Ritorno da Volgograd – Giorno 1

Lasciamo Volgograd nel giorno più infame. Appena lasciata la città veniamo a sapere della strage della stazione.

Questa triste pagina di diario tiene solo marginalmente conto del grave fatto accaduto alla stazione ferroviaria della città dove abbiamo vissuto undici giorni. Nelle prossime ore pubblicheremo un resoconto solo su questo argomento cercando di esaminare il perché di questi episodi di violenza, che uccidendo innocenti non possono essere utili a nessuna causa.

Assieme alla nostra partenza arriva la parte più fastidiosa delle insidie del Generale Inverno, il ghiaccio. Da alcuni giorni le temperature erano scese, ma la spruzzatina di neve della giornata di ieri ha trasformato l’asfalto e i marciapiedi in superfici decisamente scivolose. Di primo mattino assistiamo a numerose scivolate di pedoni mentre attraversano al strada o aspettano il tram.
Tutto questo serve da monito ad una guida attenta, visto che le prime due ore di viaggio saranno accompagnate dall’oscurità, grazie all’abolizione dell’ora solare di cui abbiamo già parlato nel viaggio di andata.
L’ultimo atto in quel di Volgograd sono i rifornimenti di gasolio e metano a prezzi incredibilmente convenienti. Un litro di gasolio costa circa 0,65 euro, un metro cubo di metano appena 0,20! Per completezza di informazione: la benzina è attorno agli 0,67 euro e il gpl ben 0,33. Tra l’altro non mancano i distributori: nella zona di Volgograd ci sono tre stazioni di metano delle quali la più comoda è sulla tangenziale nei pressi del bivio per Rostov, la nostra direzione.

Comincia quello che sarà il nostro lungo viaggio di ritorno, che ci vedrà riattraversare tutta l’Ucraina, questa volta seguendo la costa del Mar Nero. Negli occhi e nelle orecchie ancora restano i saluti di Marco, Ruslan, Andrej, Jura, gli amici della casa che ci ha visto ospiti per undici giorni. L’ultimo saluto è quello di Dik, che ci regala l’immancabile leccata, massimo gesto di affetto nel mondo canino.

Emanuele scatta l’ultima foto del nostro Daily che parte dall’innevato parcheggio davanti a casa, e noi lo salutiamo dal finestrino nonostante la temperatura sconsigli il gesto. Ora, invece, non ci passa minimamente per la testa di muovere i finestrini: il rischio che il gelo blocchi il meccanismo di apertura è alto, come del resto sarebbe potuto succedere alle serrature del veicolo, sulle quali abbiamo spruzzato quotidianamente spray antigelo.

I primi 350 chilometri, lungo la M-21,  sono gli unici che coincidono on il viaggio di andata, con la differenza che stavolta li facciamo di giorno ammirando il panorama della steppa innevata che circonda la regione di Volgograd. È spettacolare riuscire a vedere il Don completamente gelato nei pressi del grande ponte di Kalač-na-Donu, che grazie al ghiaccio sulla strada percorriamo a meno di 30 km orari.
Proprio in questo momento, superato il Don, cominciano ad arrivare le notizie dell’attentato alla stazione di Volgograd. I primi sms arrivano dall’Italia, poi la radio russa annuncia il fatto, infine la conferma da Emanuele. L’argomento diventa il triste protagonista della nostra giornata e seguiamo in radio tutte le informazioni sulla cosa. Molti amici ci contattano per sapere se siamo coinvolti, ma almeno Giacomo e Guido sono ad oltre 150 chilometri dalla città. Emanuele invece era nei pressi della stazione, ma non è stato coinvolto se non nel vedere il terribile spettacolo poco dopo l’accaduto.

Alla fine della mattinata passiamo sulla M-4, la veloce strada che collega Mosca con il porto di Rostov-na-Donu, alla foce dell’omonimo fiume, dove effettuiamo il secondo rifornimento di metano. Lasciati Rostov e il suo fumoso traffico, che ci blocca per oltre due ore, facciamo passare sotto le nostre ruote gli ultimi chilometri di Russia presentandoci alla frontiera di Taganrog-Novoazovsk. Il confine è situato lungo la strada più diretta verso la Crimea ed Odessa, ma essendo decisamente lontani dall’estate non temiamo particolare file. Invece sbagliamo: dopo l’attentato alla stazione di Volgograd le misure di controllo a tutti i veicoli in uscita dalla Russia sono molto più attente e ci costringono ad oltre due ore tra fila e ispezioni minuziose al nostro veicolo.

