Giorno 132 – Torna a casa Hilux

25 ottobre 2018, Sansepolcro-Serralunga di Crea (597 km – Tot.35.445)

Gli effetti dell’ora legale si percepiscono bene negli ultimi giorni di ottobre, quando il sole alle 7 del mattino non è ancora sorto. Questa volta la Toyota Hilux alimentata a diesel-metano protagonista della Torino-Pechino si muove molto prima dell’alba per raggiungere il nord Italia per alcuni impegni che precederanno la fine ufficiale del raid in quel di Torino, prevista per venerdì 26 ottobre. Al terzo passaggio decidiamo di affrontare la E45 fino a Cesena e le precauzione prese dopo la partenza di giugno, quando evitammo questa strada, si rivelano giuste. Il quantitativo di cantieri aperti e di viadotti percorribili solo in una corsia è davvero elevato. Non sappiamo se la disgrazia di Genova influisca in tutto questo oppure no, ma di fatto la strada di grande comunicazione è un colabrodo e notevolmente peggiore del consueto. Dopo una cavalcata di oltre quattrocento chilometri siamo a Paderno d’Adda, presso la sede di Ecomotori.net, uno dei principali partner del nostro viaggio. Qui pranziamo con Nicola, Monica e Irene e ci scambiamo racconti relativi al viaggio e alla stagione ecomotoristica 2018 dove Nicola ha vinto il Campionato Italiano dedicato alle auto elettriche. I programmi futuri dell’Ecomotori Racing Team sembrano comprendere anche un ritorno in scena del metano proveniente da fonti rinnovabili, mentre gli altri segreti di questa operazione non li possiamo ancora svelare! Nel primo pomeriggio incontriamo presso la splendida cornice dell’Autodromo di Monza il giornalista e blogger Luca Carriera, redattore della rivista italiana in lingua russa “Ozero Komo”. Nata ormai cinque anni fa, la rivista che porta il nome del Lago di Como è un utile strumento per i lettori di lingua russa presenti in molte aree della Lombardia. Allo stesso tempo questa rivista raggiunge anche alcuni prestigiosi luoghi nelle principali città russe e permette di far conoscere l’Italia al pubblico estero. Luca coglie l’occasione per fare foto ed un’intervista sul nostro viaggio che potrebbe uscire in uno dei prossimi numeri di “Ozero Komo”. Dopo i ringraziamenti e i saluti di rito, eccoci riprendere il cammino per l’ultima meta di giornata, la sede di Ecomotive Solutions a Serralunga di Crea. La cittadina piemontese è anche la casa della nostra Hilux e non senza un pizzico di dispiacere affrontiamo il rettilineo della zona industriale che con ben altro spirito percorremmo oltre quattro mesi fa. Affrontiamo un primo giro di colloqui utili a definire l’impegnativo programma di domani per poi passare una serata tranquilla attorno ad una pizza, anzi una “pinsa”, davvero buona (Pizzeria Marcus, la citazione è ampiamente meritata), nel piccolo paese di Ozano Monferrato. A tavola con Bruno e Guido ci sono Sara, Teresita, Roberto e Alessandro, alcuni delle donne e degli uomini di Ecomotive Solutions che hanno fattivamente collaborato alla riuscita del progetto Torino-Pechino. Cenano con noi anche Walter e Sergio di autogas, azienda che si occupa della trasfomazione delle auto a benzina in gpl, metano, ma anche in versione dual fuel come la nostra Hilux. Inutile sottolineare che le dinamiche della Torino-Pechino sono state forte argomento di discussione a tavola, con alcuni racconti che vanno oltre quello che si è potuto leggere sui diari di bordo. Come ogni volta che passiamo dal Monferrato, in giorni infrasettimanali, si va a dormire presto e quindi torniamo al “Lanterna Blu”, stesso posto dove passammo la notte precedente alla partenza di Torino 132 giorni fa…

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale

VIDEO: Da Sansepolcro a Volgograd, un’avventura in dual fuel

È online una breve clip che ripercorre il viaggio compiuto dai membri dell’Associazione Torino-Pechino nel dicembre 2013 da Sansepolcro a Volgograd a bordo di un Iveco Daily dual fuel diesel-metano. Nelle immagini la lunga traversata dell’Europa orientale e l’incontro con i volontari dell’Associazione Giovanni XXIII in Russia.

7.507 chilometri, 24 giorni, 13 confini, 3 fusi orari, 2 bombe, una rivoluzione, un capodanno

Perfettamente riuscito l’esperimento di attraversare l’Europa d’inverno con un impianto dual fuel alimentato con metano e gasolio installato sull’Iveco Daily della Piccini Impianti.

