La Milano-Cortina-Tokyo e una pizzeria estone che sa di Valtiberina

"La casa nostra" a Kaberneeme

Se il confine tra Unione Europea e Russia ha fatto perdere quasi due settimane di prezioso tempo durante il viaggio di andata della Milano-Cortina-Tokyo, questa volta la stessa dogana russo-estone tra le città di Ivangorod e Narva non ha costituito particolari problemi se non per la necessità della presenza di Domenico Raguseo oltre che in entrata anche in uscita dalla Federazione Russa. Domenico, aggiunto a sorpresa nella squadra del viaggio per esigenze di carattere burocratico, si è rivelato una persona ricca di iniziativa, sicuramente determinante sia per il successo del viaggio a metano più lungo di sempre che per l’ingresso della Vespa di Fabio Cofferati in Russia.

A Mosca!

Dopo una breve sosta a Kazan’ la Toyota di Snam, con a bordo l’impianto ibrido-gas naturale di Landi Renzo installato da Piccini Paolo Spa, ha ripreso il cammino verso la capitale russa. Questa volta è stato possibile programmare per tempo il nostro arrivo e quindi recuperare l’importante incontro con l’Ambasciata Italiana a Mosca saltato per il problema alla frontiera durante il viaggio di andata. Ad accoglierci davanti alla storica sede di Villa Berg, a due passi dal Ministero degli Esteri russo e un tempo sovietico c’erano molti addetti alla rappresentanza italiana, guidati dal vicecapo missione Guido De Sanctis e dal primo consigliere del’ufficio economico-commerciale Pierluigi Schettino. Situata vicino alla vecchia Arbat, la struttura è sede della rappresentanza diplomatica italiana dal 1924. In precedenza era di proprietà della famiglia Berg, scappata dopo la Rivoluzione del 1917. Assegnata come sede diplomatica alla Germania, fu abbandonata nel 1920 poiché il rappresentante diplomatico tedesco vi fu assassinato probabilmente da due membri dei servizi segreti russi. Prima dell’arrivo degli italiani ospitò il direttivo dell’Internazionale Comunista. Dopo le foto di rito davanti all’ambasciata, ci siamo trasferiti all’interno per un cordiale incontro che ha ripercorso le principali tappe del nostro viaggio per poi passare ad un approfondimento dei rapporti commerciali tra Russia ed Italia legati al mondo del gas naturale. Le dinamiche economiche tra i due Paesi attorno alla tematica del metano sono importantissime e mobilitano interessanti risorse economiche in entrambe le direzioni.

Qui il mondo cambia anche in soli due mesi

La Russia è un Paese che può stupire per la lentezza con la quale avvengono alcune trasformazioni o semplicemente per la sua burocrazia, che non è da meno di quella italiana. Allo stesso tempo Mosca è in grado di vincere scommesse contro il tempo e lo dimostra la velocità con cui riesce a costruire infrastrutture, ad esempio il ponte che unisce la Crimea al resto del Paese, oppure per i risultati della ricerca contro il Covid che hanno portato alla nascita dello “Sputnik”, primo vaccino brevettato per combattere il virus che ha paralizzato il mondo. Al centro della nostra attenzione è il confronto tra il nostro viaggio di andata e quello di ritorno, che nella parte di viaggio tra Mosca e San Pietroburgo si è ripetuto a meno di due mesi di distanza. Questo breve lasso di tempo è servito a far scomparire le voragini che caratterizzavano la strada che conduce alla stazione di metano di Tver’, ma soprattutto ad inaugurare più di una stazione di rifornimento nella nuova autostrada M11 che collega le due importanti città della Russia. A circa metà del percorso, in entrambe le direzioni, sono sorte due stazioni autostradali Gazprom di metano, le prime nel grande Paese. Oltre che il metano è possibile nello stesso luogo fare rifornimento di metano liquefatto (gnl). Una vera ed incredibile sorpresa dato che eravamo passati di qui cinquanta giorni prima e non avevamo percepito traccia di questi due luoghi aperti da appena una settimana. Ci confermano che siamo la prima auto non russa ad effettuare rifornimento in questo strategico luogo.

