Giorni 119 e 120 – Alcuni numeri sul viaggio (in attesa di tornare a Torino)

12-13 ottobre 2018, Sansepolcro (km. 0 – tot. 34.848)

Il primo giorno di completo riposo è caratterizzato da una lunga, meritata, dormita. Il compito principale del nostro viaggio è concluso ed è tempo di fare bilanci su tutto quello che è successo in questi quattro mesi di viaggio. Prima di questo è giusto ricordare che la definitiva conclusione dell’avventura sarà il ritorno a Torino che avverrà nei prossimi giorni. Restiamo in attesa di definire la data esatta in cui potremo di nuovo incontrare Sindaca e Presidente del Consiglio Comunale e raccontare personalmente gli esiti del nostro viaggio. In attesa di questo siamo in grado di comunicare alcuni dei numeri del viaggio, almeno fino alla sosta di Sansepolcro. I dati sono relativi a circa l’80% dei rifornimenti analizzati.

34.848 sono i chilometri percorsi nella Torino-Pechino e 5.843 quelli percorsi nel prologo.

40.691 sono i chilometri complessivi di tutta l’avventura.

33.290 sono i chilometri percorsi in dual-fuel (82%).

7.401 sono i chilometri percorsi usando solo il gasolio (18%).

18,50 è il consumo medio sulle lunghe percorrenze in dual fuel.

11,31 è il consumo medio sulle lunghe percorrenze solo gasolio.

Costo di una percorrenza di 1000 km a diesel metano (usando i prezzi italiani come riferimento): (54,05 litri x 1,5 euro) + (18,9 Kg metano x 1,00) = 81.08+18.9= 99.98

Costo di una percorrenza di 1000 km solo a Gasolio (usando i prezzi italiani come riferimento): (88,41 litri x 1,5 euro) = 132.63

Differenza di costi – 32%

Risparmio economico su 40.000 chilometri tenendo conto del prezzo medio del carburante in Italia: 1306 euro.

Stati sovrani attraversati dal viaggio: 26 (in ordine di transito, Italia, Svizzera, Francia, Lussemburgo, Belgio, Spagna, Portogallo, Slovenia, Austria, Germania, Rep.Ceca, Polonia, Lituania, Lettonia, Russia, Corea del Nord, Cina, Mongolia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, Estonia, Slovacchia, Ungheria, San Marino). Confini attraversati: 44

Giorno 55 – Verde Mongolia

9 agosto 2018

Team1: Erofej Pavlovic-Arej (km. 975) – Tot. 18.171

La sveglia del telefono suona ancora nel fuso orario di Vladivostok, quindi un’ora prima. Ci accorgiamo della cosa quando abbiamo già portato le valigie in auto e quindi di fatto partiamo in anticipo rispetto al programma. Ieri sera avevamo deciso di regalarci un’oretta in più di sonno, ma nei fatti questo non è avvenuto. Lasciamo lo sterrato che collega Erofej Pavlovich con la “Avtodoroga P-297” e riprendiamo la marcia verso ovest. Il tratto che affrontiamo oggi è quello che alcuni siti di viaggio inglesi chiamano “Zilov Gap”. Come già raccontato in precedenza fino a quindici anni fa questa parte di strada non esisteva e l’Unione Sovietica prima e la Russia poi erano divise in due. Unica cerniera era la Ferrovia Transiberiana. Nel 1995, un gruppo di motociclisti americani che si faceva chiamare “Moto Enduro”, capitanato da Austin Vince, protagonista di numerose trasmissioni Tv anglosassoni dedicate ai viaggi estremi, fu protagonista  di una singolare avventura. Nel loro giro del mondo in moto decisero che sarebbero riusciti a superare lo Zilov Gap. All’epoca la parte non esistente si limitava ai circa 600 chilometri da Chernyshevsk a Skovorodino. I bikers erano convinti che usando alcune stradine di manutenzione della ferrovia e altri collegamenti nei campi tra i vari villaggi sarebbero potuti in qualche modo passare. Il ragionamento in parte era giusto, ma restavano i circa trenta guadi, di cui almeno due molto più profondi dell’altezza di un uomo, e tutte le zone di fitta vegetazione e altre eternamente acquitrinose e paludose. Il ritmo era di meno di tre chilometri al giorno. La leggenda narra che dopo circa 300 chilometri le moto fossero ormai inutilizzabili e che grazie ai lavoratori di una miniera furono rimesse in sesto. Altri cento chilometri, e i nostri eroi rinunciarono all’impresa caricando le moto sul treno. Peccato che in realtà mancassero solo un paio di valli e poi avrebbero potuto seguire il fiume che passa proprio da Erofej Pavlovic e da lì raggiungere facilmente la strada vera a Skovorodino. Va precisato che la P-297 percorre 2165 chilometri completamente nuovi, evitando di sovrapporsi ai tratti di strada precedentemente esistenti, anzi spesso allontanandosi molto dal precedente percorso.