Partito (in tre) lo scorso 13 dicembre e rientrato (in due) il giorno prima dell’Epifania, l’equipaggio valtiberino composto da Guido Guerrini, Giacomo Benedetti ed Emanuele Calchetti può finalmente stilare il bilancio della propria avventura, fortemente caratterizzata da eventi sociopolitici e attentati terroristici.
“Diventare testimoni delle bombe di Volgograd e della rivoluzione di Kiev non era nel programma di questo viaggio”, afferma ad inizio conferenza stampa il pievano Giacomo Benedetti, “ma senza dubbio ciò ha caricato di ulteriori forti emozioni questa esperienza che dovrà essere ricordata per i due motivi principali della nostra avventura: gli aiuti alla Comunità Giovanni XIII della città russa e il test drive sul veicolo ecologico messo a disposizione dalla Piccini Impianti”.
Proprio per portare un carico di vestiti invernali raccolti in Valtiberina e per consegnare vettovaglie in occasione delle festività natalizie era nato il progetto di questo viaggio invernale dell’Associazione Torino-Pechino che da anni si occupa si sostenere le realtà sociali incontrate nel corso dei propri viaggi. La meta era Volgograd, dove da anni opera la Comunità Giovanni XXIII fondata da Don Oreste Benzi. “Grazie alla collaborazione con Piccini Impianti si è potuto allestire il furgone dove abbiamo caricato i materiali consegnati lo scorso 19 dicembre; allo stesso modo abbiamo potuto testare positivamente il risparmio energetico ed economico e il minor impatto ambientale del nuovo impianto dual fuel commercializzato da Landi Renzo e Piccini Impianti, dimostrando l’affidabilità anche a temperature difficili come nell’inverno russo”. Sono queste le parole di Guido Guerrini, che evidenzia la propria “soddisfazione per essere riusciti a rifornire di metano il nostro veicolo anche in luoghi remoti come l’interno dell’Ucraina e la steppa del Kuban in Russia”.
Guerrini e Benedetti, dopo aver trascorso un piacevole capodanno a Odessa, hanno fatto ritorno alla loro case, mentre Emanuele Calchetti si tratterrà in terra russa dove proseguirà “sul campo” la collaborazione con l’associazione che localmente si occupa di assistenza ai senza tetto. “Non ho mai pensato di lasciare la Volgograd nonostante il clima che si è creato all’indomani degli attentati: ogni problema, anche il peggiore, può essere affrontato prendendo maggiori precauzioni e cercando di evitare rischi inutili, come stanno facendo gli oltre un milione di abitanti di questa città”, aveva detto all’indomani dei giorni più difficili Emanuele Calchetti.
Soddisfazione sia in casa Piccini Impianti sia per l’Associazione Torino-Pechino, visto che tutti gli obiettivi prefissati di questo viaggio sono stati raggiunti. Gli aiuti sono arrivati a destinazione, il veicolo e il sistema di alimentazione dual fuel che miscela gasolio e metano ha raggiunto dati di consumo assolutamente soddisfacenti, mentre ancora una volta il “Generale Inverno” è stato sconfitto dai prudenti guidatori dell’Associazione Torino-Pechino, che stabiliscono anche il piccolo record di essersi riusciti a rifornire di metano nonostante nei paesi attraversati esistessero ben tre tipologie diverse di aggancio al rifornimento del più pulito tra i combustibili ecologici.
Un ringraziamento particolare è stato rivolto dall’equipaggio a tutti coloro che hanno messo a disposizione i capi di abbigliamento portati in dono, ed in particolare a Bma di Marcello Brizzi ed “Io vivo in Toscana” di Nicola Cestelli, oltre che a Piccini Impianti e Galardini Gomme per l’allestimento del veicolo.

 

Ritorno da Volgograd – Giorno 1

Lasciamo Volgograd nel giorno più infame. Appena lasciata la città veniamo a sapere della strage della stazione.

Questa triste pagina di diario tiene solo marginalmente conto del grave fatto accaduto alla stazione ferroviaria della città dove abbiamo vissuto undici giorni. Nelle prossime ore pubblicheremo un resoconto solo su questo argomento cercando di esaminare il perché di questi episodi di violenza, che uccidendo innocenti non possono essere utili a nessuna causa.

Assieme alla nostra partenza arriva la parte più fastidiosa delle insidie del Generale Inverno, il ghiaccio. Da alcuni giorni le temperature erano scese, ma la spruzzatina di neve della giornata di ieri ha trasformato l’asfalto e i marciapiedi in superfici decisamente scivolose. Di primo mattino assistiamo a numerose scivolate di pedoni mentre attraversano al strada o aspettano il tram.
Tutto questo serve da monito ad una guida attenta, visto che le prime due ore di viaggio saranno accompagnate dall’oscurità, grazie all’abolizione dell’ora solare di cui abbiamo già parlato nel viaggio di andata.
L’ultimo atto in quel di Volgograd sono i rifornimenti di gasolio e metano a prezzi incredibilmente convenienti. Un litro di gasolio costa circa 0,65 euro, un metro cubo di metano appena 0,20! Per completezza di informazione: la benzina è attorno agli 0,67 euro e il gpl ben 0,33. Tra l’altro non mancano i distributori: nella zona di Volgograd ci sono tre stazioni di metano delle quali la più comoda è sulla tangenziale nei pressi del bivio per Rostov, la nostra direzione.

Comincia quello che sarà il nostro lungo viaggio di ritorno, che ci vedrà riattraversare tutta l’Ucraina, questa volta seguendo la costa del Mar Nero. Negli occhi e nelle orecchie ancora restano i saluti di Marco, Ruslan, Andrej, Jura, gli amici della casa che ci ha visto ospiti per undici giorni. L’ultimo saluto è quello di Dik, che ci regala l’immancabile leccata, massimo gesto di affetto nel mondo canino.