Il ponte sul fiume Narva

Dopo una sosta serale dalle parti di San Pietroburgo, al mattino della domenica, armati di ennesimo tampone Covid, documenti e tanta pazienza, ci rechiamo alla frontiera di Ivangorod-Narva per quello che abbiamo programmato come rientro nell’Unione Europea. Siamo cauti con l’ottimismo visti i guai passati la volta scorsa. Stavolta oltre me, Domenico e Bruno il cinghiale, in un auto stracolma di bagagli, ci sono mia moglie Olga e mia figlia Alisa, che non varcano una frontiera da quasi venti mesi. Prima di arrivare a Narva facciamo l’ultimo economico rifornimento di metano in terra russa. A parte i consueti tempi lunghi, soprattutto sul lato russo, tutto stavolta fila liscio e la Toyota C-HR è finalmente sdoganata in Unione Europea dopo aver concluso la lunga, chilometricamente parlando, importazione temporanea in terra russa. Come primo gesto oltre confine torniamo sul balcone panoramico che domina il fiume che dona il proprio nome alla parte estone della città, un tempo unita nell’Urss e oggi divisa tra Russia ed Estonia e soprattutto tra lo stato euroasiatico e l’Unione Europea. A questo punto Domenico recupera la sua auto parcheggiata precedentemente in una dacia di campagna non lontana dal confine grazie alla collaborazione con le filiali polacche e lettoni di uno dei nostri principali sponsor. Con l’occasione i proprietari della dacia ci fanno dono di pomodori, cetrioli e carote per sostenere il prosieguo del nostro viaggio! Raguseo rientra in Russia mentre io, la famiglia e il cinghiale proseguiamo l’avventura che ancora dovrà percorrere oltre tremila chilometri prima di arrivare in Italia.

Self-service baltici

Percorriamo i tre Stati baltici a cavallo del 23 agosto, il giorno che localmente ricorda la lunga catena umana composta da circa due milioni di persone che lo stesso giorno del 1989 unì Vilnius, Riga e Tallin in una forte protesta contro le autorità sovietiche. Alle 19.00 del giorno 23 agosto è abitudine ricordare quell’evento tornando in strada e ripetendo, ormai solo parzialmente e unicamente nei pressi delle grandi città, quel gesto che contribuì a cambiare la storia di Lituania, Lettonia ed Estonia. I tempi sono cambiati e a distanza di trent’anni dall’indipendenza alcune problematiche non sono affatto risolte. Se il tenore di vita è sicuramente migliorato grazie al sostegno dell’Europa e alla capacità di gestire bene le risorse arrivate, dall’altra parte continua a non essere chiaro lo status di centinaia di migliaia di cittadini di origine russa che sono parzialmente esclusi dalla vita politica del paese. Il rapporto con la Russia rimane controverso e combattuto. Nel caso del metano tutti e tre i paesi restano buoni clienti di Mosca e perseguono lo sviluppo di numerose stazioni di rifornimento tutte self-service e aperte h24. In molti casi, soprattutto in Estonia, non sono neppure presidiate e tutto si svolge automaticamente sia per le auto che per i mezzi pesanti ampiamente metanizzati. La Lettonia è l’unica dei tre Baltici in cui le colonnine di rifornimento, ovviamente rigorosamente self-service, sono sempre all’interno di distributori dove è possibile trovare i carburanti tradizionali e il gpl ed è presente un ottimo servizio di bar e ristorazione. Quello che è certo è che la rete dei distributori di metano è in rapida espansione da alcuni anni e sta facendo capolino anche il biometano, visto come alternativo all’importazione del gas russo. Oggi non c’è angolo dei tre Paesi baltici dove non arrivi la possibilità di rifornirsi di gas naturale, opportunità da noi ampiamente sfruttata durante questo ed altri viaggi.

Una pizzeria che sa di Valtiberina

La penisola e villaggio di Kaberneeme dista circa trenta chilometri da Tallin. Si trova ad est ed è sicuramente uno dei posti di mare più belli della costa estone. Qui ha una seconda casa con una piccola attività di bed and breakfast Tanel Eigi che assieme alla moglie Stina e ai tre figli Morris, Meliina e Madleen ha avuto un’ulteriore brillante idea, quella di aprire una pizzeria in stile italiano direttamente sul giardino di casa. La famiglia Eigi in passato ha lungamente frequentato l’Italia, per l’esattezza proprio Sansepolcro e la Valtiberina. Tanel ha sviluppato una grande passione per il vino ed ha contribuito anche alla creazione della prima rivista estone sul tema. Tutta la famiglia ama il cibo italiano e lo si percepisce dalla costruzione maniacale del menù di “La casa nostra”. Il nome è italiano come la musica che si può ascoltare mangiando una pizza fatta con ingredienti al 100% provenienti dall’Italia. Non mancano birre e vini sempre figli del Belpaese. Tanel anni fa mi aveva informato dell’attività di soggiorno vicino alla loro casa, mentre ho appreso dalle pagine social dell’esistenza di questa pizzeria e dell’aspetto gradevole del cibo, almeno attraverso le fotografie. Gli Eigi ammettono di essersi innamorati dell’Italia e del nostro cibo anche attraverso i loro periodici soggiorni in Valtiberina. Da ex ristoratore che ha contribuito a far nascere questo amore, ammetto di essere stato davvero emozionato nel visitare “La casa nostra”, e sentirmi dire che è anche merito mio e di Sansepolcro se tutto questo è stato realizzato mi ha lasciato senza parole. Il fatto che oggi a Kaberneeme e dintorni tanti estoni possano mangiare una pizza italiana eccellente è frutto di attenzioni che gli osti e i ristoratori di Sansepolcro hanno avuto nei confronti di questa famiglia estone. Mi chiedo quanti casi simili esistano in giro per il mondo e probabilmente della maggior parte di questi in Valtiberina non è mai arrivata notizia.

