Ritorno da Volgograd – Giorno 5

A Dracula non piace il metano!
Completato l’attraversamento della Romania senza rifornimenti ecologici.

Dopo un’indispensabile dormita nella tranquilla città di Galati, nell’Est rumeno, ci attiviamo per sbrigare le pratiche burocratiche indispensabili per attraversare regolarmente tale stato. Ci aggiriamo nel quartiere del nostro hotel in cerca di una banca o un cambiavalute, ma incredibilmente troviamo tutto chiuso, perché in Romania sia il primo gennaio che il secondo giorno dell’anno sono festivi. L’amara scoperta ci complica la vita visto che per recuperare dei Lei rumeni dobbiamo chiedere aiuto alla gentilissima “portiera” dell’albergo. Ora che siamo pieni di valuta rumena, l’unica in Europa ad essere plastifica ed antistrappo, paghiamo i sei euro di tassa stradale e ci incamminiamo per la lunga giornata che ci vedrà attraversare da est ad ovest la Romania.
Sotto le ruote del nostro Iveco Daily passano i chilometri e le città di Braila e Slobozia fino all’autostrada che collega la riviera del Mar Nero alla capitale Bucarest. C’è da dire che negli ultimi anni la nazione rumena ha fatto grandi progressi riguardo alla manutenzione delle strade. La piccola tassa stradale, per una volta, l’abbiamo pagata volentieri. L’asfalto è in buone condizioni, l’unica attenzione è rivolta ai carretti trainati da animali che sono onnipresenti e ai cani randagi che attraversano la strada sia in paese che in aperta campagna.
Poco prima di Bucarest terminiamo il metano caricato ad Odessa. Purtroppo non esiste la possibilità di rifornirsi in Romania, unico stato balcanico a non avere distributori di metano (contrariamente al gpl, presente lungo tutte le arterie principali al prezzo di circa 70 centesimi di euro). Non è comprensibile perché nella vicina Bulgaria ci siano centinaia di stazioni di rifornimento, in Serbia una decina, tre in Ungheria, numerose in Moldavia ed Ucraina, mentre qui non esista traccia del metano. A causa di questa mancanza saremo costretti a proseguire fino a Belgrado, circa seicento chilometri, utilizzando solo il gasolio. In ogni caso sarà un test sui consumi interessante visto che cercheremo di procedere con una guida finalizzata al massimo risparmio.
Come al solito, invece che girare intorno alla capitale rumena, decidiamo di attraversarla da parte a parte con due soste. La prima è nei pressi dello Stadio Nazionale dove vive la nostra carissima amica Viorica che, vista l’ora, ci offre un ottimo pranzetto. Viorica è una nostra antica conoscenza e grande amante dell’Italia che ha visitato più volte. Ci tratteniamo oltre un’ora apprezzando ancora una volta la sua grande gentilezza, visto che per l’ennesima volta ci offre la sua ospitalità. Viorica è sempre stata un importante appoggio logistico per la riuscita delle nostre avventure.
La seconda sosta è subito dopo la ripartenza, nei pressi del grande palazzone che oggi ospita il Parlamento rumeno. Il nome originale è “Casa Poporului” e fu costruito nell’epoca comunista come tutto il quartiere circostante; attualmente è la struttura più grande d’Europa, seconda al mondo solo al Pentagono. Mentre facciamo le foto di rito molti operai stanno smontando il palco della festa di capodanno. Non è la prima volta che incontriamo il palazzo che molti legano alla figura di Nicolai Ceausescu, ma in ogni occasione non si può non rimanere stupiti della imponenza del manufatto.
Secondo Wikipedia misura 270 metri per 240, è alto 86 metri e affonda per altri 92 nel sottosuolo della collina che lo ospita.
Sempre con facilità lasciamo Bucarest proseguendo verso Pitesti, con ulteriori cento chilometri di ottima autostrada. A Pitesti, città che ospita la storica fabbrica della casa automobilistica Dacia, oggi di proprietà della Renault, termina l’autostrada per lasciare spazio ad una statale che ci conduce verso Craiova. Nel frattempo scende l’oscurità e come al solito la parte terminale della giornata è maggiormente difficoltosa. Raggiungiamo di nuovo il Danubio, stavolta al limite occidentale della Romania nei pressi di Dobreta Turnu Severin. A monte della grande città rumena sorge la grande diga delle Porte di Ferro, struttura costruita negli anni ’70 dalle autorità jugoslave e rumene laddove il grande fiume fa da confine. A monte della diga il Danubio è cresciuto di 35 metri diventando navigabile fino oltre Belgrado, mentre a valle le grandi turbine producono energia idroelettrica per entrambi gli stati. Proprio tra la città rumena di Dobreta Turnu Severin e quella serba di Kladovo sorgeva il Ponte di Traiano, capolavoro militare costruito dal progettista Apollodoro di Damasco. La struttura servì per invadere la Tracia e ancora oggi sono visibili i pilastri nei pressi delle due sponde.
Tuttora non è chiaro come le tecniche di costruzione dell’epoca abbiano permesso ai romani di compiere questo miracolo architettonico.
L’ultima fatica della giornata è attraversare la dogana rumeno-serba situata sopra la diga che funge anche da ponte sul Danubio. Neppure dieci minuti di controlli da parte delle due polizie e possiamo rimettere le lancette dell’orologio sull’ora italiana. Decidiamo di alloggiare a Kladovo nell’unico albergo aperto in questa stagione poco turistica. Vicino al parcheggio dell’hotel notiamo la spiaggia e gli ombrelloni, segno di come durante la stagione calda Kladovo diventi una località balneare.
Piccola ma ricca di locali, la strategica città serba, che riesce a deliziarci con un menù di carne ad ottimo prezzo e birre montenegrine decisamente gustose.
C’è da registrare che nella giornata di oggi il termometro non è mai sceso sotto lo zero e che non abbiamo incontrato neppure uno schizzo di neve o di ghiaccio. Non sembra neppure inverno!