Contrariamente al viaggio di andata, stavolta il confine ci permette di guadagnare due ore di fuso orario che in parte si compensano con il tempo perso in dogana. Siamo in Ucraina ed è buio pesto. La  prima considerazione è l’aumento della temperatura visto che tocchiamo i 4 gradi, che sono il record positivo del viaggio. La seconda è il peggioramento del manto stradale e la scomparsa della cartellonistica nei pressi della città di Melitopol. Il risultato è il perdersi dapprima nella città e successivamente nelle campagne circostanti. Alla fine recuperiamo la strada giusta dopo aver dissipato un’altra oretta. Arriviamo a Berdjans’k, città di sosta anche nella Roma-Volgograd 2011, dopo oltre 14 ore di viaggio e circa 750 chilometri di strada. Berdjans’k è una meta del turismo estivo e nonostante siamo fuori stagione ci permette di trovare un alloggio confortevole e un ristorante per un’ottima cenetta a base di vareniki e carne alla Stroganoff bagnati con vino georgiano della regione di Khaketi.
Esausti ci rifugiamo nelle stanze dell’Hotel Berdjans’k da dove domani tenteremo di raggiungere Odessa in un’unica giornata di viaggio.

Go West!

Partita questa mattina la spedizione di ritorno da Volgograd dell’Associazione Torino-Pechino

Dopo 11 giorni di permanenza a Volgograd, la ex Stalingrado, per due dei tre membri dell’Associazione Torino-Pechino, Giacomo Benedetti e Guido Guerrini, è arrivato il momento di ripartire. Emanuele Calchetti, invece, si trattterrà fino a meta marzo in terra russa continuando la collaborazione con la Comunità Giovanni XXIII che fino a questo momento ha ospitato tutto il team.
Per l’Iveco Daily della Piccini Impianti comincia un nuovo test di poco meno di 4.000 chilometri, finalizzato a capire se i buoni risultati, relativamente ai consumi, del viaggio di andata siano ripetibili. Un esito che ha lasciato positivamente stupiti anche tutti coloro che hanno scelto l’impianto Landi Renzo per questo viaggio inusuale e teso a dimostrare l’affidabilità del sistema che miscela gasolio e metano.
Il viaggio di ritorno si svolgerà lungo un itinerario più meridionale di quello dell’andata, seguendo la costa del Mar Nero, percorrendo una strada più lunga, ma allo stesso tempo meno problematica dal punto di vista delle temperature. Capodanno in movimento per Guerrini e Benedetti, con ogni probabilità nella città portuale di Odessa, in Ucraina. Nei primi giorni di gennaio, dopo aver attraversato Moldavia, Romania, Serbia, Croazia, Slovenia e mezza Italia, il Daily sarà di nuovo pronto per riprendere il normale servizio lavorativo, senza dubbio su tratte stradali meno impegnative.
“La scelta di un itinerario di ritorno differente non è solo legato alle condizioni climatiche meno proibitive, ma anche al proseguimento del censimento dei distributori di metano dell’ex Unione Sovietica” precisa Guido Guerrini, che aggiunge che “grazie al nostro lavoro è possibile mettere a disposizione informazioni per tutti coloro che con un’auto normale o un veicolo pesante vogliono raggiungere la Russia usando come combustibile principale il metano”.
Convinto della positività della propria esperienza pure il pievano Giacomo Benedetti, che sottolinea che “oltre quindici giorni tra Ucraina e Russia mi hanno aiutato a comprendere meglio questi paesi dei quali in Italia si parla davvero poco. È da sottolineare”, aggiunge, “come attraverso esperienze di vita quotidiana sia stato possibile entrare in contatto con molte persone del luogo, una ricchezza che solo viaggi come questo possono regalare”.
Per Emanuele Calchetti, che per la terza volta si tratterrà a lungo in terra russa, “è strano non essere a bordo dopo aver condiviso un viaggio d’andato ricco di momenti interessantissimi e divertenti, ma  altrettanto stimolante e arricchente sarà rimanere qui a Volgograd, che ormai è la mia seconda casa”.
Con la nuova partenza dell’equipaggio riprenderà la pubblicazione quotidiana del diario di bordo nei portali www.torinopechino.it e www.ecomotori.net.

