Giorno 9 – Una giornata a km 0 e i luna park di Fulvio Tardini

24 giugno 2018, giorno 9 (km 0) – Totale 4.458.

Primo giorno di vero riposo dall’inizio del viaggio per il nostro veicolo a diesel-metano, che non si è mosso dal parcheggio del Centro italiano di Cultura. Per noi questo ha significato la possibilità di poter dormire, per la prima volta, fino alle 10 del mattino. Dall’“Hotel Calchetti”, ubicato nella parte nord della città, ci spostiamo con la metropolitana fino alla Piazza Rossa con l’obiettivo di portare Sergio in visita al Mausoleo di Lenin a quarantotto anni di distanza dalla prima e unica visita del 1970. Considerato che il Padre della Rivoluzione è morto nel 1924, è curioso constatare che sono passati più anni tra la prima e la seconda visita di Sergio che dalla morte di Lenin al viaggio del 1970. Nonostante la fine dell’Unione Sovietica non è mai scemato l’interesse per il Mausoleo di Lenin, la cui visita comprende non solo la contemplazione della salma imbalsamata di Lenin – sotto lo sguardo di soldati pronti a redarguire con severità chi parla, chi porta il cappello o le mani in tasca, chi indugia troppo o chi prova a uscire dal percorso previsto – ma soprattutto la necropoli sul retro della struttura principale, dove si trovano le tombe degli ex capi di stato, primi ministri, generali della seconda guerra mondiale, rivoluzionari e cosmonauti come Jurij Gagarin.

Dopo un nuovo frugale pranzo in un’altra mensa dei magazzini Gum, ci rechiamo nella zona del VDNKh, il celebre parco delle conquiste dell’economia nazionale. La visita comincia con il Monumento alla Conquista dello Spazio e col Museo della Cosmonautica per sognare un nostro viaggio a diesel-metano verso lidi sempre più lontani. Segue una lunga passeggiata nel grande parco moscovita, di fatto un cantiere a cielo aperto dove vestigia di epoca sovietica stanno tornando a nuova vita grazie ad un attento restauro in corso da almeno un anno, mentre turisti e popolazione locale passeggiano e fotografano miriadi di simboli del non lontano passato del Paese.

In un ristorante armeno nei pressi dell’Hotel Cosmos incontriamo quattro amici italiani di Mosca. Con la giornata di oggi prende il via la speciale parte di diario dedicata alle storie degli italiani che vivono in Russia. Questa parte di racconto sostituisce le cronache che avevamo progettato di fare seguendo la nazionale di calcio italiana ai Mondiali di Russia. Cercheremo, attraverso queste brevi interviste che costituiscono una rubrica dal titolo “L’Italia ai Mondiali siamo noi”, di raccontare la vita di quei connazionali che, senza bisogno di spareggi di qualificazione con la Svezia, vivono e vivranno quotidianamente la propria esperienza di vita in Russia.

Il primo racconto che vi proponiamo è quello di Fulvio Tardini, il venditore di giostre venuto da Modena.

Come sei arrivato in Russia?

Come spesso succede, per caso. Nei primi anni ottanta una vicina di casa mi chiese se mi interessasse partecipare a un corso di lingua russa organizzato dall’Associazione di amicizia Italia-URSS. Avevano bisogno di un numero minimo di iscritti per attivare il corso, così iniziai più per fare un favore a questa persona che per reale convinzione. Alla fine continuai per due anni, ma dopo questa parentesi abbandonai la lingua russa per quasi vent’anni. Nel frattempo iniziai a lavorare nel settore della vendita di giostre per luna park, prima a Modena, poi a Reggio Emilia e quindi a Vicenza, per un’azienda che fu interessata in particolare alle mie nozioni di russo e nel 2003 mi incaricò di recuperare deteriorati rapporti con i clienti di varie città della Russia.

E cosa hai fatto una volta arrivato in questo paese?

In una prima fase il lavoro mi costringeva a viaggiare molto, poi, in un periodo più tranquillo, ho avuto modo di riordinare appunti che avevo scritto nel corso del tempo e pubblicare un fortunato libro sull’organizzazione dei luna park. Dal 2013 ho poi iniziato a lavorare autonomamente, seguendo differenti progetti sempre nello stesso settore.

Nel corso degli anni mi sono trovato a vendere giostre in molte zone della Russia e dell’area ex sovietica, da Groznyj, che ho trovato in macerie subito dopo la guerra cecena, al Tagikistan, l’Uzbekistan, l’Ucraina, fino a cittadine siberiane che nonostante temperature di diverse decine di gradi sotto lo zero non si fanno mancare i luna park.