Nel frattempo i due team della Torino-Pechino riescono a sentirsi telefonicamente e organizzare l’incontro al confine russo-mongolo che avverrà domani tardo pomeriggio. Il fatto che Andrea e Claudia arriveranno in treno a Sükhbaatar definisce l’ultimo dubbio stradale di Guido e Bruno, ovvero da quale confine entrare in Mongolia. La scelta di fatto cade su quello di Kjachta, già attraversato nel viaggio del 2008 e che permette di percorrere molti chilometri in Russia su strada migliore delle piste mongole. Queste ultime non mancheranno di essere protagoniste della parte di viaggio successiva.

In tutte le poche stazioni di rifornimento presenti ci sono file molto lunghe visto che molti automobilisti non possono aspettare quelle successive a cento o duecento chilometri di distanza. Questo fatto ci fa apprezzare ancora di più la presenza del diesel-metano che ci permette di sostare per rifornirci di gasolio ogni 1400-15000 chilometri invece dei consueti 700-800 che il nostro veicolo senza metano avrebbe come autonomia.

La nota di colore più interessante di oggi è il verde imperante in ogni valle che attraversiamo e che caratterizzerà i prossimi giorni in Mongolia. Del resto proprio il verde dei boschi, dei campi, oppure dei pascoli è il colore che domina nel paese mongolo. Durante il viaggio di andata la pioggia e la nebbia disturbarono notevolmente la possibilità di apprezzare il paesaggio, ma oggi il sole e un cielo magnificamente azzuro ci regalano paesaggi spettacolari. Bruno più volte chiede e ottiene il permesso di fare piccole passeggiate nei verdi prati che circondano la strada.

Tra i vari caffè Rosneft e il pranzo a Chernyshevsk, a metà pomeriggio gli oltre 2100 chilometri della P-297 sono finalmente terminati con l’ingresso a Cita e le relative foto commemorative. Un brutto episodio accade nella specie di tangenziale che bypassa la città. In una zona transennata per impedire ai pedoni di invadere la carreggiata riservata alle auto, una signora anziana viene centrata da un motociclista. Va peggio alla signora che termina la propria vita sull’asfalto della tangenziale di Cita. Si tratta del primo incidente mortale a cui assistiamo dopo averne osservati almeno altri quattro dove non c’erano morti e neppure feriti gravi. Il fatto ci turba e ci fa ricordare l’importanza della prudenza in ogni situazione.

Forse è proprio per prudenza che il viaggio di oggi si ferma ad Arej, circa 230 chilometri dopo Cita e meno di 100 dall’altra città, Chilok, che poteva essere l’obiettivo di giornata. I chilometri alla frontiera di domani sono circa cinquecento, percorribili senza problemi per consentire il passaggio del confine nel pomeriggio. L’alloggio nel piccolo albergo lungo la strada non è certo il migliore di quelli dove siamo capitati, idem per il kafé del piano terra, ma la notte incombe e il numero elevato di animali vaganti incontrati nell’ultimo chilometro, in particolare mucche e cavalli, fa propendere per evitare inutili rischi.