Emanuele scatta l’ultima foto del nostro Daily che parte dall’innevato parcheggio davanti a casa, e noi lo salutiamo dal finestrino nonostante la temperatura sconsigli il gesto. Ora, invece, non ci passa minimamente per la testa di muovere i finestrini: il rischio che il gelo blocchi il meccanismo di apertura è alto, come del resto sarebbe potuto succedere alle serrature del veicolo, sulle quali abbiamo spruzzato quotidianamente spray antigelo.

I primi 350 chilometri, lungo la M-21,  sono gli unici che coincidono on il viaggio di andata, con la differenza che stavolta li facciamo di giorno ammirando il panorama della steppa innevata che circonda la regione di Volgograd. È spettacolare riuscire a vedere il Don completamente gelato nei pressi del grande ponte di Kalač-na-Donu, che grazie al ghiaccio sulla strada percorriamo a meno di 30 km orari.
Proprio in questo momento, superato il Don, cominciano ad arrivare le notizie dell’attentato alla stazione di Volgograd. I primi sms arrivano dall’Italia, poi la radio russa annuncia il fatto, infine la conferma da Emanuele. L’argomento diventa il triste protagonista della nostra giornata e seguiamo in radio tutte le informazioni sulla cosa. Molti amici ci contattano per sapere se siamo coinvolti, ma almeno Giacomo e Guido sono ad oltre 150 chilometri dalla città. Emanuele invece era nei pressi della stazione, ma non è stato coinvolto se non nel vedere il terribile spettacolo poco dopo l’accaduto.

Alla fine della mattinata passiamo sulla M-4, la veloce strada che collega Mosca con il porto di Rostov-na-Donu, alla foce dell’omonimo fiume, dove effettuiamo il secondo rifornimento di metano. Lasciati Rostov e il suo fumoso traffico, che ci blocca per oltre due ore, facciamo passare sotto le nostre ruote gli ultimi chilometri di Russia presentandoci alla frontiera di Taganrog-Novoazovsk. Il confine è situato lungo la strada più diretta verso la Crimea ed Odessa, ma essendo decisamente lontani dall’estate non temiamo particolare file. Invece sbagliamo: dopo l’attentato alla stazione di Volgograd le misure di controllo a tutti i veicoli in uscita dalla Russia sono molto più attente e ci costringono ad oltre due ore tra fila e ispezioni minuziose al nostro veicolo.

Contrariamente al viaggio di andata, stavolta il confine ci permette di guadagnare due ore di fuso orario che in parte si compensano con il tempo perso in dogana. Siamo in Ucraina ed è buio pesto. La  prima considerazione è l’aumento della temperatura visto che tocchiamo i 4 gradi, che sono il record positivo del viaggio. La seconda è il peggioramento del manto stradale e la scomparsa della cartellonistica nei pressi della città di Melitopol. Il risultato è il perdersi dapprima nella città e successivamente nelle campagne circostanti. Alla fine recuperiamo la strada giusta dopo aver dissipato un’altra oretta. Arriviamo a Berdjans’k, città di sosta anche nella Roma-Volgograd 2011, dopo oltre 14 ore di viaggio e circa 750 chilometri di strada. Berdjans’k è una meta del turismo estivo e nonostante siamo fuori stagione ci permette di trovare un alloggio confortevole e un ristorante per un’ottima cenetta a base di vareniki e carne alla Stroganoff bagnati con vino georgiano della regione di Khaketi.
Esausti ci rifugiamo nelle stanze dell’Hotel Berdjans’k da dove domani tenteremo di raggiungere Odessa in un’unica giornata di viaggio.

Go West!

Partita questa mattina la spedizione di ritorno da Volgograd dell’Associazione Torino-Pechino

Dopo 11 giorni di permanenza a Volgograd, la ex Stalingrado, per due dei tre membri dell’Associazione Torino-Pechino, Giacomo Benedetti e Guido Guerrini, è arrivato il momento di ripartire. Emanuele Calchetti, invece, si trattterrà fino a meta marzo in terra russa continuando la collaborazione con la Comunità Giovanni XXIII che fino a questo momento ha ospitato tutto il team.
Per l’Iveco Daily della Piccini Impianti comincia un nuovo test di poco meno di 4.000 chilometri, finalizzato a capire se i buoni risultati, relativamente ai consumi, del viaggio di andata siano ripetibili. Un esito che ha lasciato positivamente stupiti anche tutti coloro che hanno scelto l’impianto Landi Renzo per questo viaggio inusuale e teso a dimostrare l’affidabilità del sistema che miscela gasolio e metano.
Il viaggio di ritorno si svolgerà lungo un itinerario più meridionale di quello dell’andata, seguendo la costa del Mar Nero, percorrendo una strada più lunga, ma allo stesso tempo meno problematica dal punto di vista delle temperature. Capodanno in movimento per Guerrini e Benedetti, con ogni probabilità nella città portuale di Odessa, in Ucraina. Nei primi giorni di gennaio, dopo aver attraversato Moldavia, Romania, Serbia, Croazia, Slovenia e mezza Italia, il Daily sarà di nuovo pronto per riprendere il normale servizio lavorativo, senza dubbio su tratte stradali meno impegnative.
“La scelta di un itinerario di ritorno differente non è solo legato alle condizioni climatiche meno proibitive, ma anche al proseguimento del censimento dei distributori di metano dell’ex Unione Sovietica” precisa Guido Guerrini, che aggiunge che “grazie al nostro lavoro è possibile mettere a disposizione informazioni per tutti coloro che con un’auto normale o un veicolo pesante vogliono raggiungere la Russia usando come combustibile principale il metano”.
Convinto della positività della propria esperienza pure il pievano Giacomo Benedetti, che sottolinea che “oltre quindici giorni tra Ucraina e Russia mi hanno aiutato a comprendere meglio questi paesi dei quali in Italia si parla davvero poco. È da sottolineare”, aggiunge, “come attraverso esperienze di vita quotidiana sia stato possibile entrare in contatto con molte persone del luogo, una ricchezza che solo viaggi come questo possono regalare”.
Per Emanuele Calchetti, che per la terza volta si tratterrà a lungo in terra russa, “è strano non essere a bordo dopo aver condiviso un viaggio d’andato ricco di momenti interessantissimi e divertenti, ma  altrettanto stimolante e arricchente sarà rimanere qui a Volgograd, che ormai è la mia seconda casa”.
Con la nuova partenza dell’equipaggio riprenderà la pubblicazione quotidiana del diario di bordo nei portali www.torinopechino.it e www.ecomotori.net.