Ritorno a Volgograd – Giorno 6

L’ultimo risveglio in Ucraina è di quelli difficili. Siccome perderemo due ore di fuso orario passando la frontiera, decidiamo di anticipare la partenza per non subire passivamente la perdita di due importanti ore di viaggio. È curioso passare da un’ora di anticipo rispetto all’Italia alle tre ore che avremo stasera. Fino a poco tempo fa le ore erano due, ma una delle recenti riforme di Putin ha previsto la soppressione dell’ora solare e l’accorpamento dei fusi orari che da 11 scendono a 6. Questo comporta che da una zona all’altra della Russia l’orario cambia di due ore alla volta. Per alcuni aspetti è una riforma interessante visto che semplifica la vita di coloro che vivono in vaste aree della Russia, ma come controindicazione ha il fatto che in ogni confine di fuso orario il salto orario è significativo.

Usciamo dalla laboriosa e trafficata Lugansk senza incontrare grossi problemi. Ovviamo alla carenza di cartellonistica orientandoci verso un’accecante alba che ci guida verso est. Invece a Krasnodon la cartellonistica c’è, ma delle due è ingannevole: per farci evitare il centro cittadino ci spinge verso stradine periferiche completamente gelate, dove sperimentiamo la prima leggera scivolata su ghiaccio del nostro lungo Daily. La gita attorno al paese prosegue con un paradossale tour attorno ai “terrakony” delle miniere di Krasnodon. Sono le uniche asperità che rendono meno noiosi i piatti panorami locali. Come ci è capitato più volte in passato osservare, il terrakon è davvero interessante: si tratta di montagne, solitamente a forma di cono vulcanico, composte della terra estratta dalle miniere che a seconda di stagione, riflessi del sole e vegetazione, riescono ad assumere colorazioni cangianti.

Recuperiamo la strada principale calcolando in almeno mezz’ora il tempo perso. Gli ultimi chilometri di Ucraina sono senza dubbio i peggiori, con strada gelata e ricca di buche. Arriva finalmente il momento della dogana che più temiamo, quella di Izvarine-Donec’k, che ben conosciamo per esserci passati altre volte. Le operazioni sul lato ucraino si ultimano in appena venti minuti. Passiamo alla Russia, dove solitamente la burocrazia regna sovrana, e anche quando tutto fila liscio le attese non sono brevi. Dopo la compilazione delle carte di immigrazione e l’ammissione in dogana si passa al controllo passaporto, dove la bionda e carinissima funzionaria, della quale segnaliamo un convincente smalto blu, alterna sorrisi a perplessità sulle differenze tra il visto di Emanuele (scopi umanitari) e quello di Guido e Giacomo (turistico). Nel frattempo il conducente designato, in questo caso Guido, affronta le problematiche relative al furgone cominciando dall’ispezione del carico. Vestiti, cibi, vini, il tutto viene da noi spacciato per regali di Natale e Capodanno onde evitare domande sui motivi umanitari del viaggio e sulla destinazione finale degli aiuti. Dubbi nascono anche dal fatto che il veicolo dell’azienda Piccini viene portato in Russia da soggetti che apparentemente fanno turismo. Per fortuna i dubbi non si trasformano in ennesime problematiche. L’ultima perla viene da un baffuto doganiere che ci chiede degli euro in moneta per la sua collezione numismatica. In un primo momento pensiamo al ritorno di moda della corruzione, invece il nostro amico seleziona con cura le monetine che gli mancano lasciandoci tutte le altre.

Eccoci finalmente in Russia dopo altre due ore (senza contare le due di fuso orario), ma ancora senza aver completato le formalità, ovvero la copertura assicurativa. L’ufficio al di fuori della frontiera è gestito da tre ragazze all’interno di un prefabbricato nel quale veniamo ospitati. Sediamo in un letto e assistiamo alla compilazione dei moduli che ci riguardano. Cinquanta euro completano il percorso. Le tre assicuratrici riescono a rifilare al conducente designato anche un’ulteriore assicurazione medica probabilmente inutile.

Conquistati dei rubli nella banca più vicina ed effettuata una lunga sosta ad un passaggio a livello dove transita un treno merci con ben quattro locomotori, siamo lungo la M-21, la lunga strada che ci condurrà a Volgograd. Prima di affrontare gli ultimi 300 chilometri ci concediamo un pranzetto a base di plov e pel’meni.