A Varsavia!

La Polonia è un Paese dove la diffusione del metano per autotrazione vive un momento di stallo anche per le scelte del governo nazionale di non volere essere troppo legato economicamente alle risorse naturali vendute dalla Russia. Non mancano le stazioni di rifornimento di gpl, se ne contano circa quattromila. Qui gli italiani giocano ancora una volta un ruolo da protagonisti con posizioni importanti nel mercato della trasformazione delle auto verso i due carburanti gassosi. All’andata fummo ospiti della filiale polacca della Landi Renzo, stavolta abbiamo il piacere di raccontare il nostro viaggio nell’Ambasciata d’Italia a Varsavia. Abbiamo avuto modo di incontrare la vicecapo missione Laura Ranalli assieme al Primo segretario Simone Balzani, che hanno ascoltato con interesse la nostra avventura e ci hanno invitato ad inserire Varsavia anche nelle prossime tappe di eventuali avventure simili.

Articolo pubblicato originariamente su www.teverepost.it.

A Mosca dopo tante peripezie

L'equipaggio festeggia il sospirato ingresso in Russia

Dopo la prima settimana che ha portato la spedizione ecologica da Milano a Riga, e la seconda sosta utile sia a svolgere l’Ecorally del Portogallo che a risolvere i problemi burocratici emersi, “Ripartiamo Insieme Milano-Cortina-Tokyo” entra finalmente nella terza settimana e può riprendere il proprio cammino, non senza novità e difficoltà.

Il primo problema in dogana e le possibili soluzioni

Quella successo alla frontiera di Terehova tra Lettonia e Russia non era una problematica legata al veicolo ma al mio permesso di soggiorno. Sembrerebbe che un residente permanente in territorio russo non possa importare temporaneamente un’auto che non sia propria, esattamente come nel nostro caso. Il condizionale è d’obbligo perché ho avuto notizia di situazioni simili risolte diversamente in altre dogane e in altri momenti o nella stessa dogana semplicemente alla presenza di altro personale. In ogni caso questo aveva determinato il ritorno a Riga, e per il prosieguo del viaggio diventava determinante trovare un non russo con visto d’entrata in regola, con ingressi e uscite multiple e che potesse importare temporaneamente il veicolo. Snam, proprietaria della Toyota C-HR ibrida-metano, avrebbe dovuto modificare la delega notarile per consentire ad un mister X di portare in Russia l’auto in mia compagnia. Se al buon Roberto Chiodi fosse stato concesso il visto di entrata il problema sarebbe stato risolto, ma in epoca Covid entrano in pochi e i visti sono bloccati se non per i residenti o gli stretti familiari di cittadini russi. Grazie a molti italiani che vivono in Russia è partita una caccia all’uomo che ha portato a scovare Domenico, persona che si è rivelata una vera risorsa per la nostra spedizione.

Il nuovo compagno di viaggio

Domenico “Mimmo” Raguseo viaggia da quando è nato ed è una di quelle persone che esaurisce le pagine dei passaporti ben prima della scadenza naturale. Italiano nato in Germania, al momento residente in Slovenia per motivi di studio con una parte di vita trascorsa in Friuli. Grazie ad anni di lavoro in Australia ha anche il passaporto della terra dei canguri. Proprio dall’Oceania rientrò in Italia con un lungo viaggio a bordo di uno scooter nel 2014. Al momento frequenta la Russia sia per il fatto che ha la moglie nei pressi di Mosca e sia perché appassionato di calcio e anche la Russia, in queste settimane, ospita gli Europei. Grazie alla moglie riesce ad ottenere regolarmente il visto russo e grazie agli europei di calcio riesce a varcare il confine anche senza visto, grazie ai biglietti per le partite in suo possesso, fino alla fine della manifestazione sportiva. Entrambi i particolari saranno determinanti per la nostra spedizione, come la sua passione per la musica italiana anni ’80 è assolutamente compatibile sia con me che con le radio russe.

