Giorno 52 – Giochi con le frontiere

6 agosto 2018

Team 1: Hunchun-Ussurijsk (tratto in auto Kraskino-Ussurijsk 201 km) – Tot. 15.074

Il tempo di una rapidissima colazione ed una non meglio precisata amica di Mr. Wang preleva Guido dall’albergo per accompagnarlo alla stazione di confine tra Cina e Russia. Per questa missione non viene chiesto alcun compenso, cosa abbastanza strana da queste parti. Guido viene lasciato davanti al cancello che aprirà alle 8 del mattino dell’ora di Pechino, corrispondente alle 10 di Vladivostok. Questo significa che perderà, anche nella migliore delle ipotesi, almeno due ore. Alla fine del percorso di attraversamento le ore perse saranno ben otto… L’attesa è allietata dall’alzabandiera cinese e una serie di canzoni nella lingua locale, tra cui si riconoscono le melodie di “Bella Ciao” e de “L’internazionale”.

Il primo atto è una parziale ripetizione del problema di martedì scorso sull’altro lato del confine: “A piedi non si può entrare”, spiega mimando il soldato cinese di guardia. Infatti la regola prevede che l’unico mezzo con cui si può passare il confine è l’autobus. La prima corriera si presenta puntuale in frontiera, ma è netta anche la risposta alla richiesta di salire a bordo. “Sold out” viene ripetuto riguardo ai primi dodici autobus. Due ore dopo Guido riesce a salire sul tredicesimo, pagando la bellezza di 190 yuan, pari a circa 25 euro, ottenendo in cambio anche l’animazione nel bus e l’assistenza per compilare i moduli di confine. Tutto in cinese, naturalmente. Cina e Russia sono ai primi posti nel mondo nel riuscire a burocratizzare tutto, forse anche per questo la fila dei bus scorre a rilento in una dogana aperta appena otto ore al giorno, senza pausa pranzo, come recitano i cartelli. Mentre noi siamo a cavallo del confine in attesa che i russi alzino la sbarra, dalla stazione di frontiera cinese arrivano turisti, accompagnati da militari, per fare foto sulla linea di confine assieme al cippo che segnala dove finisce la Cina e inizia la Russia. Qualcuno si spinge a salire sulla linea rossa disegnata nell’asfalto che in teoria non dovrebbe essere superata.

Finalmente siamo nella parte russa del confine, dove Guido gioca in casa e non solo perché riesce a capire qualcosa di più rispetto al cinese. Si presenta al cospetto degli stessi doganieri protagonisti dei fatti legati al primo transito da qui, e sorprendentemente tutti manifestano interesse sul come sia andato il nostro viaggio fino a Pechino. C’è cordialità e forse anche un pizzico di dispiacere per aver costretto il nostro viaggio a modificare l’itinerario. Una doganiera di grado maggiore prende Guido in disparte e mostra una cartina con tutti i posti di confine della regione, confermando l’attuale chiusura alle auto anche di quelli fluviali. Viene mostrata, a circa cinquanta metri dalla attuale strada per i bus, la struttura semi-abbandonata che serviva al traffico automobilistico quando era permesso. Viene confermata la probabile riapertura in vista della estate 2019.

Di fatto questo gioco con gli autobus è un business notevole. Considerando i 25 euro a testa da entrambi i lati e il numero di passeggeri giornalieri si capisce chi spinga a mantenere lo status quo di una decina di luoghi come questo. Tutti i turisti cinesi e russi che varcano il confine sono costretti a farlo con questo sistema, arricchendo chi gestisce il traffico dei bus.

Lasciando la dogana notiamo che sono fermi prima della sbarra che separa la Russia dall’area di confine sei fuoristrada con targa cinese che si trovano nella stessa situazione capitata a noi. Vengono dal confine di Zabajkalsk-Manzhouli, l’unico al momento aperto al traffico veicolare. Dopo aver girato attorno a tutta la Manciuria saranno costretti a rifarsi tutto il percorso a rovescio o imbarcare i veicoli a Vladivostok. Pazzesco che non siano stati informati di questo neppure alla loro frontiera di ingresso tra Cina e Russia.