Ritorno a Volgograd – Giorno 4

"Cinghiali" sul lago ghiacciato di Valki.

"Cinghiali" sul lago ghiacciato di Valki.

Cominciamo la nuova settimana tuffandoci nel traffico di Kiev per raggiungere, risalendo le rive del fiume Dnipr, l’officina Global, referente dell’azienda Landi Renzo per l’Ucraina. Qui abbiamo in programma un incontro con responsabili e meccanici che esaminano il nostro impianto Dual Fuel che mescola metano e gasolio. Non ci sottraiamo mai a questi impegni perché è sempre piacevole valorizzare la collaborazione con i rappresentanti dei nostri partner. Tra l’altro questa visita ci è utile perché nell’occasione ci viene messo a disposizione un adattatore che, a differenza di quello in nostro possesso, collega direttamente l’attacco italiano del nostro impianto alle pompe di metano in uso in Ucraina e in Russia.

Dopo le foto di rito e una chiacchierata sulla rivoluzione anche con i tecnici dell’officina, è il momento di fare un nuovo rifornimento di metano. Ci rechiamo in una desolatissima stazione dove probabilmente sono arrivati di rado (o forse mai) veicoli italiani ad energie alternative. Prima che il gasista si convinca a procedere alla ricarica dobbiamo dimostrare tramite il libretto di circolazione che il veicolo è correttamente alimentato a metano e che le tre bombole sono state opportunamente collaudate. Il nostro interlocutore esamina di persona le bombole stesse e infine effettua il lento rifornimento. Tale piccolo contrattempo non si era verificato nel precedente rifornimento ad Užgorod, data probabilmente la maggior frequenza di automobili straniere in una zona molto più vicina ai confini occidentali del Paese. Speriamo che anche il nostro viaggio, portando un veicolo occidentale in rotte ben poco consuete, contribuisca a far diminuire la diffidenza dei gestori delle stazioni di rifornimento.

Lasciamo infine Kiev attraversando il Dnipr, e non possiamo non ricordare come proprio le acque di questo fiume raffreddassero i reattori della centrale nucleare di Černobyl’, ubicata a meno di centro chilometri da qui. Imbocchiamo la strada M-03, che ci porterà verso il confine russo, distante ancora, nella rotta che intendiamo seguire, circa 850 chilometri. Nonostante un po’ di neve caduta in nottata, il clima odierno non è avverso e l’unica cautela è quella di prestare attenzione al ghiaccio e al consueto stile di guida “euforico” dei camionisti locali.

L’obiettivo della giornata è avvicinarsi alla città di Char’kov, i modo che, se il tempo non farà brutti scherzi, si possa raggiungere Volgograd nel giro di due giorni. Il nostro tragitto è come sempre allietato dalle radio locali che trasmettono spessissimo brani italiani, e non manchiamo di stilare una classifica in tempo reale degli artisti più gettonati: dopo due giorni di ascolto guidano questa “hit parade” Adriano Celentano e un Pupo più sorprendente del solito, davanti a Ricchi e Poveri, Umberto Tozzi e Al Bano e Romina. Ancora indietro cavalli di razza come Riccardo Fogli e Toto Cutugno, mentre per i Matia Bazar c’è la consolazione di una serie di cartelloni pubblicitari di un loro futuro concerto a Kiev (per i fans l’appuntamento è per il 9 febbraio).

Nei pressi di Poltava incontriamo un distributore di metano lungo la strada. Stavolta convincere il custode del punto di rifornimento ad autorizzarci a fare il pieno è più facile del previsto. Dopo pochi metri riusciamo anche a rabboccare il gasolio. Esaminando i dati di quest’ultimo tratto di strada, notiamo con sorpresa di essere riusciti con un’andatura costante a raggiungere un ottimo risultato: poco meno di 350 km con circa 18 litri di gasolio, pari ad una media di 20 km con un litro. Il consumo così buono, raggiunto grazie ai circa 15 kg di metano, ci fa supporre che il metano ucraino abbia un potenziale maggiore rispetto a quello con cui ci riforniamo in Italia. In definitiva, nei 350 km esaminati abbiamo “speso” circa 25 euro!