In attesa di Mimmo

Mimmo sarà a Riga solo venerdì nel primo pomeriggio e decido di usare nel modo migliore il tempo a disposizione. Visito l’officina VSM Serviss di Ainars Sirmelis, distributore di Landi Renzo in Lettonia. La struttura che gestisce installa impianti a metano, gpl e diesel-metano. Inoltre si occupa di pneumatici, rifornimento gpl, autolavaggio e con un piccolo carro bombolaio trasporta biometano. Nello spazio davanti alla propria officina ci sarebbe spazio anche per una stazione di metano e il sogno potrebbe diventare presto realtà. VSM Serviss si trova a Sigulda, una piacevole cittadina immersa tra natura e castelli a nord-est di Riga. È bello conoscere persone come Ainars che credono ed investono nel gas naturale. Una vera convinzione. dato che cinque anni fa in tutta la Lettonia c’era un solo punto di rifornimento di metano e non sempre funzionante.

I dilemmi di Fabio il vespista

La validità dell’ultimo tampone fatto a Milano mi permette di poter ancora varcare confini. Scelgo di sfruttare l’ulteriore tempo libero per andare verso sud e tornare in Lituania. A Siauliai è arenato il vespista Fabio Cofferati appena arrivato da Varsavia. Anche il suo obiettivo è quello di arrivare a Tokyo per i giochi olimpici sulle orme dello storico viaggio di Roberto Patrignani del 1964. Lui inquina molto più della nostra eco-auto ma allo stesso tempo con le restrizioni del Covid sta compiendo qualcosa di eroico, soprattutto con una vespa del 1963. Passiamo alcune ore assieme visitando la collina delle croci nei pressi di Siauliai. Al ritorno a Riga vengo riesaminato attentamente dalla polizia lettone che mi concede le consuete dodici ore, che poi diventeranno almeno il triplo per il transito verso la Russia.

Il secondo stop in dogana

L’aereo di Domenico arriva puntuale a Riga in un giorno festivo in terra lettone che mi rende impossibile fare un ennesimo tampone che sarebbe necessario se attraversassi il confine con la Russia dopo la mezzanotte. Dopo lunghe chiacchierate telefoniche è il primo incontro tra il mio nuovo compagno di viaggio e me. C’è sintonia e tante cose da raccontarci, cosa ottima visto il quantitativo di ore che passeremo assieme chiusi in auto. C’è anche ottimismo per il fatto che il viaggio prosegua fluido e pensiamo di arrivare in Russia già in serata. A Ludza, ultimo paese in Lettonia, sostiamo alla pizzeria Villaggio dove la signora Diana ci rifocilla come dei figli. La pizza nello stomaco sarà provvidenziale nel resistere alle lunghe ore a cavallo del confine. La parte lettone della dogana vola via in mezz’ora e per la seconda volta in pochi giorni mi trovo oltre la linea del confine ma non oltre la sbarra dove inizia la vera Russia. Si perde molto tempo per spiegare il perché del rifiuto precedente all’ingresso in Russia e quindi per giustificare le informazioni contraddittorie che via via escono dal computer delle serie impiegate doganali. Tutto sembra comunque procedere per il meglio, seppure lentamente. Siamo quasi allo scoccare della quinta ora e stiamo iniziando a mostrare tutto il contenuto della nostre valigie in un apposito hangar doganale quando una delle impiegate chiama Domenico e chiede chiarimenti su una vecchia Volvo importata in Russia precedentemente e mai uscita. Sembra che non si possano avere due auto contemporaneamente sul territorio della Federazione, ribadisco il sembra perché anche in questo caso sono a conoscenza di esempi dove questo è avvenuto. Retromarcia e di nuovo si torna in Lettonia dopo rapido annullamento dei timbri d’ingresso russi e lo stupore dei baltici che vedono per la seconda volta in pochi giorni la coloratissima auto tornare indietro. La polizia lettone decide di non infierire quando viene fuori anche il fatto che il mio tampone è scaduto. Ci areniamo a Ludza alle 2 di notte in una locanda appena riaperta dopo oltre un anno di fermo dovuto al Covid.