Team 2: arrivo a Ulanbator
Il risveglio di Andrea e Claudia all’alba è reso lieto dal panorama fiabesco del deserto del Gobi che scorre sotto le rotaie del treno: mandrie di mucche, cavalli allo stato brado e le yurte, tipiche tende dei nomadi mongoli.
Sono le 9:30 quando il treno entra nella stazione di Ulanbator, molto affollata di gente e mercanzie varie. Dopo un breve confronto telefonico con il capospedizione Guido il team2, considerata positiva l’esperienza dell’appena trascorsa trasferta di 14 ore, prontamente acquista due ulteriori biglietti per raggiungere l’indomani la città di Sükhbaatar, meta definita per il ricongiungimento con il team1.
La giornata ad Ulanbator è dedicata al riposo ed alla visita dei principali siti della città tra cui il tempio di Gandan dove è custodita una imponente statua di Budda alta ben 26,5 metri.
Per la sosta Andrea e Claudia hanno scelto Wonder Mongolia, una graziosa guesthouse nei pressi del centro cittadino.
Ulanbator si conferma una capitale, come dieci anni fa, proiettata al turismo ed agli investimenti esteri. Tanti sono infatti i turisti occidentali incontrati in centro città.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– Per la prima volta nella storia di Erofej Pavlovic due turisti, Guido e Bruno, tornano appositamente per dormire e mangiare in questa non ridente cittadina.

Equipaggio del giorno:

Team 1: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale

Team 2: Andrea Gnaldi, Claudia Giorgio

Giorno 52 – Giochi con le frontiere

6 agosto 2018

Team 1: Hunchun-Ussurijsk (tratto in auto Kraskino-Ussurijsk 201 km) – Tot. 15.074

Il tempo di una rapidissima colazione ed una non meglio precisata amica di Mr. Wang preleva Guido dall’albergo per accompagnarlo alla stazione di confine tra Cina e Russia. Per questa missione non viene chiesto alcun compenso, cosa abbastanza strana da queste parti. Guido viene lasciato davanti al cancello che aprirà alle 8 del mattino dell’ora di Pechino, corrispondente alle 10 di Vladivostok. Questo significa che perderà, anche nella migliore delle ipotesi, almeno due ore. Alla fine del percorso di attraversamento le ore perse saranno ben otto… L’attesa è allietata dall’alzabandiera cinese e una serie di canzoni nella lingua locale, tra cui si riconoscono le melodie di “Bella Ciao” e de “L’internazionale”.

Il primo atto è una parziale ripetizione del problema di martedì scorso sull’altro lato del confine: “A piedi non si può entrare”, spiega mimando il soldato cinese di guardia. Infatti la regola prevede che l’unico mezzo con cui si può passare il confine è l’autobus. La prima corriera si presenta puntuale in frontiera, ma è netta anche la risposta alla richiesta di salire a bordo. “Sold out” viene ripetuto riguardo ai primi dodici autobus. Due ore dopo Guido riesce a salire sul tredicesimo, pagando la bellezza di 190 yuan, pari a circa 25 euro, ottenendo in cambio anche l’animazione nel bus e l’assistenza per compilare i moduli di confine. Tutto in cinese, naturalmente. Cina e Russia sono ai primi posti nel mondo nel riuscire a burocratizzare tutto, forse anche per questo la fila dei bus scorre a rilento in una dogana aperta appena otto ore al giorno, senza pausa pranzo, come recitano i cartelli. Mentre noi siamo a cavallo del confine in attesa che i russi alzino la sbarra, dalla stazione di frontiera cinese arrivano turisti, accompagnati da militari, per fare foto sulla linea di confine assieme al cippo che segnala dove finisce la Cina e inizia la Russia. Qualcuno si spinge a salire sulla linea rossa disegnata nell’asfalto che in teoria non dovrebbe essere superata.

