemente, ma conserva un importante fascino. La nuova strada passa lontano dai paesini, anche da quelli che erano collegati a Čita e Chabarovsk dalle vecchie strade. Lungo la gran parte dei duemila chilometri della P-297 le soste per rifornimenti, pasti e soprattutto pernottamenti sono obbligate, essendo rari e sperduti i luoghi dove è possibile usufruire di questi servizi. In particolare il tratto quasi del tutto non civilizzato è quello tra Černyševsk e Erofej Pavlovič, 500 chilometri senza nulla in mezzo. Quest’anno abbiamo affrontato questa zona di Russia in assoluta tranquillità anche in base alle conoscenze che già avevamo, e ci siamo dedicati a fornire assistenza al vespista Fabio Cofferati che abbiamo costretto in un solo giorno a percorrere anche 800 chilometri.

La nave senza orario

Proprio nella sperduta località di Erofej Pavlovič abbiamo fatto la scelta di tentare di raggiungere il Giappone dall’isola russa di Sachalin e non da Vladivostok. Per arrivare a Sachalin bisogna attraversare lo Stretto dei Tartari che nel punto più favorevole è largo appena 8 chilometri. Già dai tempi di Stalin c’era il progetto di costruire un tunnel sottomarino per collegare l’isola alla terraferma con una ferrovia. Il progetto torna periodicamente di moda e sembrerebbe avere un futuro. Attualmente però la traversata avviene da Vanino a Cholmsk, in uno dei punti più larghi con tempi di quasi venti ore. In internet si trovano notizie non chiare e l’unico modo per capire di più è telefonare dopo aver riempito un modulo on line che successivamente assegna date del tutto casuali per la traversata. Parlando al telefono si scopre che la nave non ha orari e spesso non è in grado neppure di rispettare il giorno di partenza. Insistendo e spiegando le nostre ragioni riusciamo a convincere le gentili operatrici della DeltaTransService a trovarci dei posti sulla nave in partenza il 30 luglio. Ci viene detto di presentarci al porto di Vanino il pomeriggio di quel giorno anche se la nave dovrebbe arrivare e ripartire nella notte tra 30 e 31. Alla sera siamo prontissimi a salire a bordo e ci dicono che la nave sarà in porto alle 11.30. Erroneamente pensiamo di sera, mentre in realtà i ritardi accumulati spostano il viaggio al mattino del giorno dopo. Anche per raggiungere Vanino l’impresa non è delle più semplici. Tra Chabarovosk e Vanino ci sono 540 chilometri di cui gli ultimi 330 attraversano un parco naturale senza nessun segno di civilizzazione. Paesi e stazioni di rifornimento non ci sono, un solo kafé a metà strada e niente segnale telefonico. Ecco perché quando si intraprende il viaggio si deve telefonare al porto, così se non arrivi ti vengono a cercare! Però gli abitanti di questa amena località isolata da tutto si dimostrano gentili e accoglienti con noi, e più volte ci invitano a contattarli se dovessimo avere difficoltà o ulteriori ritardi del traghetto.

L’arrivo a Sachalin

240 chilometri coperti in quasi venti ore con una media da cicloturista agli esordi. Il Sachalin VIII, nave sovietica dell’84, non ha fretta. Usa un solo motore per allungare la vita di quelli a riposo. Qui per la verità nessuno ha fretta, e più è lunga la traversata e più a lungo i camionisti possono bivaccare e godersi la serata. In nave non si trovano alcolici ma ognuno a bordo ha portato la sua parte. Le cabine sono vecchie ma comode. Riusciremo a fare le dormite più lunghe del viaggio a bordo della nave nonostante un mare non del tutto tranquillo. Inutile sottolineare che sia per il personale della nave che per i passeggeri siamo un’attrazione. Tra tutti segnaliamo uno dei mozzi di bordo, il ventunenne Saša, che ama l’Italia e cita senza alcun tentennamento Dante, Savonarola, Verdi, Vivaldi, Sergio Leone e Fellini. Lavora in nave per pagarsi gli studi e sogna di visitare il nostro Paese. Già dalle prime ore del mattino avvistiamo Sachalin. È molto verde e spesso circondata da nebbia. Scesi a terra percorriamo le sue buone strade, quasi sempre con limiti di velocità più bassi del solito, e possiamo constatare come le piante siano più particolarmente alte. La grandezza della vegetazione è una delle caratteristiche di quest’isola e la differenzia dalla Russia continentale. I russi sono qui da meno di due secoli e i nativi non opposero resistenza nel sottomettersi allo zar. Dopo il 1905 nella parte meridionale dell’isola arrivarono i giapponesi, ma nel 1945 la zona fu bottino di guerra sovietico. L’isola ha prezzi più elevati di altre parti di Russia. Turismo e gas sono le principali risorse che rendono la vita a Sachalin migliore rispetto ad altre zone del Paese. Non a caso l’albergo che scegliamo stavolta è decisamente più caro del solito.

Il Giappone

Siamo a Južno-Sachalinsk, capoluogo dell’isola, per giocarci le ultime carte per provare ad entrare in Giappone. Qui siamo attesi al consolato giapponese al quale abbiamo affidato la nostra sorte. Se l’agognato visto arriverà, da qui potremo volare a Tokyo, comunque senza auto. Se la risposta sarà negativa non resterà che andare a sud dell’isola e salutare la terra del Sol Levante dalla spiaggia. Giappone e Russia qui sono separati da appena 43 chilometri di mare. Il consolato è una moderna palazzina di cinque piani che ospita molte attività legate ai rapporti tra Sachalin e Giappone. Veniamo accolti con gentilezza e ammirazione per il nostro viaggio da Takayuchi Adachi, console nipponico a Sachalin. Fin da subito è chiara la situazione: non potremo avere il visto né noi, né il vespista Fabio Cofferati. Non bastano i nostri inviti e neppure i contratti di lavoro fatti per l’occasione. L’ordine di impedire agli stranieri di entrare in Giappone durante le Olimpiadi e soprattutto in epoca Covid non conosce eccezioni, neppure per questi strani viaggiatori venuti da lontano. Siamo comunque gratificati dalle parole del console che ci invita a ritentare un viaggio simile quando la situazione tornerà tranquilla.

A questo punto alla Vespa e alla Toyota C-HR ibrido-metano non resta che raggiungere il punto di Sachalin più vicino al Giappone e celebrare lì la fine del viaggio. Scegliamo una spiaggia vicino a Korsakov dove c’è uno degli impianti di liquefazione di metano più grande della Russia. Qui scattiamo le foto di rito che consegniamo alla storia dell’automobilismo ecologico. Mai nessuno con un’auto alimentata a gas naturale è arrivato così lontano dall’Italia percorrendo almeno l’80% del tragitto usando metano e biometano. Abbiamo percorso quasi 16.000 chilometri, in parte dovuti anche a problematiche avute nella prima parte del percorso, riuscendo a spendere meno di 300 euro. Questo importo particolarmente basso è frutto sia del largo impiego del metano, sia del fatto che in Russia il carburante costa molto meno che in Italia.

Tokyo-Milano-Cortina

L’arrivo a due passi dal Giappone è di fatto il giro di boa del lungo drive test in cui è impegnata la Toyota ibrida-gas naturale di Snam, equipaggiata da un impianto Landi Renzo installato da Piccini Paolo Spa. Ora saranno monitorati i consumi ed eventuali problemi dell’altrettanto lungo viaggio di ritorno verso l’Europa. Ancora non è possibile indicare le date del rientro in Italia dell’equipaggio, ma sarà possibile seguire ancora attraverso i social le peripezie di questa incredibile avventura ecologica per le strade del continente euroasiatico.

Pubblicato originariamente su TeverePost.it.

La Milano-Cortina-Tokyo si ferma a 43 chilometri dal Giappone

La costa dell'isola di Sachalin

È più o meno la lunghezza di una maratona la distanza che è mancata a Guido Guerrini e Domenico Raguseo, a bordo della Toyota C-HR ibrida-biometano/metano, per raggiungere il Paese ospitante dei XXXII Giochi olimpici di Tokyo. La costa meridionale dell’isola russa di Sachalin, che fino al 1945 faceva parte del Giappone, è il punto d’arrivo della corsa ecologica durata oltre quaranta giorni e quasi sedicimila chilometri, percorsi quasi interamente utilizzando biometano e metano.