Lo stop della tappa odierna è 50 km prima di Char’kov, a Valki, paesino con un simpatico motel vicino alla strada principale. All’Ezers spendiamo 50 euro in tre per pernottare e cenare abbondantemente. Intanto il Daily è parcheggiato lungo le sponde di un lago completamente ghiacciato dove alcuni pescatori, nel buio della notte, si dedicano alla propria attività con la tecnica del buco sul ghiaccio.

La vicina statua di Lenin in perfetta salute, sulla piazza a lui dedicata lungo il viale omonimo, testimonia che siamo passati nell’Ucraina orientale, la parte abitata dai filo-russi e che vede positivamente la politica di Janukovič. Ricordiamo per l’ennesima volta che Lenin in questi contesti non è tanto un simbolo politico, quanto un segnale della presenza russa su questo territorio.

Non a caso anche la conversazione con le simpatiche e attempate cuoche si svolge esclusivamente in russo e i commenti delle tre donne sui manifestanti di Kiev e sulla richiesta di adesione dell’Ucraina all’Unione Europea sono ben poco benevoli. Continuiamo a chiacchierare mentre consumiamo pel’meni, carne, patate, birra e infine un pesante pirožok, la tipica pastella ripiena, tipico cibo russo che può essere ripieno di carne, patate, cavolo o, come in questo caso, frutta.
Sazi, ci ritiriamo a dormire presto per essere il più in forma possibile nelle ultimissime tappe che ci separano dalla destinazione.

Ritorno a Volgograd – Giorno 3

Sulla strada per Kiev con l'orso Misha.

Sulla strada per Kiev con l'orso Misha.L’hotel Europa di Brody è confortevole e pulito, ed è ubicato proprio nel centro della cittadina. Con i suoi 23.000 abitanti, oggi Brody è una sonnolenta comunità dell’Ucraina occidentale. Fino al 1941 era la città dell’ex Unione Sovietica con la più alta percentuale di popolazione ebraica. Con l’invasione nazista durante la Seconda guerra mondiale, gli Ebrei furono tutti deportati e quasi nessuno fece ritorno a casa. La toponomastica della città ci ricorda tuttora quest’importante presenza, mentre l’architettura ha subito la normale ricostruzione del dopoguerra alternando qualche edificio di valore storico con strutture funzionali ma bruttine.
Conoscevamo già la città di Brody grazie all’amicizia che ci lega a due ragazzi provenienti da questo luogo e che oggi abitano a Sansepolcro, i fratelli Vitalij e Viktoria Ivančuk, a conferma dell’importanza dell’amicizia con gli stranieri che vivono a Sansepolcro come occasione di scambio e di approfondimento culturale.

Il sabato sera a Brody non è il massimo della vitalità: diamo un’occhiata a due o tre locali presenti in centro ed optiamo per il ristorante Orion, collocato nella piazza centrale, vicino alla statua del poeta Taras Ševčenko. Dentro una grande sala arredata con quello stile un po’ trash che rimanda direttamente alla tradizione sovietica pasteggiamo insieme a una tavolata che festeggia un compleanno rallegrato da musica dal vivo. Veniamo ben presto coinvolti nei brindisi degli altri avventori che ci convincono persino a ballare le hit della tradizione locale, come la celeberrima “Kakaja ženščina!” (Che donna!). Intanto il brillante sessantenne Anatolij ci tesse le lodi delle poche ragazze presenti e si avventura in una digressione sul cinema citando il famoso (almeno nell’ex Urss) film italo-sovietico del 1973 “Una matta, matta, matta corsa in Russia”. Siccome il titolo originale è “Incredibili avventure di italiani in Russia”, Anatolij ride molto cambiandolo in “Incredibili avventure di italiani a Brody”. La nostra serata a Brody non si rivela così avventurosa, ma comunque ci divertiamo a calarci in una realtà decisamente insolita. Dopodiché, dopo 42 ore senza dormire, crolliamo in un indispensabile sonno ristoratore.

Più in forma che mai nelle prime ore del mattino, con temperature poco al di sotto dello zero, lasciamo Brody e ci incamminiamo lungo la strada M06 in direzione di Kiev. Nonostante qualche fiocco di neve che ci accompagna per tutto il percorso, i “cantonieri” ucraini hanno il merito di tenere questo tratto di asfalto in perfette condizioni. Scegliamo di consumare un caldo pasto nei pressi di Žitomir, dove facciamo amicizia con tre cani randagi a cui doniamo con piacere alcuni avanzi.

Recarsi a Kiev proprio oggi per certi aspetti può non essere la scelta più saggia: è infatti in programma una imponente manifestazione dell’opposizione al Governo, al culmine di una situazione di grande tensione politica che sta pesantemente agitando le città dell’Ucraina occidentale  da diverse settimane. Tuttavia domani mattina è previsto un incontro con i responsabili della sede locale dell’azienda Landi Renzo che ha realizzato il nostro impianto di alimentazione Dual Fuel e decidiamo di fare comunque tappa nella capitale. D’altra parte, al di là di qualche piccolo rischio, recarsi a capire di persona quello che sta accadendo a Kiev è per noi motivo di grande interesse, visto che le tematiche geopolitiche ci appassionano da sempre e sono uno dei motori dei nostri viaggi.

