Giorno 45 – Vigilia cinese

30 luglio 2018, (Pyongyang)-Artyom-Kraskino (km. 209) – Tot. 14.829

La sveglia al ventesimo piano dell’Hotel Koryo mi permette di vedere il sorgere del sole in corrispondenza della Torre Juche. L’effetto ottico è notevole anche se penso non sia stato programmato, come molte delle cose turistiche e non che riguardano la capitale nord coreana. Assieme alle mie due guide e naturalmente all’autista raggiungiamo in meno di mezz’ora l’aeroporto di Pyongyang circa sessanta minuti prima della partenza del volo. Trovarsi in una città dove non esiste il traffico privato e dove non partono o arrivano chissà quanti aerei permette di velocizzare tutte quelle attività che in occidente sarebbero più complicate. In ogni caso la burocrazia è sempre in agguato e un non meglio precisato problema allerta un solerte poliziotto della dogana coreana. L’intervento delle mie guide e una telefonata a non so chi risolve il tutto. Mi congedo dai miei nuovi e unici amici nordcoreani e salgo di nuovo sul consueto Ilyushin 62 made in Kazan. Circa mezz’ora oltre l’orario previsto per la partenza, un improbabile annuncio della hostess ci comunica che il ritardo è dovuto al traffico aereo.

Non sono sicuro della veridicità dell’affermazione dato che ho notato tecnici aggirarsi attorno all’aereo con degli enormi manuali d’istruzioni. In ogni caso, con un’ora di ritardo lasciamo Pyongyang e il volo fila liscio fino all’aeroporto di Vladivostok, presso la già citata cittadina di Artyom. Superato il controllo doganale, stavolta accompagnato dall’affettuosità e relativa leccata del cane antidroga russo, mi dirigo al parcheggio dove finalmente recupero la Toyota Hilux qui abbandonata per poco più di 72 ore. Comincia il viaggio di giornata, questa volta solo in due visto che sono accompagnato dal Cinghiale Bruno. L’obiettivo è portarsi a ridosso del confine cinese per poter presentarsi in dogana nelle prime ore del mattina della giornata di domani. Dopo uno spuntino e un pieno di gasolio nella sempre presente stazione di servizio Rosneft, si risale a nord per una parte della strada percorsa nei giorni passati per raggiungere Vladivostok. Da qui si svolta decisamente verso sud per percorrere una strada che si avventura in un paesaggio che tutto ricorda meno che di essere in Russia. Oltre il verde da foresta fluviale, avvistiamo più volte cartelli che ci avvisano di essere in un parco chiamato “terra del leopardo”. Oltre la tigre dell’Ussuri in questa zona si aggira anche il leopardo! Siamo in altura rispetto a tutto ciò che ci circonda e grazie ad una ottima visibilità si scorge anche Vladivostok sull’altro lato del golfo. Paradossalmente, meno di una settimana fa avevamo una visibilità di 30 metri e oggi superiamo abbondantemente i 30 chilometri.

La destinazione della giornata è la piccola cittadina di Kraskino, a 25 chilometri dalla Cina e quasi altrettanto dalla Corea del Nord. Siamo quasi nel punto più a sud della Russia, battuti per un grado di latitudine dalla zona più meridionale del Caucaso. A Kraskino c’è molto poco se non un albergo di medie dimensioni studiato per i cinesi in transito da questo confine strategico, essendo quello più meridionale tra Russia e Cina. I prezzi dell’Orion Complex non sono carissimi, ma l’acqua calda c’è solo per poche ore al giorno. Da qui nella giornata di domani saremo al confine in circa 20 minuti. Entrando in Cina sposteremo le lancette indietro di due ore e quindi coltiviamo la speranza di avere comunque una buona parte della giornata per viaggiare verso Pechino. Nel frattempo i cinesi di passaggio completano il saccheggio della cucina, e noi rischiamo di rimanere a pancia vuota. Ci salva il vecchio e impresentabile cafè Korona, dove il menù prevede solo borsh, una polpetta di carne e del purè. Non ci sono alternative e accettiamo l’offerta. La passeggiata serale tra i ruderi e le poche case decenti di Kraskino riserva una interessante sorpresa. All’interno del parco cittadino ci sono dei monumenti a ricordo del tenente dell’Armata Rossa Michail Kraskin, a cui il villaggio deve il nome, che è morto con qui nel 1936 durante uno scontro di frontiera con i giapponesi che tentavano azioni offensive, la più violenta delle quali, nel 1938 a Chasan, si concluse con centinaia di caduti da entrambe le parti prima che le truppe sovietiche riuscissero a respingere i nipponici. Oltre ciò, nella strada principale è in manutenzione un bel monumento di epoca sovietica, oltre ad un grande murale dedicato a Lenin nel cinquantesimo anniversario della rivoluzione d’ottobre.

Osservando le cinque mucche che bevono da una grande pozzanghera vicino all’Hilux, ci corichiamo in attesa della difficile giornata di domani.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno il Cinghiale