Si tratta infatti di un mercato molto vivo in cui i produttori italiani la fanno da padrone, sebbene negli ultimi tempi stia crescendo la concorrenza cinese.

Una cosa positiva e una negativa di Mosca?

Positive più di una: soprattutto dal punto di vista professionale è molto interessante e ti dà modo di costruire cose da zero, e questo ti inorgoglisce. E in più c’è sicurezza, servizi ottimi, ed è una città ricca di spunti sotto molto aspetti: per esempio c’è un Museo di arte orientale fantastico che non conosce nessuno. Una cosa negativa è che hai la sensazione che la maggior parte delle persone con cui entri in contatto cerchino sempre di cogliere l’occasione per “mungerti”, che si tratti di informazioni professionali o di soldi.

Vedi il tuo futuro in Russia o in Italia?

Be’, in futuro vorrei andare a vedere le partite del Modena, che quest’anno è tornato in serie D dopo il fallimento, e passeggiare con il cane per le mie montagne e per le vie della città.

Equipaggio di oggi: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Sergio Guerrini, Bruno il Cinghiale.

Giorno 8 – Nella Capitale mondiale

23 giugno 2018, Zvenigorod-Mosca (km 90) – Tot. 4.458 km

Naturalmente le lungaggini burocratiche della registrazione del visto russo non potevano essersi esaurite ieri sera. Fortunatamente le problematiche odierne riguardano solo la tempistica e non la sostanza della cosa. Il nostro tentativo di sveglia molto mattutina per arrivare presto a Mosca è reso vano dall’attesa del completamento della procedura. Lasciamo Zvenigorod e, riprendendo la M9-Baltica da dove l’avevamo lasciata, si riparte verso la capitale russa.

Pochi chilometri di MKAD, l’anello stradale a cinque corsie per senso di marcia che circonda la città, e ci rechiamo alla stazione di metano numero 11 situata nella strada Levoberezhnaja. Siamo arrivati alla stazione Gazprom dopo aver terminato il metano di Vilnius e percorso circa sei chilometri con il solo gasolio. Il nostro nuovo record di percorrenza con un pieno di metano sale a 970 chilometri.

Dopo la solita diffidenza iniziale dovuta alla mancata comprensione del fatto che un veicolo diesel possa viaggiare anche a metano, l’addetto al rifornimento nota nel nostro veicolo la pubblicità di Fornovo. Questa scoperta cambia l’atteggiamento di tutto il personale. Ci vengono mostrate foto di amici italiani in visita in questo luogo prima di noi, che sono tecnici e responsabili dell’azienda emiliana. Tra le note piacevoli di questo rifornimento c’è lo scoperta che l’attacco per il metano è del tipo Ngv 1, lo stesso che si trova in tutta Europa. La pressione di rifornimento è di soli 200 bar contro i 220 italiani. Ci viene spiegato che le nuove normative di sicurezza in Russia prevedono questo tipo di limitazione. Dopo le foto di rito e la consegna del libretto esplicativo del viaggio, finalmente possiamo raggiungere in pochi minuti casa di Emanuele Calchetti nel non lontano quartiere Otradnoe. Per la prima volta in questo viaggio dormiremo in questo luogo ben due notti consecutive.

Lasciati i nostri bagagli e le vettovaglie alimentari utili ad un italiano che vive in Russia, ci trasferiamo nel centro cittadino dove parcheggiamo la nostra auto presso il Centro italiano di Cultura, la scuola di lingue dove lavora Emanuele, presso la quale parcheggiamo il Toyota Hilux e soprattutto dove nel pomeriggio si svolgerà una iniziativa, dedicata al nostro viaggio, assieme agli studenti di lingua italiana.

Nelle ore di attesa prima dell’incontro pomeridiano, i due Guerrini approfittano per una passeggiata nel centro cittadino in festa per i Mondiali di calcio. Se per Guido la visita a Mosca è un rito ormai ripetuto diverse volte durante l’anno, non è così per Sergio. L’ultima volta che il Guerrini più grande ha solcato il pavimento della Piazza Rossa era il 1970, dal Cremlino sventolava un’altra bandiera e soprattutto Mosca era capitale di una nazione più grande e con un altro nome.

A parte il Mausoleo di Lenin e qualche stella rossa sulle torri, una delle poche cose rimasta in “soviet style” è la mensa numero 57 all’ultimo piano dei Magazzini Gum. Come in epoca sovietica c’è una lunga fila per conquistare un pasto a prezzo equo. Il centro di Mosca è strapieno di turisti e fa un’ottima impressione vedere popoli di tutto il mondo mescolarsi in un clima tutto sommato molto pacifico.