La M-21 è molto buona e di facile percorrenza nei mesi caldi, ma d’inverno è un nastro d’asfalto nel bel mezzo della steppa dove è facile che il vento porti la neve al centro della strada. Alterniamo momenti di veloce percorrenza ad altri dove la cautela deve essere massima soprattutto perché, volendo arrivare al traguardo finale, viaggiamo almeno due ore con il buio e quindi con il ghiaccio.
Emozionante, nonostante l’oscurità, è il consueto passaggio da Kalač-na-Donu con il ponte sul fiume Don e tutti i ricordi che si porta dietro soprattutto per noi italiani.

A meno di cento chilometri da Volgograd ci prendiamo un grande spavento quando ci troviamo al centro della strada un insolito cumulo di neve. In realtà si tratta della linea di separazione tra due corsie, una di marcia ed una di svolta, ma dove gli spazzaneve hanno lasciato i residui del loro lavoro. Ecco quindi che, impossibilitati a cambiare direzione a causa di altre auto, finiamo dritti nel cumulo bianco. L’unico correttivo che riusciamo ad applicare è rallentare la corsa del Daily poi definitivamente fermato, in modo soffice, dalla neve. Apparentemente le ruote non fanno presa nel manto nevoso e fatichiamo non poco ad uscirne combinando molte retromarce a piccoli avanzamenti. Riprendiamo il cammino e forti dell’insolita esperienza raddoppiamo la prudenza.

Alle 21,15 minuti dell’ora di Mosca (le 18,15 in Italia) siamo all’ingresso di Volgograd. Nonostante l’oscurità ci concediamo lo sfizio della foto con la storica insegna che porta i tre nomi di questo luogo: Caricin (Tsaritsin), Stalingrado e infine Volgograd, come la città si chiama dal 1961. Torneremo nei prossimi giorni a glorificare il nostro veicolo con delle foto diurne.

Se le strade cittadine principali sono state ripulite dalle grandi nevicate dei giorni scorsi, lo stesso non si può dire per le stradine del quartiere tzigano dove è ubicata la sede della Comunità Giovanni XXIII. Galleggiando tra la neve, e faticando per l’ultima volta in questo lungo giorno, raggiungiamo la destinazione, e troviamo ad aspettarci Marco, Ruslan, Jura, il tedesco Jonas e il fido cane Dik. Finalmente svuotiamo il Daily e saturiamo dispensa e magazzino del luogo dove saremo ospitati. Nei prossimi giorni, quelli più prossimi al Natale, i materiali saranno distribuiti ai senzatetto che la comunità segue.

La giornata conclusiva dell’ultimo giorno del viaggio di andata si chiude con un cenone a base di pel’meni e vino italiano, accompagnato dai racconti di Marco che ci aggiorna sulle novità che caratterizzano la vita della città.

Ritorno a Volgograd – Giorno 5

Sveglia mattutina a temperature più basse del solito. Affacciarsi alla finestra e vedere l’adiacente lago gelato, ora illuminato dalla luce mattutina, ci fa sentire molto lontani da casa. La signora che gestisce il motel è molto orgogliosa del panorama invernale di cui si può godere e conveniamo con lei sul fatto che sia decisamente “krasìvo” (bello). Lo specchio d’acqua è popolato da diverse persone: oltre a quelle impegnate a pescare c’è perfino un ragazzo che, armato di mazza, disco e ginocchiere, si allena da solo a giocare ad hockey. Anche noi ci avventuriamo in una veloce passeggiatina sulla superficie ghiacciata, per poi salutare tutti e riprendere il viaggio.

La strada è ancora in buone condizioni fino alla periferia di Char’kov. Ormai da tempo, e sempre più man mano che ci addentriamo nell’Ucraina orientale, quasi tutte le scritte che incontriamo, a parte i cartelli stradali ufficiali, sono in russo e non più in ucraino, a conferma del fatto che in questa parte del Paese la popolazione russofona è netta maggioranza.

Char’kov, con il suo milione e mezzo di abitanti, è la seconda città più grande dell’Ucraina. A differenza delle vicine Dnipropetrovs’k e Donets’k, che sono il cuore minerario della nazione, è il cervello industriale. Non a caso alla fine degli anni quaranta del Ventesimo secolo proprio qui si è sviluppata l’industria nucleare sovietica. Char’kov è inoltre il luogo in cui i resti delle divisioni italiane sbaragliate in Urss nell’inverno 1942-1943 si radunarono dopo la battaglia di Nikolaevka per ritornare verso casa. I pochi che riuscirono ad arrivare in città in quel contesto avevano percorso 250 chilometri a piedi, vedendo morire nel tragitto la gran parte dei propri commilitoni, abbattuti da freddo, fame, malattie, partigiani e soldati sovietici.