Ritorno da Volgograd – Giorni 3 e 4

Due giorni lunghi come due anni
Dal capodanno ad Odessa alle lunghe file doganali in Bessarabia

L’ultimo giorno dell’anno è all’insegna del riposo e del sano turismo in una città ben diversa dalle altre che abbiamo incontrato nel resto del viaggio. Odessa fu fondata da Caterina la Grande come porto del sud del suo Impero nei primi anni dell’800, dopodiché la città vive una grande espansione e una crescita architettonica che la fanno una delle più belle città dell’ex Urss. Stile neoclassico, colori pastello, verdi parchi, belvedere sul Mar Nero e il suo monumento più famoso: la Scalinata Potemkin, che fece da cornice  alla storica scena del film di Ejzenstein “La Corazzata Potemkin”, in Italia noto anche per un episodio di fantozziana memoria. La scala collega il centro cittadino al porto della città. Una delle curiosità della sua progettazione è che dall’alto non si percepisce la presenza degli scalini mentre osservandola dal basso spariscono i marciapiedi tra le varie rampe di scale. Inoltre, nonostante alla base la larghezza della scalinata sia quasi il doppio della parte più in alto, chi osserva da lontano ha l’impressione che non si restringa, ma anzi, che rimanga sempre uguale.
Parte del nostro pellegrinaggio in città è dedicato alla scelta di cosa fare nella serata di fine anno, che ricordiamo essere una festa enorme in questi paesi poiché è pure il giorno in cui Ded Moroz, il Babbo Natale russo, porta i suoi regali. Infatti le strade cittadine pullulano di persone che si affrettano a fare le ultime compere. La cosa che più ci colpisce è vedere i carinissimi mercatini di Natale attivi anche e fino al 31 dicembre. Per pranzo testiamo un ristorante con cucina tipica ucraina e cameriere vestite con abiti tipici, mangiamo ottimamente ma per la serata è già al completo. I prezzi per una serata di danze, cibo, bevute illimitate ed immancabile karaoke parte dai 40 euro fino ai circa 60 dei locali più di moda. Trovare posto in questi luoghi è praticamente impossibile. Intanto la città si riempie di gente venuta per il capodanno nelle piazza di fronte al comune, a due passi dalla scalinata e dal porto da dove è previsto lo spettacolo dei fuochi d’artificio. Molte persone arrivano da città della Russia e dell’Ucraina, ma pure dalle repubbliche centro asiatiche. Numerosi gli occhi a mandorla presenti, a dimostrazione di come Odessa sia una meta molto ambita e decisamente cosmopolita.
Nel pomeriggio, mentre beviamo un caffè, la tv trasmette una replica di Italia-Polonia dei mondiali del ’74. La partita fu vinta dalla Polonia per 2-1 contro l’Italia di Mazzola, Boninsegna e Chinaglia, ma gli avventori del bar tifano le due squadre come se la partita fosse in diretta.