La scommessa di importanti realtà italiane

Snam, Landi Renzo e Piccini Paolo Spa sono stati i principali compagni di viaggio di Guerrini e Raguseo. La prima ha messo a disposizione il veicolo per effettuare il lungo cammino, Landi ha concepito l’impianto che ha permesso ad un’automobile ibrida di utilizzare il metano e Piccini lo ha installato. Mai un’auto a metano si era spinta così lontana dall’Italia usando quasi esclusivamente gas naturale. Il punto più orientale del viaggio, nei pressi dell’impianto di liquefazione di gas naturale del porto russo di Korsakov, corrisponde a 143° di longitudine est contro i 139° della capitale del Giappone, ormai indietro di due ore di fuso orario rispetto a Sachalin.

Perché la spedizione non è arrivata a Tokyo

Nonostante l’auspicato sbarco in Giappone non sia stato possibile, la soddisfazione di essere andati anche più lontani rispetto all’arcipelago nipponico è massima. Ostacolo burocratico rivelatosi insormontabile sono state le misure di sicurezza legate alla pandemia di Covid-19 adottate dal governo di Tokyo, in particolare modo prima e durante le Olimpiadi. Nonostante i membri della spedizione fossero in possesso di un invito ufficiale non è stata concessa alcuna deroga dalle autorità nipponiche, con la conseguenza della mancata autorizzazione a continuare il viaggio con mezzi aerei o navali. Il Console giapponese a Južno-Sachalinsk, l’ingegner Takayuki Adachi, ha ricevuto nella mattinata del 2 agosto la delegazione del viaggio dall’Italia verso Tokyo. L’incontro è stato cordiale e tutto il personale della sede diplomatica nipponica si è dimostrato interessato alle motivazioni della lunga avventura, oltre a riempire di domande i protagonisti del viaggio. Molte le foto scattate sia all’interno del consolato che di fronte alla palazzina che ospita gli uffici. Nonostante il clima di massima cortesia il miracolo che ha permesso alla Milano-Cortina-Tokyo di entrare in Russia, ma anche costretto l’equipaggio a percorrere quasi tremila chilometri in più del previsto e sostituire Roberto Chiodi con Domenico Raguseo sempre per problemi burocratici, non si è ripetuto con il Giappone. Valeva la pena rischiare perché qualsiasi deroga sarebbe potuta essere concessa solo attraverso i consolati giapponesi in caso di arrivo a Vladivostok o Južno-Sachalinsk.

L’incontro con il console giapponese

Accoglienza e numeri di una impresa automobilistica

Il drive test non finisce a Sachalin, poiché sempre dall’isola dell’estremo russo comincerà il lungo viaggio di ritorno verso l’Italia. Di fatto Sachalin costituisce il giro di boa di un’avventura che continuerà a effettuare rifornimenti di metano nelle reti in espansione di Russia, Paesi baltici, Polonia, Repubblica Ceca, Germania, Austria e Italia. Previste anche ulteriori visite alle officine che installano impianti Landi Renzo nello spazio ex sovietico e in Europa.

Un altro record raggiunto dall’auto allestita da Snam, Landi Renzo e Piccini è quello del rifornimento di gas naturale più remoto effettuato da un’auto proveniente dall’Europa ed effettuato nelle due stazioni Gazprom presenti a Južno-Sachalinsk tra lo stupore degli increduli addetti ai lavori.

Circa l’80% del percorso finora effettuato è avvenuto usando gas naturale: in Italia e in parte del percorso europeo prevalentemente biometano, mentre in Russia è stato usato il metano di origine fossile. Il consumo medio si è aggirato attorno a 40 chilometri con un chilo di gas naturale, mentre in Russia, dove l’unità di misura è il metro cubo, i chilometri sono stati circa 30. Convertendo anche i dati russi in chilogrammi emerge un dato medio di 38 km/kg con dati che vanno da un minimo di 32 ad un massimo di 42. La pressione di carica dei 72 litri di bombole a bordo della Toyota C-HR è stata mediamente del 10% più bassa in Russia rispetto ai dati europei.

Nei tremila chilometri effettuati usando benzina, l’auto ha consumato in media 22,5 km/litro con picchi positivi e negativi di 21 e 25. Usando il prezzo medio di 0,95 euro/kg, il costo della percorrenza dei 12.000 chilometri usando il metano è stato di circa 300 euro. La stessa distanza a benzina, considerando un costo a litro di 1,60 euro, sarebbe stata 853 euro. Il rapporto atteso di quasi 1 a 3 tra costi di metano e benzina viene sostanzialmente rispettato.

Più l’auto protagonista del viaggio si allontanava dall’Europa e più aumentava l’entusiasmo nell’accogliere questa curiosa avventura. Installatori di impianti, personale delle stazioni di rifornimento e molta gente comune ha salutato e talvolta aspettato il transito della Milano-Cortina-Tokyo.

Ripartiamo Insieme

La volontà di trasmettere un forte messaggio di ripartenza dopo un anno e mezzo vissuto con enormi difficoltà è perfettamente riuscito. Il viaggio si è dovuto più volte adeguare alle disposizioni di legge che nazioni o regioni imponevano in questa ennesima fase della pandemia. Questo non ha impedito di arrivare ad un passo dal Giappone e di dimostrare che anche con mille difficoltà è sempre possibile convivere con il virus cercando di non fermare la vita sociale, economica ed in questo caso i viaggi, mantenendo un livello di sicurezza accettabile e non mettendo a rischio la propria salute e quella degli altri.

Un altro merito della spedizione è stato quello di aiutare e supportare durante parte del viaggio il vespista italiano Fabio Cofferati, impegnato ad emulare la Milano-Tokyo di Roberto Patrignani in occasione delle Olimpiadi di Tokyo 1964. Il viaggio di Cofferati, a bordo di una Vespa Piaggio del 1963, ha potuto contare sulla vicinanza della spedizione ecologica di Snam, Landi Renzo e Piccini e si è concluso, anche in questo caso, sull’isola di Sachalin.

Al momento del rientro in Italia la Milano-Cortina-Tokyo intenderà proseguire l’itinerario Fai iniziato con il viaggio di andata nella tratta da Milano a Cortina. In senso opposto si andrà alla scoperta, con la massima lentezza e tranquillità, di altri luoghi da valorizzare lungo le strade tra le due città che ospiteranno i Giochi Olimpici del 2026.

Dalla Siberia al lago Bajkal, nuova puntata del viaggio attraverso l’Eurasia

Kultuk sul lago Bajkal

Una delle cose che stupiscono chi è stato in Russia in passato e ci ritorna adesso è il miglioramento delle infrastrutture stradali. Negli ultimi quindici anni i chilometri di asfalto sono aumentati assieme ad un livello qualitativo del fondo stradale nettamente migliore rispetto a prima. Oggi è davvero possibile andare da Mosca a Vladivostok lungo una strada interamente asfaltata, al massimo intervallata dai tratti di “remont”, le immancabili riparazioni necessarie dopo ogni lungo inverno. L’estate è la stagione dei cantieri che inevitabilmente fanno perdere tempo a chi come noi viaggia da una parte all’altra dell’immensa nazione euroasiatica. Andare fino a Vladivostok in auto fino a pochi anni fa non era possibile a causa della completa inesistenza della strada nella zona a nord-est della Cina. C’era il treno o al limite l’aereo. Questo spiega perché quasi tutti i villaggi di quest’area geografica si siano sviluppati attorno alle stazioni della Transiberiana e non lungo strade che ancora non c’erano.

Passaggio in Siberia

L’area geografica da Tjumen’ ad Ulan-Udė, che nel 2008 percorremmo in due settimane, oggi necessità della metà del tempo e con una normale autonomia di 350-400 km è possibile farla interamente utilizzando metano. La regione sta vivendo la propria brevissima primavera fatta di fioriture con prevalente colore violaceo e di un verde intenso della vegetazione sia nelle zone di steppa che di taiga. Prevalgono coltivazioni a foraggio alternate a zone gialle dedicate alla colza. I russi che vivono qui sono molto diversi da quelli di Mosca o delle grandi città europee. In prevalenza sono discendenti di coloni arrivati qui all’epoca della conquista dell’immenso est, una saga simile a quella più nota dei territori americani del West, ma forse con meno attriti con le popolazioni locali. Più chilometri percorriamo e più calorosa si fa l’accoglienza ovunque arriviamo. Certamente di europei qui ne arrivano davvero pochi e ancora meno in auto o in Vespa. I discendenti dei popoli che erano qui da prima dei russi godono di ampia autonomia da Mosca. Spesso biliguismo, sempre la conservazione di tradizioni e folklore. Il mosaico di etnie che popola la Russia per alcuni è una bomba ad orologeria, per altri è un buon esempio di federalismo asimmetrico, ciò che gli sloveni chiedevano per la Jugoslavia alla fine degli anni ottanta. Il risultato è che il viaggiatore alterna alfabeti, luoghi di culto, architettura tipici di ogni tradizione, così come in parte i menù dei ristoranti.