A causa del fuso orario il festoso ricongiungimento tra Guido e Bruno avviene a metà pomeriggio. Il tempo di recuperare il nostro amato veicolo nel caro parcheggio dell’albergo, cambiare denaro e sistemare i bagagli e siamo pronti a partire evitando di investire il migliaio di cinesi che popolano Kraskino in attesa che un nuovo pullman, dopo quello del confine, li porti fino a Vladivostok. Ancora con l’ausilio del diesel-metano percorriamo rapidamente i circa duecento chilometri che ci separano da Ussurijsk, sede odierna di tappa. L’Hotel Nostalgy ci rivede dopo appena dodici giorni e siccome l’ospitalità e la cena furono buone abbiamo pensato di ripetere l’esperienza, utile a rimettere in ordine le idee in vista delle prossime lunghe giornate. Avevamo valutato di raggiungere, circa cento chilometri più avanti, l’interessante Hotel Fort Cement a Spassk-Dalnyj, ma il rischio di non trovare posto ci ha fatto desistere. Il problema principale dei prossimi giorni sarà, oltre che gestire le energie, anche trovare posti per dormire nei rari hotel lungo il percorso. L’unico reale vantaggio di aver percorso questa strada due settimane prima è conoscere gran parte di quello che ci aspetta.

Team 2: Pechino
Dopo aver invocato aria fresca per una settimana circa, una leggera pioggia inaugura la penultima giornata pechinese, quella che da programma doveva essere dedicata alla visita della Grande Muraglia, una delle sette meraviglie del mondo. Dopo qualche momento di esitazione, i componenti del team 2, Andrea e Claudia, decidono ugualmente di affrontare le circa tre ore di spostamenti che li separano dal sito turistico, pur non sapendo se le condizioni meteorologiche consentiranno loro di godere appieno dell’escursione. Fortunatamente, il cielo nuvoloso non impedisce la visione del “gigantesco Drago” che si snoda per oltre sei mila chilometri lungo quello che un tempo era il confine settentrionale dell’impero. La visione è senza dubbio spettacolare, nonostante il sito scelto per l’escursione, quello di Badaling per l’esattezza, sia uno dei luoghi più affollati del pianeta! L’area è meta soprattutto di un turismo locale, ma nonostante le migliaia di persone e qualche inevitabile fila, l’organizzazione degli spostamenti con mezzi pubblici risulta molto economica ed efficiente, con autobus che collegano Pechino e Badaling in partenza a ciclo continuo.

Al rientro in città, Andrea e Claudia incontrano per l’ultima volta Mr Wang, che li supporta nell’acquisto dei biglietti dell’autobus che l’indomani li porterà al confine fra la Cina e la Mongolia, un viaggio di circa dieci ore fino alla cittadina di Erenhot. Da qui, il nostro team 2 proseguirà il giorno successivo verso la capitale Ulanbator.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– A Kraskino il flusso di cinesi ha portato ricchezza. Per un paese di appena tremila abitanti l’apertura del confine ha permesso la nascita di posti per dormire, per mangiare, negozi improbabili di cose russe in vendita per cinesi, taxi, autobus ecc…

Equipaggio del Giorno:

Team 1: Guido Guerrini e Bruno Cinghiale

Team 2: Andrea Gnaldi e Claudia Giorgio

Giorno 28 – Chiuso per… orsi!

13 luglio 2018, Krasnojarsk-Divnogorsk-Krasnojarsk (116 km) – Tot. 9.065

In questo giorno di quasi riposo assoluto la sveglia suona molto tardi, al punto che scegliamo di andare direttamente a fare un pranzo-colazione nella mensa sotto casa. La stolovaja “S’em Slona” (“Mangio un elefante!”) è un curioso paradosso, poiché nonostante tutto funzioni in stile russo, al muro si trovano fotografie e immagini dell’Africa. Davvero originale per noi europei pranzare nel cuore dell’Asia con piatti russi, ma vedendo davanti ai nostri occhi il Kilimangiaro, giraffe, leoni, elefanti e intere tribù africane che salutano chi entra nella mensa.