Finalmente siamo nella parte russa del confine, dove Guido gioca in casa e non solo perché riesce a capire qualcosa di più rispetto al cinese. Si presenta al cospetto degli stessi doganieri protagonisti dei fatti legati al primo transito da qui, e sorprendentemente tutti manifestano interesse sul come sia andato il nostro viaggio fino a Pechino. C’è cordialità e forse anche un pizzico di dispiacere per aver costretto il nostro viaggio a modificare l’itinerario. Una doganiera di grado maggiore prende Guido in disparte e mostra una cartina con tutti i posti di confine della regione, confermando l’attuale chiusura alle auto anche di quelli fluviali. Viene mostrata, a circa cinquanta metri dalla attuale strada per i bus, la struttura semi-abbandonata che serviva al traffico automobilistico quando era permesso. Viene confermata la probabile riapertura in vista della estate 2019.

Di fatto questo gioco con gli autobus è un business notevole. Considerando i 25 euro a testa da entrambi i lati e il numero di passeggeri giornalieri si capisce chi spinga a mantenere lo status quo di una decina di luoghi come questo. Tutti i turisti cinesi e russi che varcano il confine sono costretti a farlo con questo sistema, arricchendo chi gestisce il traffico dei bus.

Lasciando la dogana notiamo che sono fermi prima della sbarra che separa la Russia dall’area di confine sei fuoristrada con targa cinese che si trovano nella stessa situazione capitata a noi. Vengono dal confine di Zabajkalsk-Manzhouli, l’unico al momento aperto al traffico veicolare. Dopo aver girato attorno a tutta la Manciuria saranno costretti a rifarsi tutto il percorso a rovescio o imbarcare i veicoli a Vladivostok. Pazzesco che non siano stati informati di questo neppure alla loro frontiera di ingresso tra Cina e Russia.

A causa del fuso orario il festoso ricongiungimento tra Guido e Bruno avviene a metà pomeriggio. Il tempo di recuperare il nostro amato veicolo nel caro parcheggio dell’albergo, cambiare denaro e sistemare i bagagli e siamo pronti a partire evitando di investire il migliaio di cinesi che popolano Kraskino in attesa che un nuovo pullman, dopo quello del confine, li porti fino a Vladivostok. Ancora con l’ausilio del diesel-metano percorriamo rapidamente i circa duecento chilometri che ci separano da Ussurijsk, sede odierna di tappa. L’Hotel Nostalgy ci rivede dopo appena dodici giorni e siccome l’ospitalità e la cena furono buone abbiamo pensato di ripetere l’esperienza, utile a rimettere in ordine le idee in vista delle prossime lunghe giornate. Avevamo valutato di raggiungere, circa cento chilometri più avanti, l’interessante Hotel Fort Cement a Spassk-Dalnyj, ma il rischio di non trovare posto ci ha fatto desistere. Il problema principale dei prossimi giorni sarà, oltre che gestire le energie, anche trovare posti per dormire nei rari hotel lungo il percorso. L’unico reale vantaggio di aver percorso questa strada due settimane prima è conoscere gran parte di quello che ci aspetta.

Team 2: Pechino
Dopo aver invocato aria fresca per una settimana circa, una leggera pioggia inaugura la penultima giornata pechinese, quella che da programma doveva essere dedicata alla visita della Grande Muraglia, una delle sette meraviglie del mondo. Dopo qualche momento di esitazione, i componenti del team 2, Andrea e Claudia, decidono ugualmente di affrontare le circa tre ore di spostamenti che li separano dal sito turistico, pur non sapendo se le condizioni meteorologiche consentiranno loro di godere appieno dell’escursione. Fortunatamente, il cielo nuvoloso non impedisce la visione del “gigantesco Drago” che si snoda per oltre sei mila chilometri lungo quello che un tempo era il confine settentrionale dell’impero. La visione è senza dubbio spettacolare, nonostante il sito scelto per l’escursione, quello di Badaling per l’esattezza, sia uno dei luoghi più affollati del pianeta! L’area è meta soprattutto di un turismo locale, ma nonostante le migliaia di persone e qualche inevitabile fila, l’organizzazione degli spostamenti con mezzi pubblici risulta molto economica ed efficiente, con autobus che collegano Pechino e Badaling in partenza a ciclo continuo.