Bajkal e Buriazia

Il lago più profondo del pianeta e tra i più grandi del mondo appare sempre all’improvviso dopo un centinaio di chilometri di strada da Irkutsk. Già la strada che ci arriva è insolita, dato che presenta importanti salite e discese dopo il lunghissimo tratto pianeggiante che va dagli Urali alla stessa Irkutsk. Vedere questo mare arrivando dall’alto permette una visuale sconfinata, almeno nelle giornate in cui il tempo non flagella le sponde del lago. Nebbia e pioggia non mancano neppure d’estate, mentre d’inverno la superficie è talmente ghiacciata che in passato ci passavano pure i treni. Arrivando al Bajkal ci si sente lontani da casa forse perchè si riconosce quella strana forma che molti erano abituati ad osservare sulle carte geografiche appese nelle pareti delle aule scolastiche. Dopo settimane, anzi mesi, di astinenza dal mare viene naturale identificare il grande specchio d’acqua in un vero e proprio mare. A scuola si studia che dentro al Bajkal c’è circa il 20% dell’acqua dolce presente sul pianeta Terra, una vera arca di salvezza per l’umanità che ha il compito di conservarla. Irkutsk è attraversata dall’Angara, il potente emissario che raccoglie le acque del Bajkal e le porta nell’artico dopo essersi a sua volta gettato nello Enisej. In Buriazia, invece, si incontra il Selenge, principale immissario del lago che addirittura nasce in Mongolia. La terra di Gengis Khan è davvero a due passi e oltre al paesaggio ci viene ricordato dai tanti cavalli allevati, dalla presenza di pagode e dagli occhi a mandorla dei buriati. Questa importante etnia è fortemente legata ai vicini mongoli e la lingua è praticanente la stessa. La capitale Ulan-Udė, famosa per la monumentale Piazza dei Soviet dove si trova la testa di Lenin più grande del mondo, di fatto è la porta settentrionale della Mongolia. In passato da qui passava la “via del tè” che vedeva la città di confine Kjachta vero e proprio luogo di scambio e immagazzinamento dell’importante commercio. Oggi le rotte del commercio passano dalla Ferrovia transmongolica che si divide dalla Transiberiana proprio ad Ulan-Udė.

Le Olimpiadi sono iniziate

L’obiettivo del nostro viaggio era arrivare a Tokyo per l’inizio del Giochi Olimpici, ma le problematiche burocratiche e stradali che hanno caratterizzato la nostra avventura ci hanno costretto ad un cambio di strategia. Dopo la cerimonia inaugurale dello scorso 23 luglio cercheremo di essere in Giappone, anche chiusi in quarantena in un albergo, prima della fine dell’evento sportivo più atteso dell’anno. Non abbiamo alcuna garanzia che ci riusciremo, ma per ora è imperativo proseguire nell’avvicinamento ai porti russi sull’oceano Pacifico. Senza arrivare davanti al Giappone non sarebbe possibile alcun tentativo.

Col metano a 8.000 chilometri dall’Italia

Un’altra importante crescita facilmente verificabile lungo le strade russe è quella delle infrastrutture di rifornimento di carburanti alternativi a benzina e gasolio. Essendo il nostro viaggio finalizzato a dimostrare come un’auto ibrida-metano possa viaggiare ovunque e ben oltre i limiti del continente europeo, ci siamo concentrati sulle stazioni di metano, anche se abbiamo osservato come sia davvero frequente la possibilità di rifornire gpl e come timidamente compaiano, anche in luoghi impensabili, colonnine di ricarica per auto elettriche. La crescita delle stazioni di rifornimento di Gazprom, ma anche di molte piccole realtà private, ha portato la presenza del gas naturale fino a Kemerovo andando verso est e fino a Chabarovsk, Sachalin e la Kamčatka nell’estremo oriente. Mentre gli itinerari lungo i gasdotti che conducono nell’estremo nord hanno stazioni di metano posizionate in modo regolare per permettere soprattutto ai mezzi pesanti di rifornire, la strada Mosca-Vladivostok mantiene un “buco” infrastrutturale di oltre 3.000 chilometri oggi percorribili solo con carburanti tradizionali, o con un mezzo a gpl dotato di grande autonomia.

Cofferati superstar

Continua a brillare la stella del vespista Fabio Cofferati, che come noi sta percorrendo l’itinerario che da Milano conduce a Tokyo, ma a bordo di una Vespa del 1963. L’originalità del mezzo di trasporto ci costringe a numerose soste per agevolarlo a partecipare alle dirette di quasi tutte le più importanti radio nazionali. La nostra scelta di adeguare il nostro viaggio al suo, cambiando di poco le rispettive tempistiche, ci sta permettendo di ampliare il rispettivo pubblico e di beneficiare di maggiore visibilità. Non è ancora chiaro se una volta che saremo arrivati a Chabarovsk le due strade si separeranno oppure se sarà trovato il modo di percorrere assieme anche gli ultimi chilometri prima del difficile tentativo di sbarcare in Giappone. Nei rispettivi piani di “attacco” all’arcipelago nipponico l’auto sarebbe dovuta passare dall’isola russa di Sachalin e la Vespa da Vladivostok. Alla data di oggi i traghetti sono sospesi da entrambi i porti d’imbarco. Gli ultimi giorni di luglio saranno decisivi per entrambi i viaggi.

Articolo pubblicato originariamente su TeverePost.it.

Oltre gli Urali c’è l’Asia

La Milano-Cortina-Tokyo è finalmente in Asia. La corsa ad ostacoli che ha caratterizzato buona parte del primo mese di viaggio sembra aver trovato un equilibrio e la spedizione ha ricominciato la propria regolare corsa verso oriente. Con l’arrivo di Domenico Raguseo e dopo aver deciso di scortare il vespista Fabio Cofferati, la Toyota C-HR ibrida-gas naturale di Snam, allestita da Piccini con un impianto Landi Renzo, al momento si trova nei pressi di Omsk, nel cuore della Siberia. Da quando l’Italia ha vinto il campionato europeo di calcio ad ogni semaforo di ogni città gli autisti delle altre auto e perfino la polizia si complimentano con noi come se avessimo giocato e vinto la finale contro l’Inghilterra. Già prima non mancavano gli ammiratori del nostro viaggio, ma ora con il bagno di visibilità ottenuto dal nostro Paese il numero di attenzioni verso di noi è decisamente aumentato.

Tra Covid e burocrazia

Anche se le due cose si contraddicono, con l’esplosione della cosiddetta “variante Delta” di Covid-19 la Russia ha deciso di riaprire la propria frontiera ad alcune nazioni, tra le quali l’Italia. Di conseguenza si è notevolmente alleggerita la tensione relativa ai nostri documenti, ma in contemporanea sono cambiate le regole di prevenzione in alcune aree del paese. Al momento la situazione in Siberia appare tranquilla, ma la cautela invita a ponderare bene le scelte degli alberghi in cui fermarsi e dei punti di ristoro da frequentare. Alle nostre prudenze non corrisponde generalmente molta attenzione da parte della popolazione locale: come visto in passato, l’atteggiamento nei confronti della pandemia e della vaccinazione in Russia è completamente diverso rispetto all’Europa. Da una parte questo permette di vivere la quotidianità in modo più normale e senza apprensioni, ma dall’altra stona con quello che si legge sui mezzi di comunicazione italiani. Non sta a noi stabilire chi abbia ragione considerato che le nostre competenze sono altre.

Ecco l’Asia

La ripartenza dopo la lunga sosta in Tatarstan è avvenuta seguendo la strada più settentrionale tra quelle che da Kazan’ portano verso gli Urali. Ha prevalso la scelta del chilometraggio più breve e non della via qualitativamente migliore. Non a caso in questo itinerario internazionale, la E22, c’è ancora un ponte di barche sul fiume Vjatka e oltre trenta chilometri di strada sterrata o in terra battuta, probabilmente nelle stesse condizioni dell’epoca zarista. Tutto questo non aiuta la velocità del viaggio ma favorisce decisamente le prestazioni della nostra auto che ormai con un pieno di circa 12 kg di metano si avvicina notevolmente al traguardo dei cinquecento chilometri. A questa latitudine gli Urali sono docili, niente più che qualche collinetta che sembra impossibile possa essere investita del compito di separare simbolicamente due mondi. Se non si conosce il luogo è anche difficile cercare cippi o monumenti che comunichino al viaggiatore il passaggio da Europa ad Asia. Fortunatamente l’esperienza accumulata in passato ci permette di andare a colpo sicuro e di recarci in uno dei punti di confine più noti, più nuovi e già decisamente in decadenza rispetto al nostro transito di tre anni prima. Anche proseguendo verso Ekaterinburg è possibile incontrare altri punti dove qualche ristoratore o benzinaio ha stabilito un confine intercontinentale privato a favore dei propri clienti.