Operazione Leningrado

Sappiamo cosa fare, i russi ce lo hanno spiegato benissimo. La vecchia Volvo deve uscire dalla Russia se vogliamo che la Toyota entri. Il vecchio diesel deve lasciare posto alla nostra auto ecologica. Valutiamo come procedere e la soluzione più rapida è spostarsi a Narva, in Estonia, che dista 180 km da San Pietroburgo dove si trova la Volvo da far uscire dalla Russia. Otto ore di strada per raggiungere l’ultimo angolo di Estonia e di Unione Europea con l’obiettivo di organizzarsi bene per non accumulare ulteriore ritardo. Domenico varcherà a piedi il confine e tenterà con mezzi di fortuna di recuperare chiavi e auto per portarla in Estonia. Io mi occupo di trovare l’albergo e una sistemazione per lungo tempo per la Volvo. Rimangono delle incognite, come sperare che la Volvo riparta e che nelle due dogane per Domenico non ci siano problemi. Ricordiamoci che in tutto questo c’è anche il Covid e una pandemia in corso e dalla Russia all’Estonia non si entra ed esce come tra Italia e Slovenia nella piazza della stazione di Nova Gorica. Mimmo riuscirà eroicamente nell’impresa e all’una di notte sarà di nuovo in Estonia dopo essersi goduto pochi minuti della notti bianche che caratterizzano la ex Leningrado di questi tempi. Affittando taxi e contrattando con autisti riuscirà ad andare a San Pietroburgo con appena 25 euro. Nel frattempo a Narva arriva Fabio Cofferati con la sua vespa. È una visita per osservare la Russia dal balcone sul fiume che dà il nome alla città. Il suo viaggio sembra arenarsi per l’impossibilità di ottenere un visto russo. Prima di mollare vuole almeno vederla la Russia tanto agognata e necessaria per arrivare in Giappone.

Il tifoso perfetto e l’ingresso in Russia

Oltre che guardare oltre il fiume con Fabio ci regaliamo una bella cenetta. Per entrambi potrebbe essere il punto di arrivo dei rispettivi viaggi o l’inizio di qualcosa di nuovo. Parcheggiamo i veicoli e studiamo tutte le angolature possibili per le eventuali foto del nostro insuccesso qualora la mattinata in dogana del giorno dopo andasse male. In realtà si è accesa una speranza anche per Fabio. Domenico ha modo di tentare di fargli avere un biglietto per la partita del 2 luglio proprio a San Pietroburgo. Il tentativo è provare a fare entrare Cofferati e la vespa spacciandolo come tifoso di una delle squadre che si potrebbero qualificare per il quarto di finale. Raccontata così sembra una barzelletta ma nella realtà dei fatti la cosa funzionerà e il vespista emiliano riuscirà ad entrare in Russia con la carta di immigrazione che scadrà il 12 luglio, dieci giorni dopo la partita che non andrà mai a vedere. La vespa ottiene il permesso di entrate per un anno. Questo significa che se non interverrà una sanatoria come in occasione dei mondiali del 2018 che prorogò le scadenze dei permessi dei tifosi, Fabio dovrà lasciare la Russia tra due settimane, ma poi potrà riprendere il viaggio appena possibile dove parcheggerà la vespa. La dogana sul ponte che divide la estone Narva dalla russa Ivangorod si rivela un thriller anche troppo emozionante. Ogni passo avanti è motivo di soddisfazione. Gli estoni potrebbero chiedere perché Domenico nello stesso giorno – era l’una della notte – sia già passato da lì con un’auto, poi i russi potrebbero avere da dire sui nostri tamponi scaduti, sul fatto che nei passaporti abbiamo timbri di ingresso russi annullati due giorni prima ed infine accorgersi dei precedenti tentativi di fare entrale la nostra auto. Tutto viene spiegato e stavolta troviamo personale di dogana molto puntiglioso ma anche disponibile e comprensivo. Alla fine la vecchia vespa e la nuova C-HR entrano in Russia quasi contemporaneamente. C’è motivo di festeggiare e questo avviene sotto i cartelli dell’ingresso ad Ivangorod e in un “kafe” di Kingisepp, la città vicina dedicata allo storico rivoluzionario bloscevico estone Viktor Kingisepp. La Volvo rientrata nella notte dalla Russia ha intanto trovato ospitalità in una dacia di campagna non lontano da Narva. Anche questo è il risultato della collaborazione con Landi Renzo Polska che ha attivato le filiali baltiche che hanno portato Elena al nostro albergo e l’auto a casa dei suoi genitori. Un altro esempio di organizzazione perfetta.