Al rientro in città, Andrea e Claudia incontrano per l’ultima volta Mr Wang, che li supporta nell’acquisto dei biglietti dell’autobus che l’indomani li porterà al confine fra la Cina e la Mongolia, un viaggio di circa dieci ore fino alla cittadina di Erenhot. Da qui, il nostro team 2 proseguirà il giorno successivo verso la capitale Ulanbator.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– A Kraskino il flusso di cinesi ha portato ricchezza. Per un paese di appena tremila abitanti l’apertura del confine ha permesso la nascita di posti per dormire, per mangiare, negozi improbabili di cose russe in vendita per cinesi, taxi, autobus ecc…

Equipaggio del Giorno:

Team 1: Guido Guerrini e Bruno Cinghiale

Team 2: Andrea Gnaldi e Claudia Giorgio

Giorno 40 – Finalmente l’oceano!

25 luglio 2018, Ussurijsk –  Isola Russkij – Vladivostok (165 km) – Totale 14.550

La giornata che ci vedrà raggiungere Vladivostok inizia con la pessima colazione dell’Hotel Nostalgy e con le ormai classiche lentezze per la registrazione dei nostri visti. Approfittiamo per andare a fotografare alcune delle principali attrazioni di Ussurijsk che avevamo osservato la sera precedente con il buio. Riprendiamo la A-370 con la massima tranquillità visto che il mare non è poi così lontano.

Avvicinandoci a Vladivostok invece del mare cominciamo a scorgere la nebbia. Avevamo letto che in questa zona, nei mesi estivi, la nebbia è un fenomeno particolarmente intenso e che le varie insenature sono tutte caratterizzate da una scarsa visibilità. Se questo è un bene per nascondere navi e sommergibili militari, non è il massimo per noi che vorremmo valorizzare con belle foto questo momento. Il primo dei tre importanti ponti che attraversiamo è quello che serve alla A-370 per superare il Golfo dell’Amur. Il ponte è immerso nella nebbia ma tutto sommato visibile, non come il resto della strada che gira attorno a Vladivostok, dove nelle varie salite e discese attorno alla città si arriva quasi alla completa non visibilità della strada. Vladivostok sorge su una insenatura circondata da alcuni fiordi molto frastagliati, come del resto la terra tutto attorno, isolotti compresi. Diventa facile perdere l’orientamento attraversando il promontorio dove sorge la città, anche per il fatto che il mare compare e scompare sia sulla destra che sulla sinistra. Alla fine del promontorio si attraversa lo stretto del Bosforo Orientale (nome che ricorda Istanbul) con un audace ponte di oltre tre chilometri con una campata centrale di 1.104 metri, la più lunga al mondo. Il ponte ha unito il promontorio di Vladivostok con l’Isola Russkij, che fino a poco tempo fa era un luogo militare usato dall’esercito russo per controllare il traffico attorno all’importante città. Il ponte è alto 70 metri sul livello del mare, ma noi non riusciamo a vedere nulla poiché avvolti nella coltre di nebbia. Nell’isola sorge una importante università e vivono meno di cinquemila abitanti. Incuriosisce la presenza di un ponte che sicuramente è costato cifre enormi per un collegamento non troppo strategico.