Rientrati a scuola diamo inizio all’incontro dedicato al nostro viaggio verso la Cina con passaggi sulla storia dei viaggi precedenti: da quello del 2008 sempre in Cina a quelli in Russia del 2011 e 2013 a Volgograd. Bello l’interscambio di notizie e domande tra i preparati studenti di lingua italiana, i loro docenti e i membri della spedizione Torino-Pechino 2018. Al centro dell’attenzione soprattutto ecologia, geografia e geopolitica.

A fine lezione si continua a parlare degli argomenti della “lectio magistralis” con alcuni degli insegnanti del Centro italiano di Cultura attorno a piacevoli piatti di cucina georgiana.

La serata termina non troppo tardi a “Casa Calchetti”.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– La prima cosa che ci viene in mente è il potenziamento dei mezzi pubblici di trasporto, metropolitana in primis, nella città di Mosca.

– Guardando il vecchio diario di viaggio del 2008 ci impressiona notare come il rublo sia svalutato del 100% in 10 anni, passando da circa 35 rubli per un euro ai circa 70-75 di oggi, al fronte di un’inflazione decisamente migliorata dato che è passata da circa il 13% a circa il 2,5%.

– Naturalmente gli stadi principali di Mosca sono tutti restaurati e in condizioni molto migliori di dieci anni fa.

I viaggiatori di oggi: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Sergio Guerrini, Bruno il Cinghiale

Giorno 7 – La “crisi” del settimo giorno

22 giugno 2018, Ludza-Zvenigorod (638 km , totale 4.368 km)

La giornata di oggi sarà la più difficile affrontata dall’equipaggio della Torino-Pechino 2018 nella prima settimana di viaggio e non per la temibile dogana russa. Si comincia nel peggiore dei modi visto che neppure venti chilometri dopo la partenza da Ludza rischiamo lo scontro con un daino pieno di intenzioni suicide. Gli animali vaganti sono una frequente causa di incidenti in questa parte d’Europa. Già da anni, viste le precedenti esperienze di viaggio, evitiamo di viaggiare la notte proprio per il rischio d’impatto che la massiccia presenza di fauna selvatica può regalare. Nessuno di noi si sarebbe aspettato che un evento del genere potesse arrivare a metà mattinata in una strada che, per fortuna, percorrevamo neppure ad alta velocità.
Al daino tutto sommato va bene, considerato che, dopo una forte frenata e sbandata, viene appena sfiorato dalla parte esterna della nostra auto. A noi non capita la stessa fortuna. La sterzata e relativa contro sterzata ci spediscono diretti sulla banchina della strada dove urtiamo la fine del guard rail alla nostra destra. L’impatto avviene a velocità molto bassa senza che si attivino gli air bag. Mentre il quadrupede si allontana spaventato, noi scendiamo dall’auto per verificare i danni subiti. Metà paraurti anteriore è andato, anzi incastrato nel passaruota anteriore destro. Ciò che ci preoccupa di più è il liquido che esce apparentemente dal motore e che ci porta immediatamente ai ricordi di un episodio simile avvenuto in Mongolia nel 2008 nella prima Torino-Pechino. Con fatica riusciamo a liberare la ruota e per nostra fortuna il liquido profumato che irrora la strada risulta essere quello per il lavaggio dei vetri. Non fidandosi delle condizioni del mezzo e dopo un rapido consulto in internet decidiamo di puntare su una officina nei pressi del confine lato lettone. I volenterosi meccanici riescono a stabilizzare la ferita dell’auto per fare in modo di poterci presentare in dogana senza troppi problemi.
Sarà proprio così, visto che i doganieri sono interessati a tutto all’infuori dell’evidente danno alla nostra auto. La parte lettone vola in dieci minuti, mentre le danze nella parte russa sono come al solito lente e fortemente burocratizzate. L’attenzione del personale di frontiera è legata all’enorme carico che portiamo e alle brochure in lingua italiana e russa che reclamizzano i nostri sponsor. Ci chiedono di aprire tutte le valigie e nella speciale officina della dogana avviene anche la prevista ispezione del vano dedicato alle bombole del metano. Vanno via circa due ore per completare le operazioni di controllo. Perplessità, invece, sui nostro libretti dedicati al viaggio e alle aziende che hanno sostenuto il progetto. Non si capisce se, secondo l’agente che ci ha preso in consegna, stiamo violando qualche non specificata legge editoriale russa. Altro tempo prezioso se ne va per spiegare tutti i contenuti del progetto Torino-Pechino. A proposito di questo, è sempre bello vedere la faccia della polizia quando alla domanda “dove siete diretti?” si risponde con massima tranquillità: “Cina!”.
Finalmente in Russia, ma ancora con problemi da risolvere il prima possibile visto che la nostra carta verde non è valida per questo Paese. L’acquisto del prezioso documento viene fatto assieme ad un caffè ed a cinque minuti di tranquillità dopo una mattinata terribile. A cinquanta chilometri dalla dogana esiste una sorta di caravanserraglio per camionisti chiamato Pustoshka. In questo luogo c’è una trattoria dove si mangia egregiamente carne alla griglia. Meno di un anno fa eravamo lì, mentre oggi la grande griglia deve aver fatto un brutto scherzo visto che tutto il ristorante è bruciato. Rimangono solo le fondamenta e i ricordi di ottimi spiedini di carne. Rimediato uno spuntino si continua a macinare chilometri con l’obiettivo di dormire alle porte di Mosca. Se domani saremo ospitati da Emanuele, oggi è necessario un albergo per procedere alla registrazione del visto, altro adempimento burocratico che caratterizza il turismo fai da te in Russia. In periodo di mondiale sono cambiate le leggi per la registrazione e se
normalmente si deve procedere a questo atto entro sette giorni lavorativi, durante la Coppa del Mondo si è scesi a tre giorni di calendario. Trovare un albergo fuori da Mosca che capisca questo problema si rileva una impresa difficile. Fallisce anche booking.com, falliscono i consigli dei passanti e di vari albergatori fino a quando non siamo costretti a pagare profumatamente un lussuosa camera nel migliore albergo di Zvenigorod a una trentina di chilometri dalla capitale russa e lungo il fiume Moscova. La cena a base di
carne su cui scarichiamo tutte le tensioni della giornata si svolge in un piccolo locale dove la figlia del titolare ed addetto alla cottura delle carni si dice entusiasta di poter parlare per la prima volta in inglese con due stranieri.
Nel frattempo siamo riusciti ad organizzare la riparazione del nostro veicolo. Una officina di Kazan ci aspetta la prossima settimana per aggiungere alla normale revisione del mezzo prima di affrontare la Siberia, anche la sostituzione del paraurti anteriore.