Breve rientro in albergo e decisione acquisita per la serata: cercheremo di mangiare qualcosa in giro e di vivere la festa in piazza armati di vino ucraino e di spumante brut proveniente dalle cantine di Cricova in Moldavia. Dopo il lauto pasto consumato in un ristorante centrale, in un insolito stile biologico, senza menù fisso e che abbiamo sapientemente bagnato con vino georgiano, nel momento dedicato al dolce viene interrotta la programmazione della radio per lasciare il posto alle campane del Cremlino e all’inno russo ascoltato a volume altissimo. A Mosca è mezzanotte, e anche se a Odessa sono ancora le 22 si festeggia anche qui. Il primo pensiero va alla differenza tra la russofona Odessa e ciò che abbiamo visto a Kiev due settimane prima, le due facce di una medaglia che potrebbe rompersi da un momento all’altro. Il concerto pullula di gente, facciamo in tempo a “goderci” la straordinaria Alyosha che conclude le scialbe esibizioni degli idoli dell’ X-Factor locale. A dieci minuti dalla mezzanotte ecco il discorso alla nazione del Presidente Viktor Janukovyc, qui ben accolto mentre a Kiev ci immaginiamo di no. È il Presidente ad accompagnare tutti nel 2014 con tappi che saltano, fuochi d’artificio dal porto e tanti improbabili cappelli di Babbo Natale. Concludono il concerto le “Real O” quartetto di ragazze carine e appariscenti che hanno il merito di scaldare la piazza. Dal palco fino alla scalinata Potemkin è pieno di gente in festa che balla, brinda, canta e ovviamente ci facciamo contaminare dalla festa finendo dentro a molti girotondi. Anche nel resto della città la festa è piacevole, non mancano persone in giro con bottiglie che offrono tutto il bevibile. Sempre presente la polizia che vigila con poca discrezione in tutti gli angoli della città.

Ma durante il nostro peregrinare ci accorgiamo di qualcosa che non va: a Giacomo è scomparso il portafoglio… Minuti di controlli di zaini e tasche, si torna in tutti i luoghi della nostra serata, si chiede nei locali, ma tutto è vano. Come è immaginabile non sono i soldi, pur importanti, il problema, ma soprattutto documenti e carte di credito. Anche Guido nota che dalle proprie tasche mancano circa 500 grivnie, poco meno di 45 euro. Furto o perdita per distrazione? Il dubbio non sarà chiarito e andremo a letto con l’umore decisamente peggiorato.

Poche ore di sonno e scegliamo di andare presso la sede della milizia a sporgere denuncia, o a verificare se qualcuno ritrovando il portafoglio lo abbia consegnato alle forza dell’ordine. Nessuno parla inglese e nonostante le ore di attesa non veniamo a capo di nulla. Decidiamo di lasciare la città dopo un’amara passeggiata nei luoghi della nostra festa, insolitamente deserti di primo mattino. L’amarezza si alterna al ricordo di bei momenti trascorsi con persone appena conosciute e che con buone probabilità non rivedremo più. A questo punto il viaggio può proseguire, ma solo Guido potrà guidare il Daily visto che la patente di Giacomo è ufficialmente dispersa.

Come al solito l’ultimo atto prima di salutare la città dove abbiamo trascorso il capodanno è il rifornimento di metano. Scegliamo il distributore numero due, nei pressi della rotonda da cui partono le strade per Kiev, per la Transinistria e la Moldavia o per la Bessarabia. Fatichiamo più del previsto a convincere i responsabili del distributore che il nostro Daily funziona anche a metano. Per la cronaca i gasisti di Odessa saranno gli unici assieme a quelli di Uzgorod ad avere l’adattatore tra il sistema europeo e quello ex sovietico.