Prima di arrivare a destinazione, a circa 80 km dalla capitale, ci fermiamo a salutare un vecchio amico: si tratta dell’orso Misha, mascotte delle Olimpiadi di Mosca 1980, che figura in diverse grandi statue situate sulle arterie principali che conducono a Kiev. In particolare, questa statua è la stessa che benedisse il transito della Marea della Torino-Pechino nell’estate del 2008.

Giunti nella capitale prendiamo alloggio, anche per precauzione, in un hotel situato al di là del fiume Dnipr rispetto allo scenario centrale della manifestazione politica. Lasciamo il Daily ben protetto nel parcheggio dell’albergo e decidiamo di recarci con i mezzi pubblici verso piazza Majdan e i luoghi occupati dai manifestanti.

Approfondimento: la crisi ucraina

Riguardo alla crisi ucraina, va detto che forse la verità è più complessa di ciò che ci raccontano. I nostri media ci deliziano quotidianamente su quello che sta accadendo a Kiev, e spesso corrispondenze improvvisate dipingono le giornate di protesta con estrema semplicità e con grande leggerezza. C’è spazio per una sola chiave di lettura, quella di un popolo oppresso che si ribella ad una autorità lontana dai cittadini e fortemente repressiva. Le cose, probabilmente, sono invece un po’ diverse, e un cronista obiettivo dovrebbe almeno ricostruire la storia degli ultimi anni cercando di spiegare perché in Ucraina esista un’opinione pubblica spaccata in due.

L’Ucraina diviene indipendente nel 1991, contestualmente allo scioglimento dell’Unione Sovietica, ed è guidata per i primi anni da esponenti del vecchio Partito Comunista che all’improvviso diventano indipendenti, patriottici o nazionalisti. Nei primi anni i presidenti Leonid Kravčuk (1991-‘94) e Leonid Kučma (1995-2005) riescono a mantenere una politica di buon vicinato con la Russia, concedono l’uso della base navale di Sebastopoli in Crimea alla marina russa e conciliano le esigenze dei due popoli che vivono nel paese: gli ucraini che parlano ucraino, stanziati  prevalentemente nella parte nord-occidentale del Paese, e gli ucraini che parlano russo, concentrati soprattutto nell’area sud-orientale.
È della fine del 2004 la prima crisi che porta centinaia di migliaia di persone ad affollare le piazze della capitale Kiev, la cosiddetta Rivoluzione Arancione. Il tutto nasce dal risultato delle elezioni presidenziali che vedono il pupillo del presidente uscente Kučma, Viktor Janukovyč, sostenuto dalla Russia, prendere al primo turno gli stessi voti dell’avversario Viktor Juščenko, presidente della Banca Nazionale, finanziato dagli Stati Uniti. Russi e statunitensi sostengono alla luce del sole i rispettivi candidati. Al ballottaggio tra i due Viktor la spunta il filorusso Janukovič, ma immediatamente a Kiev scoppia il finimondo. Imponenti manifestazioni guidate da Jushenko e dall’alleata Yulia Tymošenko, la ricchissima magnate del gas, denunciano brogli elettorali avvenuti nell’est del Paese, Usa e Unione Europea non riconoscono le elezioni e la tensione in Ucraina sfiora la guerra civile. La Corte Suprema ucraina decide di ripetere le elezioni e stavolta vince il filo-occidentale Juščenko che nomina primo ministro Yulia Tymošenko. La Russia risponde alzando il prezzo del gas, da cui l’Ucraina dipende, e chiudendo le forniture, mettendo in difficoltà il nuovo governo incapace di trovare una soluzione.
Nei cinque anni di mandato presidenziale, Juščenko non riesce ad imporre la svolta europeista che i suoi sostenitori volevano, ed è addirittura costretto a silurare la Tymošenko e sostituirla con il rivale Janukovič, per poi permettere un secondo mandato all’alleata, che per un periodo governa addirittura con i voti di Janukovič e senza quelli di Juščenko. Il caos è assoluto e i governi sono via via sostenuti da maggioranze diversissime. Nei due anni che la coppia Juščenko-Tymošenko tiene il timone della nazione sono stipulati alcuni atti importanti, come la richiesta di adesione all’Unione Europea e alla Nato e un discutibile accordo di rinnovo dei prezzi del gas russo che la primo ministro stipula senza un mandato del governo ucraino. Proprio per quest’ultima operazione la Timoshenko è oggi sotto processo e agli arresti in ospedale.
Le successive elezioni presidenziali, nel 2010, vedono i tre protagonisti della politica ucraina sfidarsi tra di loro: al ballottaggio il filorusso Janucovič batte la Timoshenko, e stavolta la comunità internazionale riconosce i risultati. Nel 2012 si tengono le elezioni politiche, nelle quali il Partito delle Regioni di Janukovič vince con il 30% superando il blocco di Yulia Tymošenko, nel frattempo agli arresti per lo scandalo del gas, che si ferma al 25%. Entrano in parlamento pure i Comunisti (13%), alleati di Janukovič, il partito del pugile Vitaliy Klyčko (14%) e l’estrema destra nazionalista Svoboda (10%). La coalizione governativa ha 254 voti su 450 deputati totali. La composizione geografica del voto è come prevedibile geopolarizzata: il Partito delle Regioni e i Comunisti sono radicati nel sud-est del Paese e l’opposizione nel nord-ovest. È significativo il risultato dell’estrema destra, fortemente nazionalista e xenofoba, che polarizza tutti i suoi voti nelle aree al confine con Polonia, Ungheria e Romania.
Nasce così il governo Azarov, che guarda verso la Russia e poco verso l’Unione Europea. Il primo ministro apre trattative con il potente vicino e con la nuova unione doganale alla quale hanno aderito Russia, Bielorussia, Kazakistan, Tagikistan e Kirghizistan e alle cui porte si appresta a bussare anche l’Armenia. Per Europa e Usa questo è un colpo pesante, perché quella che si è data il nome di Comunità Economica Euroasiatica appare come una realtà sovrastatale pericolosamente alternativa all’Unione Europea. Questo passaggio compromette i piani di Usa ed UE, che negli ultimi anni erano riusciti a destabilizzare l’area attorno al Mar Nero, sostenendo le coalizioni antirusse presenti in Georgia e Moldavia.