Come è cambiato il mondo in dieci anni

Per quanto riguarda la registrazione del visto russo, dieci anni fa vigeva la stessa regola che stanno applicando durante i mondiali di calcio. La normalità, fortunatamente è sette giorni lavorativi dall’ingresso in Russia.

Le strade russe hanno avuto un enorme progresso in questi dieci anni. Quella che percorriamo noi e che collega Riga a Mosca è finalmente perfetta e senza cantieri.

Non è cambiata la paura di ospitare stranieri negli alberghi minori e fuori dalle rotte turistiche. Nonostante la procedura di registrazione dovrebbe essere obbligatoria, si fatica enormemente a far comprendere questa necessità agli albergatori.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Sergio Guerrini, Bruno il Cinghiale

Aregolavanti!

“Aregolavanti!” è il libro-diario del viaggio da Torino a Pechino e ritorno compiuto nell’estate del 2008 da Guido Guerrini, Andrea Gnaldi e Nicola Dini. Il termine “aregolavanti” diventa il motto del gruppo il 6 luglio, quando di notte decidono di andare avanti nella marcia anziché cercare un alloggio. E “aregolavanti” prende a indicare l’avanzare ostinatamente senza porsi limiti, e diventa un parola carica di entusiasmo da pronunciare per darsi forza ed affrontare i chilometri.

Ma “Aregolavanti!” rappresenta anche quel pizzico di follia ed incoscienza che ha caratterizzato da subito il viaggio, e diventerà un termine talmente contagioso da diventare patrimonio anche di molti stranieri, tra tutti la guida cinese Mr. Wang, che non perderà occasione di pronunciarla continuamente, con l’accento della propria lingua.

E “Aregolavanti!” è alla fine il filo conduttore di un’avventura nata per gioco, vissuta con il sorriso e diventata perfino un libro.

Il volume è acquistabile online con una donazione di 13 euro, il cui ricavato sarà destinato alle realtà incontrate durante il viaggio e a cui si fa riferimento nei seguenti brani del libro.