Benvenuti in Siberia

Ekaterinburg, oltre ad essere la porta dell’Asia, è anche quella della Siberia. L’immensa regione ha inizio proprio da qui e contrariamente a tutti i luoghi comuni in questo periodo dell’anno non è affatto fredda, anzi vive una sorta di primavera avanzata ed è tutta in fiore e ben ricca di insetti. Oltre al lungo nastro quasi sempre d’asfalto che percorriamo c’è un’altra compagna di viaggio molto più anziana della strada e che ha contribuito in modo fondamentale alla colonizzazione di questa parte di mondo: la Ferrovia Transiberiana, i suoi treni e le lunghe soste ai suoi passaggi a livello contribuiscono a non farci perdere l’orientamento come se fosse possibile sbagliare strada quando di fatto gli unici bivi sono le circonvallazioni dei paesi.

Tecnologia italiana al servizio del mercato russo

Gli ultimi giorni sono stati un’ulteriore occasione di verificare l’importante fetta di mercato russo occupato dalla tecnologia italiana dedicata al mondo del gas naturale e del gpl. Sia a Perm’ che a Ekaterinburg siamo stati ospiti di Automastergas, importante realtà che in una vasta zona di Russia commercializza gli impianti Landi Renzo. Abbiamo incontrato Ruslan e Maksim che ci hanno raccontato come da quando il governo russo ha avviato una seria politica di incentivi le installazioni degli impianti di gas naturale hanno raggiunto quelli di gpl. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, considerato il numero di bus, camion, taxi e anche molti veicoli privati in circolazione e che riempiono i punti di rifornimento, anch’essi in rapida espansione e aperti 24 ore al giorno per agevolare la possibilità di fare il pieno di metano. Ovunque siamo accolti con calore e amicizia. L’auto desta grande curiosità e gli installatori studiano sempre con attenzione ogni dettaglio dell’impianto che ha trasformato la nostra Toyota C-HR nel veicolo che secondo noi risulta essere la più economica del mondo a livello di consumi. Anche dopo questo ulteriore segmento di percorso, fatto interamente usando gas naturale, il veicolo ha confermato i circa 31-32 chilometri a metro cubo, pari a circa 40 chilometri a chilo se consideriamo l’unità di misura usata in Europa. Tradotto in euro questo significa quaranta chilometri con meno di un euro, sempre in base ai prezzi europei.

I media nazionali parlano di noi e della Vespa di Cofferati

Da quando viaggiamo assieme alla Vespa partita dall’Italia, oltre ad avere unito i nostri destini e ad aiutarci vicendevolmente, è nato anche un sodalizio mediatico. I rispettivi followers seguono entrambi i viaggi e anche i contatti nei media nazionali si sono di fatto uniti. La nostra storia è finita dentro alle interviste a Fabio come la sua avventura è ormai seguita anche dal mondo dedicato ai viaggi ecologici. Scopriamo vespisti appassionati di metano e numerosi metanautisti che si interessano al destino di una Vespa del 1963 e del viaggio di Roberto Patrignani che ispirò l’avventura di Cofferati. Nella città di Tjumen’ abbiamo anche usufruito dell’accoglienza e dell’ospitalità del locale Vespa Club, nato appena tre mesi fa. Fabio è stato il primo ospite illustre del mondo del vespismo nella città siberiana. A questo punto non resterebbe altro da fare che fondere le due avventure ipotizzando un futuro viaggio con una vespa a metano!

Articolo pubblicato originariamente su TeverePost.it.

Volkswagen Id.4 vince l’E-Rally Iceland

Si è disputato questo fine settimana l’E-Rally d’Islanda, quarta prova del mondiale FIA energie alternative. La gara è stata orfana dei valtiberini Guerrini-Olivoni e degli altri equipaggi di punta, che avevano deciso di non partecipare a causa della complessità organizzativa determinata dalle norme anti-pandemia stabilite da Reykjavik. Addirittura solo tre le auto al via, con due coppie islandesi e i francesi Didier Malga-Anne Bonnel, iridati nel 2018.

Proprio Malga e Bonnel hanno stravinto su Peugeot e208 la gara di regolarità, ma a causa del regolamento che combina la graduatoria sportiva con quella dei consumi si sono visti superare nella classifica assoluta dai padroni di casa Guðmundsson-Njálsson su Volkswagen Id.4. Terza e ultima la Tesla Model 3 di Jökulsson-Haraldsson. Il veicolo vittorioso è proprio quello che doveva essere allestito per Guido Guerrini e Francesca Olivoni (Team Autotest Motorsport) grazie alla collaborazione con la concessionaria Hekla di Reykjavik. Data l’assenza dei principali protagonisti del campionato, il risultato della gara islandese non incide significativamente sulla classifica generale per quanto riguarda piloti e co-piloti. Per quanto riguarda i costruttori, invece, importante balzo in avanti di Volkswagen che passa in testa.

Per il resto la gara nell’isola dei vulcani è stata ancora una volta spettacolare sia a livello paesaggistico che nelle veloci prove di regolarità. “L’augurio – commenta Guido Guerrini – è che la battuta di arresto nella partecipazione, non dovuta in alcun modo a responsabilità degli organizzatori, possa non compromettere in futuro la presenza del circus mondiale in una delle gare da tutti giudicata tra le più belle e interessanti del campionato FIA”. Il pilota di Sansepolcro sottolinea anche che “la partecipazione di sole tre auto ha reso ancora più evidenti i limiti di un regolamento troppo sbilanciato sui consumi rispetto al risultato sportivo della gara. Se esaminiamo i tempi di Malga-Bonnel – spiega Guerrini – risulta evidente come dopo la prima giornata di gara si siano concentrati specificamente sui consumi, non avendo tuttavia la possibilità di superare Guðmundsson e Njálsson, che hanno vinto la gara senza di fatto mai gareggiare in regolarità”.

Articolo pubblicato originariamente su TeverePost.it.

Tra Mosca e il Tatarstan

Visita a Garant-Gas

Dopo le tempeste burocratiche e quelle meteorologiche è tornato il sereno su entrambi i fronti della spedizione italiana verso il Giappone. Successivamente alla lunga sosta alla frontiera russa e dopo la pausa programmata per consentire la partecipazione all’Ecorally del Portogallo, la Toyota ibrida-gas naturale di Snam ha ripreso il viaggio all’interno della Federazione Russa. A questo punto resta un’unica complessa frontiera da attraversare, quella tra Russia e Giappone, che al momento sembrerebbe impenetrabile. Il team a supporto della spedizione è al lavoro per ottenere gli ultimi permessi, consapevole che il momento della verità sarà tra circa novemila chilometri e otto fusi orari. Nel frattempo continuano le attività parallele al viaggio, come la visita alle officine Landi Renzo lungo il percorso.

L’accoglienza a Mosca

Non era facile pronosticare come e quando avremmo superato la frontiera viste le complicazioni che hanno costretto Domenico Raguseo e il sottoscritto a ripetere più volte le procedure di ingresso in dogana. Non abbiamo potuto dare neppure ventiquattro ore di preavviso a coloro che ci aspettavano a Mosca, con la conseguenza che l’appuntamento all’Ambasciata d’Italia sarà posticipato al viaggio di ritorno dal Giappone, mentre con nostra sorpresa una sola ora di preavviso è stata sufficiente per organizzare l’accoglienza presso l’officina Garant-Gas di Mosca. Dopo il rifornimento di metano alla stazione Gazprom ANGSK-11 situata a nord-ovest, non lontano dal MKAD, il raccordo anulare che gira attorno alla capitale, siamo arrivati nel quartiere di Chorošëvo-Mnëvniki dove ha la sede Garant-Gas, storico partner di Landi Renzo in Russia. Il titolare Arno e un intero esercito di meccanici hanno prima accolto e poi lungamente esaminato l’impianto installato sulla nostra auto. Oltre agli aspetti tecnici ha attratto l’interesse delle maestranze il particolare colore azzurro delle tre bombole da ventiquattro litri ciascuna installate nel bagagliaio della C-HR, nonché i particolari di come è stato attrezzato il bagagliaio e la conseguente riduzione dell’impatto che solitamente le bombole hanno sugli spazi e sull’estetica del vano bagagli. Giudicata interessante anche la scelta di “nascondere” la presa di carico all’interno dello sportellino del serbatoio. Oltre alle foto di rito con il persone dell’officina non è mancato un ottimo pranzo nel ristorante vicino e la promessa di accoglienza alla filiale di Juzno Sachalin della stessa Garant-Gas. Proprio dove terminerà la parte russa del nostro viaggio, sull’isola ad appena quarantatre chilometri dal Giappone, si trova una delle sedi degli installatori che operano assieme a Landi Renzo. Terminato l’incontro con Arno e i suoi uomini ci siamo avventurati nella tempesta d’acqua che ha colpito Mosca nel giorno del nostro arrivo determinando allagamenti e problemi alla circolazione. Nei dieci secondi utilizzati per fare le foto di rito nella Piazza Rossa ci siamo letteralmente inzuppati d’acqua come se avessimo fatto un tuffo nella Moscova.