Ad oggi Europa, Usa e Russia si divertono a soffiare sul fuoco. Un eventuale incremento dello scontro potrà portare solo al collasso della nazione, con un possibile smembramento in due aree, una pronta ad avvicinarsi all’Europa e l’altra fagocitata dalla Russia. Il litorale del Mar Nero, compresi Odessa e la Crimea, ed i bacini carboniferi di Doneck, Dnipropetrovsk e Charkov andranno verso la Russia, mentre la capitale Kiev e le regioni come la Galizia, la Volinia, la Podolia e la Rutenia saranno facilmente europeiste. D’altra parte anche il recente abbattimento della statua di Lenin a Kiev non è stata un’azione anticomunista con 22 anni di ritardo, ma la distruzione di un simbolo di vicinanza alla Russia. Non è un caso che nell’est dell’Ucraina si trovino statue di Lenin o della zarina Caterina, mentre ad ovest di solito il posto del padre della rivoluzione russa viene preso dal poeta Taras Ševčenko, colui che per primo usò la lingua ucraina nella letteratura.
Questa è la vera partita che si gioca in questo pezzo di Europa, uno spazio largo oltre mille chilometri da est ad ovest e oltre 500 da nord a sud, abitato da circa 55 milioni di persone. Un tempo era il granaio dell’Urss ed esportava grano nel resto della nazione, mentre oggi, grazie a scellerate politiche economiche, non produce neppure per il proprio fabbisogno ed è costretta ad importare il frumento! Le privatizzazioni degli anni ’90 hanno portato a concessioni agricole lunghe decenni a prezzi ridicoli, permettendo a molti italiani e francesi di produrre in Ucraina per rivendere in Europa. Alla faccia del chilometro zero.

Dopo questo approfondimento, è giunto il momento di recarsi a vedere con i nostri occhi costa sta succedendo a Kiev in queste ore…

Ritorno a Volgograd – Giorni 1&2

Attraversamento dei Carpazi in Ucraina

Attraversamento dei Carpazi in Ucraina

Venerdì 13 è una data che si ricorda bene: per molti è un giorno portatore di malasorte, per altri una combinazione fortunata. Per noi dell’associazione Torino-Pechino è la giornata dell’ennesima partenza per un viaggio all’insegna di ecologia, solidarietà e un pizzico di avventura. Già l’ampia partecipazione alla conferenza stampa organizzata presso la sede della Piccini Impianti è un ottimo risultato, ed oltre alle testate giornalistiche di Sansepolcro e della parte toscana ed umbra della vallata sono presenti anche gli amici Monica e Nicola di Ecomotori, arrivati da Milano proprio per noi.

Dopo i pieni di metano e gasolio presso la stazione di rifornimento “Piccini”, alle ore 12 ha inizio il lungo cammino che porterà l’Iveco Daily fino alla lontana Volgograd. La prima sosta è già a Forlì, per caricare i regali di Natale che i responsabili della Comunità Giovanni XXIII e i familiari del gestore del centro di Volgograd Marco Giovannetti hanno preparato per riempire ancora di più il nostro furgone della solidarietà.
All’interno del Daily non ci sono però solo regali, ma pure capi di abbigliamento pesanti per i senzatetto, messi a disposizione dalla BMA di Marcello Brizzi e da “Io vivo in Toscana” di Nicola Cestelli. A tutto questo si aggiungono vini e vettovaglie sempre per le festività della succursale di Volgograd dell’associazione di volontariato.

Nicola e Monica ci scortano fino a Bologna, e dopo i saluti di rito puntiamo dritti verso il nord attraversando la pianura Padana. Primo riferimento per i nostri consumi è il distributore di metano di Porto Marghera. Confrontando telematicamente i nostri dati con quelli di Andrea Mercati, detto Toro, l’uomo che ci ha preso in custodia per conto della Piccini Impianti, già possiamo notare come il nostro stile di guida sobrio e attento al risparmio di energia abbia fatto registrare una sostanziale parità tra il consumo di gasolio e metano.