Padre Diogene e i bambini di Kazan

“[…] per questo ci teniamo a raccontarvi la preziosa esperienza di Padre Diogene, missionario argentino operante in Tatarstan da oltre dodici anni. Al centro di Kazan abbiamo avuto modo di vedere la chiesa cattolica in costruzione che servirà per l’opera in cui Padre Diogene e’ impegnato. Il terreno è stato donato dal governo tataro e se si considera che la maggioranza della popolazione è musulmana e ortodossa, il gesto è senza dubbio apprezzabile. I lavori prevedono che i primi giorni di settembre la struttura venga inaugurata alla presenza del presidente tataro e del Cardinale Angelo Sodano. Abbiamo avuto il piacere di parlare con Padre Diogene e di complimentarci per il suo lavoro con i bambini e le famiglie più bisognose di Kazan.[…]”

Padre Ernesto e la gente di strada in Mongolia

“[…]La giornata prosegue con l’incontro con Padre Ernesto, missionario bergamasco in Mongolia dal 1993. […] parliamo del nostro viaggio e soprattutto della sua missione in terra mongola, dove la Chiesa Cattolica conta appena cinquecentocinquanta battezzati e i cristiani (quasi tutti protestanti) complessivamente sono circa trentamila. […] dai suoi racconti e dalle esperienze che ha avuto nel corso degli anni  capiamo che il suo più importante impegno è di portare un aiuto concreto alla popolazione, che nelle zone rurali può vivere con salari di centocinquanta o duecento euro a famiglia. I cattolici non erano presenti in Mongolia da diversi secoli, cioè dall’epoca di Marco Polo quando qualche missionario si spinse da queste parti. Oggi la missione di Padre Ernesto e’ stabilita ad Arvaikheer (quattrocento chilometri ad ovest della capitale) dove di battezzati ci sono solo i sei missionari. Invece che edificare una chiesa si è preferito investire meno denaro e realizzare una gher color legno dove la domenica si può pregare. L’attività della missione consiste per ora nel realizzare corsi di inglese e promuovere il “piccolo prestito” per permettere alle micro-economie locali di auto sostenersi. Ad esempio, si può concedere una piccola somma per permettere ad una donna di avere gli strumenti per realizzare delle borse, incentivare la vendita e restituire gradualmente la somma ricevuta, ovviamente senza interessi[…]”

Mauro Haver e la Cooperazione Italiana ad Ulaanbaatar

“[…]Lì incontriamo casualmente Mauro Haver, rappresentante della cooperazione italo-mongola. Veniamo a sapere che il Governo Italiano è impegnato ad Ulaanbataar nel mettere in piedi un ospedale per l’infanzia[…]”

Gli operatori del Centro MASP di Almaty

“[…]Il sacerdote bergamasco Don Eugenio Nembrini (spesso presente nella curva tra i tifosi atalantini) nel 2002 decise di fondare un centro di aggregazione in un quartiere degradato della città di Almaty. La struttura viene messa in piedi grazie alla collaborazione di alcuni muratori sempre di Bergamo che hanno lavorato per costruire il complesso. Il progetto iniziale prevedeva di fornire spazi ricreativi per i ragazzi del quartiere, che in questo modo avevano un’alternativa alla vita di strada potendo contare su persone e luoghi più adatti a farli crescere. Con l’arrivo dell’associazione MASP il centro cambia la propria vocazione aggiungendo all’aspetto ricreativo l’importante aspetto formativo al lavoro e al sostegno scolastico pomeridiano. Ben 15 persone e altri collaboratori saltuari operano nei corsi di cucina, barman, segreteria e informatica che si svolgono continuamente all’interno del centro. Categorie privilegiate di tali attenzioni sono, donne disoccupate, portatori di handicap e orfani. Importante riferimento per il quartiere e’ anche l’ufficio di orientamento lavoro (un piccolo ufficio di collocamento) che assume sempre più  importanza all’interno delle dinamiche sociali di quella realtà. Lo Stato controlla da vicino le attività di questi centri contribuendo a migliorare il coordinamento tra domanda e offerta di lavoro; tutto ciò con la raccomandazione di non andare ad interessarsi di argomenti più  delicati e controversi. I progetti futuri prevedono la creazione di microlaboratori, ad esempio di sartoria, seguendo personalmente i ragazzi e un maggiore impegno nei confronti di categorie più deboli come anziani e invalidi. In un contesto dove lo stipendio medio e’ meno di 200 euro al mese le adozioni a distanza assumono importanza fondamentale per permettere alle famiglie di mandare i figli a scuola. Altra emergenza che colpisce l’intero Kazakistan è l’aumento e la diffusione dell’Aids, fenomeno spesso taciuto dalle fonti governative ma di fatto in sconfortante rapida crescita. Il lavoro del centro sotto questo aspetto non si limita alla diffusione di metodi di protezione dal contagio ma e’ volto anche ad aumentare la consapevolezza della fondamentale importanza della vita[…]”