La bella strada che attraversa l’isola diventa piccola e sterrata dopo circa dieci chilometri. Da qui decidiamo di scendere sotto la nebbia per raggiungere l’acqua del mare e per poter immortalare in foto e video questo storico momento. Tocchiamo finalmente l’Oceano Pacifico e ce ne prendiamo una bottiglia, come avevamo già fatto in Portogallo con l’acqua dell’Atlantico. Dopo un mese e mezzo di viaggio abbiamo unito Lisbona a Vladivostok, primo obiettivo che la Torino-Pechino si era prefissata. Da Torino i chilometri percorsi sono 14.599, da Lisbona tenuto conto del lungo prologo via Bruxelles poco più di 20.000. I consumi usando il diesel-metano sono attorno ai 18 km/litro di media con dei picchi positivi di 19,2 e negativo di 16,5. Usando il solo gasolio i consumi sono stati attorno ai 12 km/litro con meno di 10 in presenza di autostrade e velocità elevate. Il risparmio economico da noi avuto durante il percorso è attorno al 30-35% a seconda dei ritmi di viaggio e delle velocità sostenute.

All’isola Russkij attiriamo la curiosità di molti bagnanti che affollano le spiagge in pietra: si radunano attorno a noi, fanno domande e chiedono di fare foto assieme. Tutto ciò ci diverte molto e ci permette di raccontare, tra lo stupore generale, da dove siamo partiti. In questo curioso scenario, sempre avvolto dalla fitta nebbia, mangiamo degli spiedini di carne presso un improvvisato venditore di “shashliki” di origine azera che arrostisce carne davanti alla porta di un bunker militare in disuso. Il gestore della curiosa attività ci racconta la storia di suo nonno morto proprio in una delle postazioni del bunker durante uno scontro con i giapponesi durante la Seconda guerra mondiale.

Lasciamo l’isola per tornare nella terraferma e con l’occasione attraversiamo il terzo importante ponte di Vladivostok, quello che supera il “Corno d’Oro”, ancora un volta un nome legato ad Istanbul, che indica la strategica insenatura dove ha sede il porto della città che ospita la potente flotta militare del Pacifico. In questa città tutto è molto caro rispetto alla media del resto della Russia e non ci stupisce pagare il conto più salato dell’intera parte asiatica del viaggio per dormire una notte nel centro di Vladivostok. Dopo aver dedicato tutto il tempo necessario all’aggiornamento degli spazi social dedicati al viaggio, data l’importanza dell’evento odierno, decidiamo di recarci nel centro della città per festeggiare con una consona cena. La nebbia continua a caratterizzare il paesaggio cittadino alternandosi con una sottile e leggera pioggia. Dopo qualche decina di minuti passati alla ricerca di un ristorante adatto, optiamo per un locale bavarese, visto che tutto attorno a noi c’erano solo ristoranti etnici già provati durante il viaggio come il giorgiano, il tataro, il buriato e l’uzbeko.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– La costruzione del ponte dell’isola Russkij e di quello all’interno della città di Vladivostok hanno cambiato completamente il modo di muoversi nella città, agevolando notevolmente gli spostamenti interni. I due ponti sono tra i più lunghi e audaci del mondo.

– L’isola Russkij, da spazio riservato ai militari per quasi un secolo, si è trasformata in un luogo turistico di grande interesse anche se ancora povera di infrastrutture.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololei, Bruno Cinghiale

Giorno 23 – La nostra Transiberiana con record di bassi consumi

8 luglio 2018, Tyumen-Omsk (640 km) – Tot. 7.426

Non abbiamo dormito molto a causa della lunga nottata calcistica che ha visto la Russia lasciare il mondiale, ma restiamo stupiti nel vedere ancora al mattino presto tifosi russi girare per la città con i postumi di sbornie colossali. Per tutta la notte, non solo a Tyumen, il popolo russo è sceso in piazza per festeggiare comunque l’ottima esperienza della propria nazionale in questo storico torneo disputato in casa. Se qualcuno pensava che prevalesse la tristezza, dopo l’eliminazione ai rigori da parte della Croazia, si sbagliava di grosso: permane un’atmosfera serena e felice, eccessi a parte. Di uno di questi eccessi siamo testimoni vedendo un nostro vicino di casa cadere a terra di schianto a pochi metri da noi, ignorato da gran parte dei suoi amici.