Sotto le nostre ruote scorrono gli ultimi chilometri d’Italia alternando la nebbia del Veneto e del basso Friuli al cielo stellato della Carnia e del Tarvisiano. Il secondo rifornimento è in terra austriaca, nella capitale della Carinzia Klagenfurt. Si tratta del primo test per il nostro adattatore che rende l’attacco del sistema italiano compatibile con quello europeo. In Austria troviamo la benzina a circa 1,50 euro, il gasolio a 1,45, il metano a 1,06 a metro cubo e il gpl a 0,9 al litro
Nei pressi di Graz tocchiamo il chilometro numero 730 e subito dopo, in mezzo ad una terribile nebbia che ci delizierà per l’intera notte, siamo in Ungheria. La cattiva visibilità ci dà tregua solo dentro Budapest, che attraversiamo alle 4 del mattino: qui ci riforniamo per la terza volta di metano e gasolio presso il distributore, a dire il vero non logisticamente comodissimo, situato al di là del ponte sul Danubio, che abbiamo attraversato in pieno centro cittadino, a quell’ora deserto. I prezzi ungheresi sono pressoché identici a quelli austriaci, e in entrambi i Paesi rifornirsi fuori dall’autostrada significa spendere anche 20 centesimi in meno al litro su benzina e gasolio.

All’orizzonte appaiono le luci dell’alba e la notte di guida, oltre alla fastidiosa nebbia, si avvia alla conclusione. Facciamo colazione nei pressi del confine tra Ungheria e Ucraina, per poi apprestarci ad intraprendere le operazioni doganali con un pizzico di ansia, vista la grande mole di cose che popolano il retro del Daily. Pochi minuti sono sufficienti per soddisfare la curiosità della polizia ungherese, non troppo interessata a ciò che portiamo fuori dall’Unione Europea. Eccoci oltre il ponte sul fiume Tisa, storico confine un tempo tra magiari e sovietici, oggi tra magiari e ucraini. Siamo nelle grinfie della polizia della giovane repubblica: polizia che in passato ci ha più di una volta creato problemi, arrivando pure ad estorcerci piccole somme. Stavolta abbiamo a che fare con personale giovane e capace di parlare addirittura italiano! Aprono scatoloni per verificare il contenuto, ma la rassicurazione che tutto quello che vedono andrà in Russia e non in Ucraina serve a facilitare le cose. I doganieri sono molto colpiti e forse affascinati dal nostro cinghiale Bruno e dalla mascotte aggiunta “Čeburaška”, personaggio molto popolare nell’ex Urss e che abbiamo sia   in versione pupazzo che come adesivo sul furgone.

Passiamo il confine in appena un’ora, a cui va aggiunta quella persa a causa del fuso orario.
Dopo lo scalo ferroviario di Čop, e dopo aver constatato il cambio dell’alfabeto nella cartellonistica stradale, con il cirillico che sostituisce o affianca il carattere latino, si entra a Užhorod, cittadina di medie dimensioni e posto di frontiera con la vicina Slovacchia. Raggiungiamo uno dei due distributori di metano nella “tangenziale” e in meno di 24 ore ci apprestiamo a fare rifornimento con il terzo sistema di aggancio al veicolo differente. Qui si usa quello “sovietico”, che chiamiamo in questo modo perché è comune anche alle altre repubbliche dell’ex Urss. Non esiste in commercio un adattatore che renda compatibile questo sistema e quello italiano e/o quello europeo, ma è grazie ad un amico di Cesena, che spesso si reca in Ucraina, che siamo in possesso di un adattatore artigianale che permette la compatibilità con il nostro rifornimento. Tanto per generare invidia a chi ci segue: in Ucraina la benzina costa circa un euro, il diesel 85 centesimi, il gpl 55 centesimi e il metano 60 centesimi (però a metro cubo e non al kg!).

Va sottolineato che in Ucraina è assolutamente normale vedere auto, bus, mezzi militari, camion alimentati a metano o gpl. La cultura del combustibile gassoso è radicata negli anni ed esiste una rete molto sviluppata che in Occidente è praticamente sconosciuta.

Abbeverato in forma estremamente economica il nostro veicolo ci avviamo verso l’ultima difficile prova, il superamento dei Carpazi. Non sono le altitudini a preoccupare, ma piuttosto la pesante nevicata degli scorsi giorni. La strada è in buone condizioni e la neve è accumulata sui lati della carreggiata. La scelta d affrontare questa prova nelle ore più “calde” della giornata ci permette di evitare che la strada bagnata si trasformi in strada gelata. Vedere questa regione montuosa colorata di bianco in questa giornata soleggiata ci consente di ammirare dei panorami montani davvero gradevoli. Ed è questo uno dei motivi che ci spinge a fermarci per il pranzo, dopo appena 24 ore consecutive di viaggio: menù a base di piatti della tradizione locale con birre russe ed ucraine, anche analcoliche per chi deve ancora guidare.

Il cammino prosegue e quando arriviamo nei pressi dello scalcinato anello stradale che prova a migliorare la circolazione attorno a Leopoli siamo sorpresi dal buio. Ancora 80 km di fatica per raggiungere la cittadina di Brody, dove decidiamo di pernottare e finalmente riposare. Ormai siamo ad appena 450 chilometri da Kiev, obiettivo della giornata di domani.