Attraversiamo Char’kov percorrendo una complicata tangenziale ricca di svolte ma povera di cartelli. Qui facciamo un nuovo rifornimento di metano in un obsoleto distributore. Il nostro Iveco Daily è ben accompagnato dallo storico camion ZiL-130 e da un altro antiquato ma affascinante mezzo pesante.

Cento chilometri più a sud sostiamo per il pranzo in un altro luogo di concentrazione di truppe italiane, stavolta nel viaggio di andata verso il fronte orientale nell’estate del 1942. Si tratta della cittadina di Izium, scalo ferroviario dal quale degli increduli alpini furono inviati a combattere non, come credevano, fra le montagne del Caucaso, ma sulle pianure lungo il fiume Don a nord di Stalingrado. L’episodio è descritto in molti libri, tra cui l’interessante e dettagliato “La ritirata di Russia” di Egisto Corradi, edito da Longanesi nel 1965. Anche in questo caso i soldati, dopo giorni e giorni di treno, dovettero spostarsi a piedi da Izium al fronte, distante circa 200 chilometri.

In questo tratto di strada non c’è traccia dei lavori di miglioramento che in Ucraina hanno interessato molte tratte in occasione dei Campionati europei di calcio dello scorso anno. Di conseguenza viaggiamo su una striscia d’asfalto considerevolmente dissestata che più si conforma alla canonica definizione di “strada russa”; ciò ci impone velocità basse e un’enorme attenzione alle tante buche in mezzo alla carreggiata e al ghiaccio che si stende ai lati.

Provati dagli scossoni raggiungiamo la destinazione odierna, la città di Lugans’k, a soli 50 chilometri dal confine di Krasnodon tramite cui abbiamo in programma di entrare nella Federazione russa. Prima di sistemarci nel comodo hotel che porta il nome della città, un’imponente struttura sovietica che era stata tappa anche del viaggio estivo a Volgograd nel 2012, facciamo un altro rifornimento di metano. In questo caso il sistema è davvero interessante, perché si tratta di quello pionieristico scomparso dai distributori italiani ormai da diversi anni: la pompa non calcola automaticamente il gas erogato, bensì la pressione che, combinata con la capacità delle bombole, permette di determinarne lo spazio vuoto, e da quello i soldi da pagare.

Dopo una doccia ristoratrice, ci incamminiamo lungo Ulica Sovetskaja (Via Sovietica) che, con temperature ben al di sotto dello zero, presenta marciapiedi completamente ghiacciati. Ammiriamo operai spalare a mano cumuli di neve che vengono poi trasferiti tramite ruspa dentro molti camion con destinazione ignota. Ci chiediamo in senso ironico se tutta questa neve verrà portata nella città di Soči, dove si svolgeranno dal prossimo febbraio i Giochi olimpici invernali.

Ci fermiamo in uno dei tanti locali in cui nella tappa dell’anno scorso non eravamo riusciti a trovare posto, a causa dei tanti ucraini che affollavano i ristoranti per guardare la sfortunata partita della loro nazionale ai Campionati europei di calcio contro l’Inghilterra. Come sempre cerchiamo piatti tradizionali, e questa sera ci dedichiamo in particolare agli šašliki, buonissima carne di maiale arrosto, accompagnati da birra Černigovskoe.

Rientrati in albergo seguiamo al telegiornale gli sviluppi dell’importante incontro odierno tra il Presidente ucraino Janukovič e quello russo Putin a Mosca. A quanto pare la Russia comprerà 15 miliardi di dollari di bond ucraini e abbasserà di un terzo il prezzo del gas venduto al Paese vicino. Janukovič ha così ottenuto dalla Russia agevolazioni e liquidi di un valore pressoché pari ai 40 miliardi richiesti ma non ottenuti bussando alla porta dell’Unione Europea. Tutto questo piacerà alla parte orientale e filo-russa del Paese mentre alzerà probabilmente la tensione nella parte occidentale.

Ritorno a Volgograd – Giorno 4

"Cinghiali" sul lago ghiacciato di Valki.

"Cinghiali" sul lago ghiacciato di Valki.