Il viaggio verso il Tatarstan

A Podol’sk, dove vive la famiglia di Domenico, il nuovo membro della spedizione, abbiamo sperimentato le nuove regole Covid in vigore in Russia. Da qualche giorno in più di una regione non è infatti possibile accedere ai ristoranti e locali pubblici in assenza di vaccinazione o di test Covid recente. Naturalmente la stretta sulle regole complica il nostro viaggio, così come l’assurda vicenda del mancato riconoscimento reciproco tra i vaccini russi ed europei. Il tragitto da Mosca a Kazan’, meno di mille chilometri, vede un’ottima copertura delle stazioni di metano. Effettuiamo il primo rifornimento a Vladimir, storica città già capitale della Russia nel suo glorioso passato. Qui sono due le stazioni di metano e non c’è nessun problema per la presa di rifornimento europea presente in ben due colonnine. Dal precedente viaggio dual fuel del 2018 le infrastrutture stradali russe sono ulteriormente migliorate, e il fondo stradale, un tempo il vero terrore di ogni automobilista, conferma che anche l’amico Fabio Cofferati in Vespa troverà una situazione molto migliore rispetto agli anni precedenti.

Nižnij Novgorod, bella città alla confluenza tra Oka e Volga, vanta uno splendido cremlino e anche quattro stazioni di metano. La fila di camion, taxi, bus e furgoni ci ricorda ancora una volta come il gas naturale si stia velocemente espandendo in tutta la Russia. Nella città a metà strada tra Mosca e Kazan’ non troviamo l’attacco europeo Ngv-1, ma ci sono gli adattatori messi a disposizione dalla stazione di rifornimento. I restanti 450 chilometri per arrivare a Kazan’ non sono in una piatta pianura come tra Mosca, Vladimir e Nižnij Novgorod, ma salite e discese si alternano in quella che è la sponda destra del Volga, il fiume più lungo d’Europa. Non ne avremo bisogno poiché copriremo i 450 chilometri con l’ultimo pieno effettuato, ma in ogni caso avremmo avuto posti per rifornirci sia in Ciuvascia che alle porte del Tatarstan. Proprio il passaggio dalla terra dei ciuvasci a quella dei tartari è stato salutato da un nuovo collegamento radiofonico con Caterpillar, trasmissione di RadioDue che ha preso a cuore le dinamiche che ruotano attorno alla nostra avventura intercontinentale e contribuisce in modo netto a mantenere alta l’eco mediatica del nostro viaggio.

La sosta a Kazan’

Ancora una volta Kazan’ è il quartier generale avanzato del nostro viaggio. La scelta di una delle ultime grandi città prima dei Monti Urali è anche dovuta al fatto che è da alcuni anni il mio luogo di residenza e dove vive la mia famiglia. La sosta serve a riprendersi dopo le fatiche della prima parte della nostra avventura, ma anche a fare manutenzione al nostro veicolo e risolvere ulteriori aspetti burocratici che ormai contraddistinguono il nostro viaggio in tempo di pandemia. La variazione dell’equipaggio con l’arrivo di Domenico ci obbliga a mettere in regola la sua posizione per il resto del viaggio. Colui che ha risolto i nostri problemi di frontiera ha un visto in scadenza il 12 luglio e un altro che parte il 15 dello stesso mese. Per poterlo aspettare è quindi necessario fare una sosta, e Kazan’ è logisticamente il luogo migliore. Se i controlli all’auto necessiteranno di pochi giorni, non è ancora chiusa la pratica per cercare di raggiungere il Giappone. Avremo un invito ufficiale da parte di Ngv-Japan e prima o poi dovremo tentare di avviare la pratica di concessione del visto in uno dei numerosi consolati nipponici in terra russa. L’impresa è ardua ma ci è stato consigliato di rivolgerci ad uno di quelli più vicini all’arcipelago che ospiterà i giochi olimpici. Južno-Sachalinsk o Vladivostok sono le sedi diplomatiche migliori per tentare di superare l’ultimo scoglio burocratico e soprattutto l’ultimo braccio di mare che separa il continente euroasiatico dal Giappone. La sosta in Tatarstan sarà ulteriore occasione di rafforzare i legami tra i nostri viaggi e la città di Kazan’, dove si terrà anche un incontro con le autorità e i media locali nei prossimi giorni.

Numeri del viaggio tra sorprese e conferme

Le difficoltà avute lungo le strade europee hanno portato ad un notevole aumento dei chilometri previsti finora. Secondo il programma di viaggio all’arrivo a Kazan’ dovevamo aver percorso circa 4.500 chilometri. I numeri reali raccontano di poco più di duemila chilometri oltre il previsto. Il motivo è dovuto sia al doppio rimbalzo alla frontiera tra Lettonia e Russia, sia alla scelta di allungare via Estonia e San Pietroburgo. Solo la deviazione verso la città di Pietro il Grande e il passaggio obbligato da Riga è costata oltre mille chilometri, ma ha permesso il vantaggio di riuscire a rifornire metano con maggiore tranquillità, considerato l’ampio numero di punti di rifornimento tra San Pietroburgo e Mosca. Ad oggi su 6.571,2 chilometri percorsi abbiamo dovuto usare la benzina solo in circa 200, pari al 3% del viaggio. Di conseguenza è il 97% la parte di viaggio percorsa a gas naturale. Come più volte sottolineato i consumi si sono per ora attestati molto vicino agli auspicati 40 chilometri con un chilogrammo di metano che significa, tenendo conto dei prezzi europei, tra i 2 e 3 eurocent a chilometro, di gran lunga il consumo più basso mai registrato da quando effettuiamo lunghi viaggi. Solo più avanti, oltre il lago Bajkal, avremo modo di testare il consumo della nostra auto a benzina. Lo faremo laddove non sarà sempre possibile il rifornimento di metano. Il dato del consumo di benzina sarà determinante per scoprire il risparmio che l’impianto a gas naturale permette alla Toyota C-HR. Seppure irreali per il mercato europeo, è interessante comprendere come in Russia tutte le stime sull’aspetto economico del consumo abbiano un impatto diverso. Con la benzina che costa circa 0,55 euro al litro e il metano attorno ai 0,35 euro al chilo è evidente che il risparmio aumenta di tre volte, portando il nostro consumo a chilometro attorno ad un eurocent, o se preferite ottanta copeche.

Articolo pubblicato originariamente su TeverePost.it.

E-Rally Iceland 2021: Official statement of 5 crews of the FIA ENEC-ERRC / Comunicato ufficiale di 5 equipaggi del Campionato FIA Energie Alternative

Team Autotest Motorsport, Volkswagen ID.4

(ENG) We will not take part in E-Rally Iceland 2021

Five crews of the “FIA Electric and New Energy Championship – E-Rally Regularity Cup” explain in an official statement their absence in the race that assigns the highest score of the competition.

We are forced to not take part in the E-Rally Iceland 2021 because of the rules for entry in Iceland. Ours is not a protest against anyone, but the mere acknowledgement that the participation in the event is impossible. It must be clear that our esteem for the organizers of one of the most beautiful races dedicated to alternative energies is maximum and remains unchanged. We also thank the organizers that helped us to understand what the Icelandic government requires from those who intend to reach the island.

The main teams at the top of the FIA standings decided by mutual agreement not to face with the bureaucratic and health issues connected with the Icelandic rules for entry. We did this in harmony and friendship to ensure that no crew could profit from the problems of others.