Ci consultiamo a lungo prima di decidere quale strada percorrere per muoverci verso la Romania. Le opzioni sono almeno tre e tutte prevedono di attraversare anche un pezzetto di Moldavia. Non è possibile a sud di Odessa passare direttamente da Ucraina a Romania, un confine bizzarro e l’inospitale delta del Danubio non permettono la cosa. Decidiamo di evitare la Transnistria, possibile fonte di grosse complicazioni burocratiche, come ci insegna l’esperienza del 2011. A questo punto, con poche ore di luce a disposizione, la scelta cade sulla strada che meglio conosciamo e che con circa 300 chilometri ci porterà al confine di Reni, l’ultima città Ucraina. Già poco fuori Odessa, nei pressi del grande lago formato dal fiume Dnestr, la strada sconfina per sette chilometri in Moldavia. Grazie ad un accordo tra i due stati, se non ci si ferma o non si cambia strada, è possibile evitare i controlli doganali. La dimostrazione di non deviazione avviene con la consegna di un bigliettino da parte dell’ultimo poliziotto ucraino. Il primo dopo il confine controllerà dopo quanto tempo il biglietto viene riconsegnato! La Moldavia ha permesso ciò poiché alcuni anni prima l’Ucraina le fece un grande favore, regalandole alcune centinaia di metri di sponda danubiana nei pressi di Giurgiulesti. Grazie a ciò e alla perfetta navigabilità del Danubio, la Moldavia può battere bandiera navale ed avere un indiretto sbocco al mare. La povera regione che attraversiamo è la parte meridionale della storica Bessarabia, con una presenza scarsa di gente slava. Molti abitanti sono di origine turca, rumena o appartenenti al popolo dei gagauzi. Uno dei pochi punti d’interesse delle centinaia di chilometri tra paesini ricchi di miseria e paludi è la presenza di parti dello storico Vallo di Traiano, manufatto che segnava il limes dell’Impero Romano. La presenza di Roma è evidente anche per il fatto che la lingua moldava, molto simile al rumeno, deriva dal latino. Una presenza italiana inaspettata arriva proprio dalla Radio Nazionale Moldava, che nel primo giorno dell’anno ci regala un pomeriggio dedicato ai cantanti italiani negli anni ’50 e ’60. Tra i tanti un posto da leoni nella programmazione da noi ascoltata spetta a Nicola Arigliano, Renato Carosone e Fred Buscaglione.

Intanto arrivano l’oscurità e la fastidiosa nebbia, che rendono gli ultimi chilometri un vero e proprio supplizio, amplificato dalle improvvise e inquietanti apparizioni di autostoppisti e contadini a piedi o in bici, che escono dalla fitta nebbia come presenze spettrali correndo il serio rischio di farsi investire. L’ultima prova della giornata è l’attraversamento di un chilometro di Moldavia che separa l’Ucraina dalla Romania. Stavolta non ci sono accordi che tengano, sono due frontiere e ben quattro insidiosi e fastidiosi controlli.Si comincia dagli ucraini che aprono e smontano ogni angolo del furgone. Si prosegue con i moldavi che scherzando macabramente sulla nostra partenza da Volgograd e ci chiedono se eravamo complici dei terroristi. L’uscita dalla Moldavia, quindi il terzo controllo, è caratterizzata dai doganieri che mettono il nostro Daily su un ponte per poter capire meglio come funziona il sistema di alimentazione gasolio-metano. Di fronte alle nostre spiegazione appaiono increduli e si dicono fortemente interessati. Infine i rumeni, in questo caso custodi dell’Unione Europea, dove perdiamo tempo per il fatto che non si ritrovava il doganiere addetto al nostro controllo.

In tutte queste lunghe attese confabuliamo con Valentin, rumeno che fino a pochi mesi fa lavorava in Italia. Ci spiega come sia ormai impossibile lavorare in Italia e come sia meglio vivere con stipendi più bassi ma in Romania. Valentin tutti i giorni va in Moldavia, fa il pieno di cento litri di gasolio al suo van, e poi li rivende in Romania dopo aver svuotato i serbatoi. Ogni cento litri guadagna circa 30 euro. Fa uno o due viaggi al giorno in base alle richieste, vendendo il gasolio a circa 30 centesimi di euro meno che in Romania. Non è l’unico contrabbandiere della zona, lui si occupa di gasolio, ma il mercato più attivo è quello delle sigarette che fuori dall’Unione Europea costano molto meno.

Ci areniamo a Galati, prima città rumena oltre il confine, e certamente non patrimonio dell’Unesco. Galati, con i suoi quasi trecentomila abitanti è il cuore dell’industria siderurgica rumena e si sviluppa nella sponda sinistra del Danubio. Arriviamo molto tardi, troviamo alloggio nel moderno Hotel Magnus e siamo costretti a ripiegare su uno spuntino nel vicino McDonald’s visto che la sera del primo gennaio quasi tutto è chiuso. Un’orda di mansueti cani randagi ci riaccompagna in albergo.