Il cartello che avvisa della chiusura “per orsi” del parco Stolby

Il programma della giornata prevede di fare una cosa che non riuscimmo a fare nel viaggio di dieci anni fa, ovvero visitare il famoso Parco naturale degli Stolby. L’attrazione di questa oasi naturale, dove si possono fare lunghe passeggiate in una zona davvero simile agli appennini dell’Italia centrale, sono delle grandi colonne di pietra. Si può raggiungere il luogo con il maggiore numero di stolby attraverso un sentiero di circa sette chilometri, il doppio dovendo anche tornare all’auto. L’alternativa è salire con una seggiovia in una montagna appena sopra Krasnojarsk e camminare a piedi per circa quaranta minuti per poter vedere dall’alto le note pietre. Quest’ultimo era il nostro programma per oggi, ma siamo stati fermati da un imprevisto abbastanza incredibili: da ieri il parco è chiuso per la presenza di orsi! Da quello che apprendiamo dai notiziari on line, un numero elevato di plantigradi è ripetutamente penetrato nel percorso turistico, causando un potenziale pericolo per gli escursionisti. Ci rechiamo comunque alla partenza della seggiovia, dove uno dei custodi ci conferma che l’accesso al parco è vietato, ma che possiamo comunque entrarci a nostro rischio e pericolo: se ci trova una guardia ci multa, se ci trova un orso ci mangia! Questa interessante previsione è sufficiente ad avviare le procedure per il piano B, ovvero recarci circa trentacinque chilometri a sud di Krasnojarsk, risalendo il fiume Enisej per ammirare da vicino l’enorme centrale idroelettrica che è tra l’altro raffigurata nelle banconote da 10 rubli. Lungo la strada che conduce a Divnogorsk, fatta di salite e discese, curve e tornanti, cosa rara nella piattezza del paesaggio russo e siberiano, si può sostare in un punto panoramico che domina la vastità dello Enisej. Scendendo da questo speciale osservatorio si incontra il pittoresco villaggio di Ovsjanka, fatto con molte storiche case di legno. In una di questa sorge il memoriale dedicato al poeta sovietico Viktor Astaf’ev, nato proprio ad Ovsjanka. Approfittiamo per una rapida escursione nel villaggio e sulle rive del fiume.

Finalmente, dopo le varie soste raccontate, raggiungiamo la grande diga sullo Enisej. Come ci aspettavamo la zona è sotto sorveglianza e per ragioni di sicurezza non ci permettono di avvicinarci troppo. Complice la nebbiolina che persiste in zona, la qualità dell’osservazione non è delle migliori. Proviamo ad andare a monte della struttura dove riusciamo ad osservare la centrale idroelettrica e da lontano anche la struttura che permette alle navi di spostarsi a valle e a monte di questo colosso alto novanta metri. Il lago formato dalla diga è lungo centinaia di chilometri e tutto attorno sorgono numerosi luoghi balneari con bungalow, case e campeggi. Tornando verso Krasnojarsk incontriamo un furgone con targa tedesca. Ci notiamo a vicenda e ci fermiamo a conversare. Conosciamo la bella famiglia composta da Jonas, tedesco, e Nadya, russa, che assieme alla piccola Marlene, nove mesi, stanno viaggiando dalla Germania alla Mongolia. Ci scambiamo informazioni sui rispettivi viaggi e sul perché li abbiamo intrapresi. È sempre curioso incontrare un altro veicolo europeo a migliaia di chilometri dall’Europa.

Nel tardo pomeriggio siamo di ritorno a Krasnojarsk anche per effettuare quella esplorazione della città che nel giorno precedente è stata solo parziale. Stavolta si comincia da una bella cena a base di shashlik (spiedini di carne) sul lungofiume. Con lo stomaco soddisfatto si passa a Piazza della Pace, che al momento è un cantiere in evoluzione, e si continua il passeggio nelle popolate strade cittadine contornate da vecchie case di legno, edifici neoclassici di epoca sovietica e qualche bizzaria architettonica di recente edificazione. Krasnojarsk nacque come insediamento militare già a metà del ‘600 e fu una importante testa di ponte per la colonizzazione dell’estremo oriente russo. In epoca sovietica era un noto luogo dove erano attivi campi di lavoro e poi successivamente aziende meccaniche e legate alla lavorazione del plutonio. Questo fece di Krasnojarsk una città chiusa, accessibile agli stranieri solo con speciali permessi.

La visita termina piuttosto presto visto che domani e dopodomani ci aspettano giornate decisamente difficili e con distanze chilometriche che ci costringeranno a passare molto tempo dentro la nostra Toyota Hilux, modello del quale abbiamo tra l’altro notato in città un numero particolarmente elevato di esemplari.

Cosa è cambiato in dieci anni?