Lo strano hotel che ci ha ospitato nella notte è pieno di sorprese. Quella di ieri sera era la delocalizzazione in più condomini delle stanze a disposizione dei clienti, che ci ha costretto a salire e scendere per i palazzi a quindici piani della periferia di Tyumen. Quella di oggi è una colazione da ritirare all’ultimo piano di un palazzo e consumare nella nostra stanza al quinto piano di un altro. A parte questi disguidi organizzativi, l’Hotel Aurora è una ottima soluzione sia per il viaggiatore stanziale che per quello mordi e fuggi.

Un ultimo passaggio in auto dal centro della città osservando che l’Hotel Vostok, dove dormimmo nel 2008, è ancora al suo posto ma con prezzi raddoppiati. Per il resto Tyumen non regala molte emozioni al turista se non la consueta architettura sovietica e un curioso giardino dedicato ai gatti siberiani. Proprio di questi felini avremmo bisogno per contenere l’esuberanza degli enormi insetti che entrano dai nostri finestrini ogni volta che l’auto rallenta o si ferma nei numerosi cantieri situati lungo la strada che porta verso Omsk. Questa sorta di tafano gigante opprime chi vive da queste parti per buona parte della stagione calda. In questo periodo dell’anno la Siberia è in fiore, ma anche verdissima e ricca di stagni e acquitrini, ambiente ideale per il proliferare degli insetti. Molti di loro a fine giornata resteranno stampati nel nostro nuovo paraurti.

Consumato un rapido pasto in una delle tante piccole strutture a buon mercato che la strada offre, raggiungiamo la città di Abatskoye dove effettuiamo il rifornimento di gasolio, consapevoli del bassissimo consumo effettuato in questi giorni di ritmi lentissimi e di velocità regolare nel nostro marciare ad est. Incameriamo 70 litri di gasolio e possiamo calcolare che il consumo medio degli ultimi 1333 chilometri è 19 chilometri con un litro. I restanti dieci litri nel serbatoio ci avrebbero consentito di toccare la incredibile cifra di 1500 km con un pieno! Dopo il dato di ieri relativo ai consumi di metano, oggi arriva la conferma che tutto sta andando per il verso giusto anche relativamente ai consumi complessivi dei due carburanti associati. Piede leggero, strada in pianura, ritmi blandi e la nostra concentrazione aiutano la paziente impresa di dimostrare l’economicità di questo sistema.

Dopo una eterna sosta ad un passaggio a livello della Ferrovia Transiberiana, raggiungiamo per un rabbocco di metano la stazione Gazprom di Luzino, vicinissima a Omsk, sede di tappa odierna. Qui la cassiera e l’addetto ai rifornimenti, Aleksey, ci accolgono con grande entusiasmo e diventa naturale fare foto assieme per ricordare la nostra visita in questo importante e strategico punto di rifornimento, l’unico nell’oblast di Omsk, che ci permetterà di raggiungere Novosibirsk usando il gas naturale. Gli ultimi trenta chilometri ci vedono entrare ad Omsk, città di oltre un milione di abitanti situata nella verde conca del fiume Irtysh. Prendiamo possesso di un appartamento in periferia e consumiamo una gustosa cena in una birreria ufficiale della nota birra russa Sibirskaya Korona, uno dei più interessanti prodotti tra gli alcolici leggeri “made in Russia”. Con l’ingresso nell’oblast di Omsk ci portiamo a ben quattro ore di fuso orario di differenza dall’Italia.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– Gli alberghi dove dormimmo nel 2008 sia a Tyumen che ad Omsk esistono entrambi e continuano a lavorare e portare lo stesso nome, cosa rara in Russia.

– È esploso il fenomeno degli affittacamere o affitta-appartamenti, anche per una sola notte, in tutta la Russia. Non è un caso che spesso scegliamo questa economica soluzione per i nostri alloggi temporanei.

– Gli enormi insetti che circolano in questo periodo dell’anno in Siberia non sono di certo a rischio estinzione. Nel 2008 vedevamo più libellule, adesso prevalgono i tafani.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololey, Bruno il Cinghiale