Among us there are people who received a single dose of vaccine, people who have been fully vaccinated less than two weeks and people who are fully vaccinated with vaccines not recognized by Iceland. In all these cases, rules require a swab before the departure, another at the arrival at the airport, five days of quarantine and an additional swab. Only after the result of the last swab you are free, but none of us can stay ten/eleven days away from work.

For this reason the signatories of this document make known the mutual decision not to take part in the fourth race of the FIA Electric and New Energy Championship – E-Rally Regularity Cup that will be held in Reykjavik from July 8 to 10.

Eneko Conde – Lorenzo Serrano
Txema Foronda – Pilar Rodas
Michal Zdarsky
Jacup Nabelek
Guido Guerrini – Francesca Olivoni
Carlos Sargnese – Lukas Sargnese

(ITA) Non saremo presenti all’E-Rally Iceland 2021

Cinque equipaggi impegnati nel “FIA Electric and New Energy Championship – E-Rally Regularity Cup” (tre spagnoli, uno italiano ed uno ceco) non riusciranno a prendere parte alla gara che assegna il maggiore punteggio del campionato

Sono le regole di ingresso in Islanda a costringerci a non prendere parte alla gara di Reykjavik. La nostra non è una protesta contro nessuno, ma la semplice presa d’atto di una partecipazione impossibile. Deve essere chiaro che la nostra stima verso gli organizzatori di una delle più belle gare dedicate alle energie alternative è massima e rimane immutata. Ringraziamo anzi gli organizzatori per averci aiutato a comprendere nel modo migliore cosa chiede il governo islandese a chi intende raggiungere l’isola.

I principali team in testa alla classifica FIA hanno deciso di comune accordo di non affrontare le problematiche burocratiche e sanitarie che le regole islandesi determinano. Lo abbiamo fatto in armonia ed amicizia per fare in modo che nessun equipaggio potesse trarre vantaggio dai problemi degli altri.

Tra di noi ci sono persone vaccinate con una sola dose, persone che hanno completato le due dosi da meno di due settimane e persone completamente vaccinate ma con vaccini non riconosciuti dall’Islanda. In questi casi sono previsti un tampone prima di partire, uno all’arrivo in aeroporto, cinque giorni di quarantena, un ulteriore tampone. Dopo il risultato dell’ultimo tampone si è liberi, ma nessuno di noi può permettersi di rimanere dieci/undici giorni lontano dal proprio lavoro.

Per questo, di comune accordo, i firmatati di questo comunicato rendono nota la decisione di non prendere parte alla quarta gara del “FIA Electric and New Energy Championship – E-Rally Regularity Cup” che si svolgerà a Reykjavik dall’8 al 10 luglio prossimi.

Eneko Conde – Lorenzo Serrano
Txema Foronda – Pilar Rodas
Michal Zdarsky
Jacup Nabelek
Guido Guerrini – Francesca Olivoni
Carlos Sargnese – Lukas Sargnese

A Mosca dopo tante peripezie

L'equipaggio festeggia il sospirato ingresso in Russia

Dopo la prima settimana che ha portato la spedizione ecologica da Milano a Riga, e la seconda sosta utile sia a svolgere l’Ecorally del Portogallo che a risolvere i problemi burocratici emersi, “Ripartiamo Insieme Milano-Cortina-Tokyo” entra finalmente nella terza settimana e può riprendere il proprio cammino, non senza novità e difficoltà.

Il primo problema in dogana e le possibili soluzioni

Quella successo alla frontiera di Terehova tra Lettonia e Russia non era una problematica legata al veicolo ma al mio permesso di soggiorno. Sembrerebbe che un residente permanente in territorio russo non possa importare temporaneamente un’auto che non sia propria, esattamente come nel nostro caso. Il condizionale è d’obbligo perché ho avuto notizia di situazioni simili risolte diversamente in altre dogane e in altri momenti o nella stessa dogana semplicemente alla presenza di altro personale. In ogni caso questo aveva determinato il ritorno a Riga, e per il prosieguo del viaggio diventava determinante trovare un non russo con visto d’entrata in regola, con ingressi e uscite multiple e che potesse importare temporaneamente il veicolo. Snam, proprietaria della Toyota C-HR ibrida-metano, avrebbe dovuto modificare la delega notarile per consentire ad un mister X di portare in Russia l’auto in mia compagnia. Se al buon Roberto Chiodi fosse stato concesso il visto di entrata il problema sarebbe stato risolto, ma in epoca Covid entrano in pochi e i visti sono bloccati se non per i residenti o gli stretti familiari di cittadini russi. Grazie a molti italiani che vivono in Russia è partita una caccia all’uomo che ha portato a scovare Domenico, persona che si è rivelata una vera risorsa per la nostra spedizione.

Il nuovo compagno di viaggio

Domenico “Mimmo” Raguseo viaggia da quando è nato ed è una di quelle persone che esaurisce le pagine dei passaporti ben prima della scadenza naturale. Italiano nato in Germania, al momento residente in Slovenia per motivi di studio con una parte di vita trascorsa in Friuli. Grazie ad anni di lavoro in Australia ha anche il passaporto della terra dei canguri. Proprio dall’Oceania rientrò in Italia con un lungo viaggio a bordo di uno scooter nel 2014. Al momento frequenta la Russia sia per il fatto che ha la moglie nei pressi di Mosca e sia perché appassionato di calcio e anche la Russia, in queste settimane, ospita gli Europei. Grazie alla moglie riesce ad ottenere regolarmente il visto russo e grazie agli europei di calcio riesce a varcare il confine anche senza visto, grazie ai biglietti per le partite in suo possesso, fino alla fine della manifestazione sportiva. Entrambi i particolari saranno determinanti per la nostra spedizione, come la sua passione per la musica italiana anni ’80 è assolutamente compatibile sia con me che con le radio russe.

In attesa di Mimmo

Mimmo sarà a Riga solo venerdì nel primo pomeriggio e decido di usare nel modo migliore il tempo a disposizione. Visito l’officina VSM Serviss di Ainars Sirmelis, distributore di Landi Renzo in Lettonia. La struttura che gestisce installa impianti a metano, gpl e diesel-metano. Inoltre si occupa di pneumatici, rifornimento gpl, autolavaggio e con un piccolo carro bombolaio trasporta biometano. Nello spazio davanti alla propria officina ci sarebbe spazio anche per una stazione di metano e il sogno potrebbe diventare presto realtà. VSM Serviss si trova a Sigulda, una piacevole cittadina immersa tra natura e castelli a nord-est di Riga. È bello conoscere persone come Ainars che credono ed investono nel gas naturale. Una vera convinzione. dato che cinque anni fa in tutta la Lettonia c’era un solo punto di rifornimento di metano e non sempre funzionante.

I dilemmi di Fabio il vespista

La validità dell’ultimo tampone fatto a Milano mi permette di poter ancora varcare confini. Scelgo di sfruttare l’ulteriore tempo libero per andare verso sud e tornare in Lituania. A Siauliai è arenato il vespista Fabio Cofferati appena arrivato da Varsavia. Anche il suo obiettivo è quello di arrivare a Tokyo per i giochi olimpici sulle orme dello storico viaggio di Roberto Patrignani del 1964. Lui inquina molto più della nostra eco-auto ma allo stesso tempo con le restrizioni del Covid sta compiendo qualcosa di eroico, soprattutto con una vespa del 1963. Passiamo alcune ore assieme visitando la collina delle croci nei pressi di Siauliai. Al ritorno a Riga vengo riesaminato attentamente dalla polizia lettone che mi concede le consuete dodici ore, che poi diventeranno almeno il triplo per il transito verso la Russia.