Cominciamo la nuova settimana tuffandoci nel traffico di Kiev per raggiungere, risalendo le rive del fiume Dnipr, l’officina Global, referente dell’azienda Landi Renzo per l’Ucraina. Qui abbiamo in programma un incontro con responsabili e meccanici che esaminano il nostro impianto Dual Fuel che mescola metano e gasolio. Non ci sottraiamo mai a questi impegni perché è sempre piacevole valorizzare la collaborazione con i rappresentanti dei nostri partner. Tra l’altro questa visita ci è utile perché nell’occasione ci viene messo a disposizione un adattatore che, a differenza di quello in nostro possesso, collega direttamente l’attacco italiano del nostro impianto alle pompe di metano in uso in Ucraina e in Russia.

Dopo le foto di rito e una chiacchierata sulla rivoluzione anche con i tecnici dell’officina, è il momento di fare un nuovo rifornimento di metano. Ci rechiamo in una desolatissima stazione dove probabilmente sono arrivati di rado (o forse mai) veicoli italiani ad energie alternative. Prima che il gasista si convinca a procedere alla ricarica dobbiamo dimostrare tramite il libretto di circolazione che il veicolo è correttamente alimentato a metano e che le tre bombole sono state opportunamente collaudate. Il nostro interlocutore esamina di persona le bombole stesse e infine effettua il lento rifornimento. Tale piccolo contrattempo non si era verificato nel precedente rifornimento ad Užgorod, data probabilmente la maggior frequenza di automobili straniere in una zona molto più vicina ai confini occidentali del Paese. Speriamo che anche il nostro viaggio, portando un veicolo occidentale in rotte ben poco consuete, contribuisca a far diminuire la diffidenza dei gestori delle stazioni di rifornimento.

Lasciamo infine Kiev attraversando il Dnipr, e non possiamo non ricordare come proprio le acque di questo fiume raffreddassero i reattori della centrale nucleare di Černobyl’, ubicata a meno di centro chilometri da qui. Imbocchiamo la strada M-03, che ci porterà verso il confine russo, distante ancora, nella rotta che intendiamo seguire, circa 850 chilometri. Nonostante un po’ di neve caduta in nottata, il clima odierno non è avverso e l’unica cautela è quella di prestare attenzione al ghiaccio e al consueto stile di guida “euforico” dei camionisti locali.

L’obiettivo della giornata è avvicinarsi alla città di Char’kov, i modo che, se il tempo non farà brutti scherzi, si possa raggiungere Volgograd nel giro di due giorni. Il nostro tragitto è come sempre allietato dalle radio locali che trasmettono spessissimo brani italiani, e non manchiamo di stilare una classifica in tempo reale degli artisti più gettonati: dopo due giorni di ascolto guidano questa “hit parade” Adriano Celentano e un Pupo più sorprendente del solito, davanti a Ricchi e Poveri, Umberto Tozzi e Al Bano e Romina. Ancora indietro cavalli di razza come Riccardo Fogli e Toto Cutugno, mentre per i Matia Bazar c’è la consolazione di una serie di cartelloni pubblicitari di un loro futuro concerto a Kiev (per i fans l’appuntamento è per il 9 febbraio).

Nei pressi di Poltava incontriamo un distributore di metano lungo la strada. Stavolta convincere il custode del punto di rifornimento ad autorizzarci a fare il pieno è più facile del previsto. Dopo pochi metri riusciamo anche a rabboccare il gasolio. Esaminando i dati di quest’ultimo tratto di strada, notiamo con sorpresa di essere riusciti con un’andatura costante a raggiungere un ottimo risultato: poco meno di 350 km con circa 18 litri di gasolio, pari ad una media di 20 km con un litro. Il consumo così buono, raggiunto grazie ai circa 15 kg di metano, ci fa supporre che il metano ucraino abbia un potenziale maggiore rispetto a quello con cui ci riforniamo in Italia. In definitiva, nei 350 km esaminati abbiamo “speso” circa 25 euro!

Lo stop della tappa odierna è 50 km prima di Char’kov, a Valki, paesino con un simpatico motel vicino alla strada principale. All’Ezers spendiamo 50 euro in tre per pernottare e cenare abbondantemente. Intanto il Daily è parcheggiato lungo le sponde di un lago completamente ghiacciato dove alcuni pescatori, nel buio della notte, si dedicano alla propria attività con la tecnica del buco sul ghiaccio.