– A dieci anni di distanza, sebbene per motivi diversi, non siamo riusciti a visitare gli Stolby

– I numerosi piccoli chioschi di shashlik nel lungofiume si sono trasformati in veri ristoranti

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololey, Bruno Cinghiale

Giorno 18 – La Torino-Pechino protagonista a Kazan

3 luglio 2018, Kazan (km 22) – Totale 5.349 km

La nostra Toyota Hilux alimentata a diesel-metano ha dovuto aspettare quasi una settimana per essere finalmente protagonista e diventare una sorta di “osservata speciale” nelle strade di Kazan. La giornata del mezzo che ci porterà a Pechino comincia con un bel lavaggio ad interni e carrozzeria. Primo trasferimento presso la stazione ferroviaria dove accogliamo Marina ed Emanuele che si uniscono ufficialmente alla Torino-Pechino. Lasciati i due moscoviti a rimettersi in sesto dopo le dodici ore di treno, Guido e Olga si recano presso la sede di Master English Kazan, la scuola con la quale abbiamo trascorso la splendida serata di venerdì scorso. Questa volta gli interlocutori non sono giovani e meno giovani provenienti da tutto il mondo, ma un simpatico gruppo di bambini russi tra gli 8 e i 13 anni che passano una parte dell’estate ad esercitarsi con la lingua inglese. Oggi avranno una lezione speciale, visto che parleremo del nostro viaggio verso la Cina e faremo una lezione di lingua italiana usando l’inglese. Impariamo giocando i numeri in italiano, le forme di saluto, i luoghi delle città, ma il momento che più interessa i bambini è la visita al macchina che andrà in Cina. Curiosamente lo spazio più apprezzato, dove i giovani ospiti chiedono di poter entrare, è il grande bagagliaio. Forse perché viene scoperta e saccheggiata la busta contenente i cinghialini di pelouche, mascotte del nostro viaggio.

(foto tatar-inform.ru)

L’equipaggio, con a bordo anche Albina, insegnante di italiano e spagnolo presso la stessa scuola Master English Kazan, si ritrova per un velocissimo pasto presso il già noto ristorante Basilico. A soli cento metri da qui c’è il luogo del prossimo incontro, ovvero la sede dell’organizzazione turistica della città di Kazan. Qui siamo ricevuti ufficialmente dalla responsabile del settore DariaSannikova, con la quale avviene una cordialissima riunione dove si parla del nostro viaggio e di possibili collaborazioni future tra le nostre città e Kazan. All’incontro assistono anche numerosi giornalisti della stampa locale, ai quali a margine rilasciamo interviste. La signora Sannikova ci ospita al vicino museo dedicato alla nascita e allo sviluppo urbanistico di Kazan e ci autorizza a raggiungere in auto la piazza antistante l’ingresso del Cremlino, in modo da poter scattare foto con la nostra Toyota Hilux in quell’affascinante scenario.

Gli impegni della lunga giornata si concludono con una straordinaria cena-degustazione al ristorante Basilico, lungo Ulitsa Baumana, l’arteria pedonale principale della città. Al gruppo si aggiungono Gulya e il piccolo, quasi due anni, Kamil’. Gulya, assieme al cugino Iskander, fu fondamentale nella spedizione di dieci anni fa ed è stata poi un importante punto di appoggio durante le visite successive al viaggio del 2008. Possiamo dire che se non ci fossero state le attenzioni e la voglia di farci conoscere la città da parte di Gulya ed Iskander, probabilmente il nostro affetto per Kazan non sarebbe mai arrivato ai livelli attuali. La degustazione che ci viene proposta consiste di un antipasto parzialmente “made in Italy”, un’ottima pizza affiancata da una lasagna ed infine carne di vitello: “Se tutte le componenti alimentari del gustoso antipasto non sono provenienti dall’Italia”, sottolinea lo chef, “è per via delle sanzioni alla Russia che complicano notevolmente il lavoro di chi vuol portare in tavola una cucina italiana vera”. Quando viaggiamo lontani dall’Italia preferiamo sempre la cucina locale a quella internazionale oppure italiana. Se dobbiamo fare delle eccezioni,questo può avvenire solo in luoghi dove la qualità di ciò che mangiamo è certa. Questo è il caso di Basilico, l’unico ristorante “italiano vero” di Kazan.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– Gulya è rimasta tale e quale a dieci anni fa, se non per l’arrivo di un figlio e per il cambio del lavoro.

– La visita al museo dedicato allo sviluppo e crescita della città è stato il tassello finale che ci è servito a comprendere i cambiamenti urbanistici di Kazan negli ultimi dieci anni grazie ad eventi come Universiadi, mondiali di nuoto e mondiali di calcio.

– C’è un bel parcheggio a pagamento nel sotterraneo della stazione principale della città. Peccato che il sistema di pagamento, con metà delle macchinette automatiche in avaria, crei delle file in uscita talmente lunghe da fare rimpiangere di non aver parcheggiato a due chilometri dalla stazione.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini,Olga Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololey, Albina Faskhutdinova, Bruno Cinghiale (e tutti i bambini della scuola English Master School).