Il secondo stop in dogana

L’aereo di Domenico arriva puntuale a Riga in un giorno festivo in terra lettone che mi rende impossibile fare un ennesimo tampone che sarebbe necessario se attraversassi il confine con la Russia dopo la mezzanotte. Dopo lunghe chiacchierate telefoniche è il primo incontro tra il mio nuovo compagno di viaggio e me. C’è sintonia e tante cose da raccontarci, cosa ottima visto il quantitativo di ore che passeremo assieme chiusi in auto. C’è anche ottimismo per il fatto che il viaggio prosegua fluido e pensiamo di arrivare in Russia già in serata. A Ludza, ultimo paese in Lettonia, sostiamo alla pizzeria Villaggio dove la signora Diana ci rifocilla come dei figli. La pizza nello stomaco sarà provvidenziale nel resistere alle lunghe ore a cavallo del confine. La parte lettone della dogana vola via in mezz’ora e per la seconda volta in pochi giorni mi trovo oltre la linea del confine ma non oltre la sbarra dove inizia la vera Russia. Si perde molto tempo per spiegare il perché del rifiuto precedente all’ingresso in Russia e quindi per giustificare le informazioni contraddittorie che via via escono dal computer delle serie impiegate doganali. Tutto sembra comunque procedere per il meglio, seppure lentamente. Siamo quasi allo scoccare della quinta ora e stiamo iniziando a mostrare tutto il contenuto della nostre valigie in un apposito hangar doganale quando una delle impiegate chiama Domenico e chiede chiarimenti su una vecchia Volvo importata in Russia precedentemente e mai uscita. Sembra che non si possano avere due auto contemporaneamente sul territorio della Federazione, ribadisco il sembra perché anche in questo caso sono a conoscenza di esempi dove questo è avvenuto. Retromarcia e di nuovo si torna in Lettonia dopo rapido annullamento dei timbri d’ingresso russi e lo stupore dei baltici che vedono per la seconda volta in pochi giorni la coloratissima auto tornare indietro. La polizia lettone decide di non infierire quando viene fuori anche il fatto che il mio tampone è scaduto. Ci areniamo a Ludza alle 2 di notte in una locanda appena riaperta dopo oltre un anno di fermo dovuto al Covid.

Operazione Leningrado

Sappiamo cosa fare, i russi ce lo hanno spiegato benissimo. La vecchia Volvo deve uscire dalla Russia se vogliamo che la Toyota entri. Il vecchio diesel deve lasciare posto alla nostra auto ecologica. Valutiamo come procedere e la soluzione più rapida è spostarsi a Narva, in Estonia, che dista 180 km da San Pietroburgo dove si trova la Volvo da far uscire dalla Russia. Otto ore di strada per raggiungere l’ultimo angolo di Estonia e di Unione Europea con l’obiettivo di organizzarsi bene per non accumulare ulteriore ritardo. Domenico varcherà a piedi il confine e tenterà con mezzi di fortuna di recuperare chiavi e auto per portarla in Estonia. Io mi occupo di trovare l’albergo e una sistemazione per lungo tempo per la Volvo. Rimangono delle incognite, come sperare che la Volvo riparta e che nelle due dogane per Domenico non ci siano problemi. Ricordiamoci che in tutto questo c’è anche il Covid e una pandemia in corso e dalla Russia all’Estonia non si entra ed esce come tra Italia e Slovenia nella piazza della stazione di Nova Gorica. Mimmo riuscirà eroicamente nell’impresa e all’una di notte sarà di nuovo in Estonia dopo essersi goduto pochi minuti della notti bianche che caratterizzano la ex Leningrado di questi tempi. Affittando taxi e contrattando con autisti riuscirà ad andare a San Pietroburgo con appena 25 euro. Nel frattempo a Narva arriva Fabio Cofferati con la sua vespa. È una visita per osservare la Russia dal balcone sul fiume che dà il nome alla città. Il suo viaggio sembra arenarsi per l’impossibilità di ottenere un visto russo. Prima di mollare vuole almeno vederla la Russia tanto agognata e necessaria per arrivare in Giappone.

Il tifoso perfetto e l’ingresso in Russia

Oltre che guardare oltre il fiume con Fabio ci regaliamo una bella cenetta. Per entrambi potrebbe essere il punto di arrivo dei rispettivi viaggi o l’inizio di qualcosa di nuovo. Parcheggiamo i veicoli e studiamo tutte le angolature possibili per le eventuali foto del nostro insuccesso qualora la mattinata in dogana del giorno dopo andasse male. In realtà si è accesa una speranza anche per Fabio. Domenico ha modo di tentare di fargli avere un biglietto per la partita del 2 luglio proprio a San Pietroburgo. Il tentativo è provare a fare entrare Cofferati e la vespa spacciandolo come tifoso di una delle squadre che si potrebbero qualificare per il quarto di finale. Raccontata così sembra una barzelletta ma nella realtà dei fatti la cosa funzionerà e il vespista emiliano riuscirà ad entrare in Russia con la carta di immigrazione che scadrà il 12 luglio, dieci giorni dopo la partita che non andrà mai a vedere. La vespa ottiene il permesso di entrate per un anno. Questo significa che se non interverrà una sanatoria come in occasione dei mondiali del 2018 che prorogò le scadenze dei permessi dei tifosi, Fabio dovrà lasciare la Russia tra due settimane, ma poi potrà riprendere il viaggio appena possibile dove parcheggerà la vespa. La dogana sul ponte che divide la estone Narva dalla russa Ivangorod si rivela un thriller anche troppo emozionante. Ogni passo avanti è motivo di soddisfazione. Gli estoni potrebbero chiedere perché Domenico nello stesso giorno – era l’una della notte – sia già passato da lì con un’auto, poi i russi potrebbero avere da dire sui nostri tamponi scaduti, sul fatto che nei passaporti abbiamo timbri di ingresso russi annullati due giorni prima ed infine accorgersi dei precedenti tentativi di fare entrale la nostra auto. Tutto viene spiegato e stavolta troviamo personale di dogana molto puntiglioso ma anche disponibile e comprensivo. Alla fine la vecchia vespa e la nuova C-HR entrano in Russia quasi contemporaneamente. C’è motivo di festeggiare e questo avviene sotto i cartelli dell’ingresso ad Ivangorod e in un “kafe” di Kingisepp, la città vicina dedicata allo storico rivoluzionario bloscevico estone Viktor Kingisepp. La Volvo rientrata nella notte dalla Russia ha intanto trovato ospitalità in una dacia di campagna non lontano da Narva. Anche questo è il risultato della collaborazione con Landi Renzo Polska che ha attivato le filiali baltiche che hanno portato Elena al nostro albergo e l’auto a casa dei suoi genitori. Un altro esempio di organizzazione perfetta.

A Mosca!

Salutato Fabio e separati i rispettivi cammini, abbiamo intrapreso la strada per Mosca dopo aver rifornito alla stazione di metano Gazprom di Tosno. La bassa pressione del rifornimento non ci permette di raggiungere con il gas naturale la lontana Tver’, costringendoci ad usare per la prima volta un poco di benzina. Ci eravamo abituati a rifornimenti straordinari nei self-service lettoni ed estoni, ma stavolta, nonostante nei paesi baltici arrivi lo stesso gas russo, qualcosa è andato storto. Poco dopo Tver’ dormiamo in un alloggio per camionisti. Sono le tre di notte e le emozioni della giornata ci consigliano di non chiedere ulteriori sforzi ai nostri provati fisici. Del resto a Mosca ci aspettano alcuni eventi e un temporale degno del diluvio universale. Proprio sotto una pioggia battente approfittiamo della scarsa attenzione delle forze dell’ordine per scattare qualche foto della nostra auto a ridosso della Piazza Rossa e della chiesa di San Basilio. La cronaca degli incontri avvenuti nella capitale russa e del successivo cammino verso Kazan’, il Tatarstan e i monti Urali saranno oggetto del racconto della prossima settimana.

Articolo pubblicato originariamente su TeverePost.it.

Guerrini e Olivoni senza punti all’Ecorally del Portogallo

L'area di partenza del rally

Non è stata una settimana fortunata quella appena trascorsa per Guido Guerrini e Francesca Olivoni, alfieri di Team Autotest Motorsport impegnati nel campionato mondiale FIA dedicato alle energie alternative. Già durante il trasferimento verso il Portogallo alcuni problemi tecnici avevano costretto l’equipaggio a cambiare auto riportando in Italia la Volkswagen Id.4 della scuderia a ventiquattro ore dall’inizio dell’evento. Grazie all’enorme aiuto degli organizzatori della gara, ma anche di altri concorrenti, è stata allestita una nuova automobile con cui cimentarsi nelle durissime prove che ogni anno riserva la gara lusitana. Pochissimo il tempo per provare il veicolo e nullo quello per la ricognizione delle prove speciali che, contrariamente a quanto precedentemente accaduto a Valencia e Český Krumlov, stavolta sarebbero state possibili.

Determinante la nebbia di Sintra

Decisive la prima e la terza prova speciale corse nella serata di venerdì nei pressi di Sintra, in notturna e caratterizzate da una forte pioggia e con nebbia che consentiva pochi metri di visibilità. Nessuno è uscito indenne da queste due prove speciali, con la differenza che coloro che conoscevano il percorso o avevano potuto fare attente ricognizioni hanno avuto una marcia in più al momento di percorrere quelle strade in velocità. La scarsa visibilità ha di fatto trasformato le prove a media in una corsa contro il tempo per non accumulare ritardi. In una situazione del genere hanno avuto maggiore fortuna le auto che potevano esprimere una maggiore potenza. Solo nove concorrenti hanno totalizzato meno di un minuto di penalizzazione e tra questi non c’erano gli unici italiani in gara. In alcuni casi si sono creati dei trenini di più concorrenti impossibiliti a superarsi.