La vicina statua di Lenin in perfetta salute, sulla piazza a lui dedicata lungo il viale omonimo, testimonia che siamo passati nell’Ucraina orientale, la parte abitata dai filo-russi e che vede positivamente la politica di Janukovič. Ricordiamo per l’ennesima volta che Lenin in questi contesti non è tanto un simbolo politico, quanto un segnale della presenza russa su questo territorio.

Non a caso anche la conversazione con le simpatiche e attempate cuoche si svolge esclusivamente in russo e i commenti delle tre donne sui manifestanti di Kiev e sulla richiesta di adesione dell’Ucraina all’Unione Europea sono ben poco benevoli. Continuiamo a chiacchierare mentre consumiamo pel’meni, carne, patate, birra e infine un pesante pirožok, la tipica pastella ripiena, tipico cibo russo che può essere ripieno di carne, patate, cavolo o, come in questo caso, frutta.
Sazi, ci ritiriamo a dormire presto per essere il più in forma possibile nelle ultimissime tappe che ci separano dalla destinazione.

A Volgograd con un sistema di alimentazione ecologico sperimentale

È in partenza da Sansepolcro un nuovo viaggio ecologico organizzato dai ragazzi della “Torino-Pechino”, associazione culturale nata in occasione dell’allestimento dell’impresa del 2008 che vide i tre giovani valtiberini Guerrini, Gnaldi e Dini raggiungere la Cina e rientrare in Italia a bordo di una Fiat Marea a gpl.
La destinazione del nuovo viaggio è Volgograd, nel sud della Russia, e in particolare il centro gestito dall’Associazione Giovanni XXIII, che si occupa di progetti di assistenza ai senzatetto. Volgograd è già stata raggiunta da viaggi dell’associazione, con l’equipaggio Guerrini-Calchetti, nell’inverno del 2011, su Gonow a gpl, e nell’estate del 2012, di nuovo sulla Marea “cinese”.
Stavolta il team in viaggio si arricchisce di una nuova figura:  il 33enne di Pieve Santo Stefano Giacomo Benedetti, di professione guida ambientale. Altra novità assoluta è il veicolo scelto: si tratta di un furgone Iveco Daily alimentato con il nuovo sistema sviluppato dalla ditta Landi Renzo che prevede l’impiego di una miscela di gasolio e metano. L’utilizzo di questo veicolo, messo a disposizione dalla ditta Piccini Impianti di Sansepolcro ed allestito in collaborazione anche con Galardini Gomme, consentirà di testare per la prima volta il nuovo sistema di alimentazione su un percorso così impegnativo come è quello per raggiungere la Russia in pieno inverno.
“Come nostro solito”, commenta Guido Guerrini, “tra gli obiettivi che ci prefiggiamo c’è quello di contribuire alla pubblicizzazione di modalità di propulsione che permettano di avere un ridotto impatto ambientale: in questo caso si tratta di un sistema che garantisce circa il 15% in meno di emissioni di CO2, il 60% in meno di emissioni di PM10, un’autonomia del 20% in più e, non ultimo, un risparmio economico di circa il 30%”.
Il viaggio di andata attraverserà Austria e Ungheria per poi addentrarsi nell’Ucraina e da lì accedere alla Russia meridionale, attraversare il fiume Don e raggiungere finalmente Volgograd. Il tutto con rifornimenti di metano agevolati dalla collaborazione con il portale EcoMotori.net, che mappa tutti i distributori “ecologici” d’Europa.
“La durata del viaggio varierà in base alle condizioni meteorologiche, ma orientativamente pensiamo di raggiungere la ex Stalingrado dopo 5 o 6 giorni di marcia”, spiega Giacomo Benedetti, “dopodiché Guido ed io ci tratterremo presso il centro Giovanni XXIII circa una settimana, mentre Emanuele rimarrà a collaborare con quella realtà per tre mesi”.
Proprio Calchetti, che ha già vissuto a Volgograd per diversi mesi nel corso degli ultimi due anni, spiega che “come due anni fa, prima della partenza siamo riusciti a raccogliere, grazie alla generosità di amici e sponsor come BMA e Io vivo in Toscana, molti vestiti pesanti da portare al centro, dove si provvederà a distribuirli ai senzatetto, che nel pieno dell’inverno russo si trovano ad affrontare condizioni di vita di particolare ed ovvio disagio”.
Il viaggio del trio valtiberino potrà essere seguito tramite aggiornamenti in diretta sul sito dell’associazione www.torinopechino.it e su www.ecomotori.net.