Una gara in salita

A questo punto Guerrini e Olivoni erano già sprofondati in ventiduesima posizione con poche speranze di recupero. Si è optato per un cambio di strategia tentando di migliorare la classifica dei consumi sacrificando la regolarità, ma la scelta non ha comunque portato ai risultati sperati nonostante tra le piccole Renault Zoe quella a guida italiana abbia avuto il migliore risultato. Non sono mancati i ritiri e gli incidenti, come quello della coppia ceca Žďárský-Nábělek, che fino a prima della gara erano leader provvisori della classifica iridata. La seconda giornata ha visto l’auto di Team Autotest Motorsport tornare su tempi decisamente in linea con i migliori, ma quando ci sono i minuti a separare le posizioni di classifica diventa difficile tentare il recupero. La gara di Oeiras è stata comunque l’occasione per fare esperimenti e studiare nuove tecniche di gara e di minor consumo energetico. Complessivamente l’evento in terra portoghese rimane una delle gare ecologiche più belle e complesse del circus mondiale nonostante la difficoltà per i team italiani di ottenere buoni risultati, se non il terzo posto del 2019 di Team Autotest Motorsport con la coppia Fuzzy Kofler-Franco Gaioni. A favore degli organizzatori anche la scelta di modulare tempi di gara e di riposo in modo eccellente, affiancando la possibilità di visitare luoghi storici del Portogallo con l’assaggio della cucina tipica del luogo.

Podio iberico con auto coreane

Vince la regolarità e la classifica dei consumi, e di conseguenza anche la combinata FIA su Kia eNiro, la coppia formata da Eneko Conde Pujana e Lorenzo Serrano, che si prendono anche la testa del mondiale in solitaria. Al secondo posto i portoghesi Pedro Morais e Silvia Coutinho su Bmw I3 mentre terza la Kia eSoul degli spagnoli Marcos-Oiarbide. Grazie al quarto posto di Oeiras i baschi Foronda-Rodas su Volkswagen eGolf salgono al secondo posto della classifica generale. La classifica consumi conferma il dominio Kia con tutte le sette proprie auto classificate nelle prime dodici posizioni. Le uniche auto che sembrano insidiare la casa costruttrice coreana sono la compatriota Hyundai e le Bmw, oltre all’intramontabile vecchia eGolf. A parziale riscatto di Guido Guerrini e Francesca Olivoni il risultato sulle due prove su circuito cittadino che li ha visti a soli tre decimi dallo speciale podio per questo tipo di competizione, che non aveva validità Fia.

La situazione nel Campionato FIA

Le tre classifiche del campionato del mondo prendono la direzione della Spagna e della Corea del Sud dopo le prime tre prove mondiali. Anche qui una piccola buona notizia per il team italiano, ovvero il fatto di poter scartare uno “zero” come peggior risultato, dato che il regolamento della coppa del mondo permette a tutti i piloti e copiloti di togliere dalla classifica il peggior dato ottenuto. Ad oggi il quindicesimo posto del Portogallo consente a Guido Guerrini e Francesca Olivoni di poter sommare ai propri 21 punti tutti quelli che in futuro arriveranno.

Prossimo appuntamento, valido come quarta prova del mondiale energie alternative, la gara islandese che si svolgerà tra l’8 e il 10 luglio e sarà l’unica ad avere un quoziente doppio per l’assegnazione dei punteggi.

Lungo drive test e lunga trasferta per Guerrini e Olivoni che cercheranno punti per restare in corsa per il mondiale

La copilota Francesca Olivoni con la VW ID.4 di Team Autotest Motorsport

Tutti i migliori equipaggi della parte alta della classifica mondiale FIA saranno alla partenza della terza prova del campionato mondiale energie alternative in programma il prossimo fine settimana nella città di Oeiras, sulle rive dell’Atlantico nei pressi di Lisbona. Oltre a Guido Guerrini e Francesca Olivoni, terzi in classifica a 1,5 punti dalla testa del mondiale, unici italiani presenti grazie al sostegno di Team Autotest Motorsport, saranno pronti al via le due coppie leader della classifica, gli spagnoli Conde-Serrano e i cechi Žďárský-Nábělek. Torna in gara anche il campione del mondo in carica Artur Prusak, che farà da copilota al francese Alexandre Stricher, che due anni fa vinse la graduatoria iridata dei consumi. Attenzione anche ai baschi Foronda-Rodas, vecchie volpi del mondo delle energie alternative e al momento quarti alle spalle dei due italiani, e dal non sottovalutare i forti equipaggi lusitani che hanno sempre ben figurato in quella che è la gara più importante del campionato portoghese. Una gara che è stata spesso avara di soddisfazioni per gli equipaggi italiani, andati a podio solo nel 2019 con la coppia Fuzzy Kofler-Franco Gaioni, sempre per il Team Autotest Motorsport.

Il lungo drive test

Nei giorni che hanno preceduto il quarto Oeiras Ecorally del Portogallo, Team Autotest Motorsport ha utilizzato parte della lunga trasferta per effettuare un drive test finalizzato ad ottimizzare i consumi della Volkswagen Id.4 messa a disposizione da Auto Brenner. I risultati si sono rivelati interessanti, in particolar modo quello relativo alle reali percorrenze possibili con gli 82 kWh di batteria, dei quali 77 realmente utilizzabili. I rilevamenti sui consumi negli scorsi giorni hanno ulteriormente migliorato quelli raccolti nelle fredde giornate che hanno accompagnato la gara di Český Krumlov. Il dato sorprendente è che con un’andatura prduente la soglia dei 500 km con una ricarica viene spesso superata, mentre ad andatura veloce si va ben oltre i 400 chilometri, e ci si attesta a circa 300-350 schiacciando al massimo consentito l’acceleratore. L’obiettivo iniziale era riuscire a percorre l’intera distanza di 2.500 chilometri da Bolzano all’oceano Atlantico. In realtà l’equipaggio ha dovuto rinunciare al prestigioso traguardo per difficoltà incorse nell’attivazione di alcuni dei sistemi di ricarica, episodio che ha consigliato per prudenza di interrompere il viaggio a circa metà percorso. Quello che è successo è un classico imprevisto della mobilità elettrica che, ancora, nelle lunghissime percorrenze può evidenziare problemi se non si ha l’attenzione di effettuare tutte le dovute attivazioni. A contribuire alle difficoltà incontrate anche una giornata no per la funzionalità di alcune colonnine fast che hanno rallentato ulteriormente il percorso. Da evidenziare come le concessionarie Volkswagen abbiano sempre puntualmente sopperito al problema con professionalità, permettendo ogni volta alla Id.4 di ripartire carica e con soste di circa un’ora.

Guerrini mai a punti in Portogallo

Il mancato arrivo della Id.4 ad Oeiras va ad aggiungersi ad una serie di sfortunate partecipazioni del pilota vicecampione del mondo. Nel 2018 era navigatore di Artur Prusak quando un guasto agli strumenti di gara fece passare la coppia polacco-italiana dal terzo al nono posto (all’epoca andavano a punti i primi otto piazzati). L’anno successivo Guerrini guidava affiancato da Calchetti. Fino a metà gara guidavano la classifica quando un errore di start del cronometro lì fece scivolare all’undicesimo posto. Ancora più sfortunata la mancata presenza alla gara 2020 a causa della positività al Covid dello stesso Guerrini. “Ho un conto aperto con questa bellissima gara e intendo fare il possibile per invertire la tradizione negativa che ha caratterizzato le precedenti partecipazioni. L’inizio non è stato dei migliori ma resto ottimista nel provare per la prima volta a prendere punti nella gara portoghese”, racconta Guerrini appena giunto a Lisbona interrompendo per alcuni giorni il raid automobilistico Milano-Cortina-Tokyo a cui stava partecipando. “Sarà ancora una volta un’occasione di visibilità per i territori e gli sponsor che rappresentiamo lungo le tappe del nostro campionato”, dice la campionessa italiana energie alternative 2020 Francesca Olivoni. “Anche se orfani della nostra Volkswagen Id.4 ringraziamo gli organizzatori della gara per averci fatto trovare un veicolo sostitutivo che ci ha permesso di partecipare alla gara di Oeiras”, conclude la copilota toscana.