A Mosca!

Salutato Fabio e separati i rispettivi cammini, abbiamo intrapreso la strada per Mosca dopo aver rifornito alla stazione di metano Gazprom di Tosno. La bassa pressione del rifornimento non ci permette di raggiungere con il gas naturale la lontana Tver’, costringendoci ad usare per la prima volta un poco di benzina. Ci eravamo abituati a rifornimenti straordinari nei self-service lettoni ed estoni, ma stavolta, nonostante nei paesi baltici arrivi lo stesso gas russo, qualcosa è andato storto. Poco dopo Tver’ dormiamo in un alloggio per camionisti. Sono le tre di notte e le emozioni della giornata ci consigliano di non chiedere ulteriori sforzi ai nostri provati fisici. Del resto a Mosca ci aspettano alcuni eventi e un temporale degno del diluvio universale. Proprio sotto una pioggia battente approfittiamo della scarsa attenzione delle forze dell’ordine per scattare qualche foto della nostra auto a ridosso della Piazza Rossa e della chiesa di San Basilio. La cronaca degli incontri avvenuti nella capitale russa e del successivo cammino verso Kazan’, il Tatarstan e i monti Urali saranno oggetto del racconto della prossima settimana.

Articolo pubblicato originariamente su TeverePost.it.

Giorno 112 – Attraversando quell’Europa che parla russo

5 ottobre 2018, Narva-Daugavpils (km. 559 – tot. 32.181)

Qualche decina di minuti in più a rotolarsi nel letto visto che non c’è più la preoccupazione del visto o delle assicurazioni in scadenza. Il risveglio nell’Unione Europea ha qualcosa di positivo oltre alla davvero buona colazione dell’Hotel Inger. La prima missione della mattina è andare lungo le sponde del fiume Narva che dà il nome alla città e la divide dalla parte orientale chiamata Ivangorod e facente parte della Russia. Sono poco più di cento i metri che distanziano le due parti del fiume e nei pressi del ponte stradale che abbiamo attraversato ieri sera sorgono due castelli contrapposti dove sventolano le due bandiere nazionali. L’Estonia, in base al Trattato di Tartu stipulato nel 1920, rivendica anche il possesso di Ivangorod. La Russia non riconosce queste rivendicazioni e allo stesso tempo sottolinea come oltre l’80% degli abitanti di Narva siano di etnia russa e discriminati dalle normative estoni. Una grande parte di russi residenti in Estonia non ha diritto ad avere il passaporto estone. Di conseguenza una parte di questi ha il passaporto russo e gli altri sono apolidi. L’Estonia non riconosce la propria cittadinanza ai russi arrivati in questa terra dopo il 1940, anno che gli estoni ritengono l’inizio dell’occupazione sovietica della propria nazione. Ad oggi questo problema non è stato risolto e sul tema della tutela dei russi-apolidi sono intervenute anche le istituzioni europee. Questi cittadini votano solo alle elezioni amministrative e sono esclusi dalla vita politica nazionale. Oltre alla frontiera internazionale che abbiamo attraversato nelle ultime ore, ne esiste una pedonale riservata a coloro che si spostano frequentemente tra Narva ed Ivangorod. Molte famiglie furono divise da quello che fino al 1991 era un confine interno all’Unione Sovietica, paragonabile a quello tra due regioni italiane. Oggi non solo il fiume divide due nazioni, ma anche l’Unione Europea da quella Euroasiatica. Un muro burocratico di immense proporzioni.
Nonostante le normative europee prevedano il roaming telefonico tra tutti gli stati membri, non riusciamo ad acquistare una scheda estone che funzioni anche nel resto d’Europa. Alla fine riusciamo a risolvere il problema con un aiuto dall’Italia e la riattivazione della sim card che usavamo fino a quattro mesi fa. Ultimo atto in quel di Narva è la visita alla colonnina di metano completamente automatica e a self service. Peccato che il prezzo sia quattro volte superiore a quello del metano russo. Sotto una pioggia continua ripartiamo verso l’Italia con un pausa pranzo a Tartu, celebre per il trattato di cui abbiamo scritto poche righe prima. Le strade, nonostante siano viscide per la pioggia, sono ottime. Nel primo pomeriggio, dopo aver costeggiato a lungo il lago dei Ciudi che fa da confine con la Russia ed è il quinto per grandezza in Europa, raggiungiamo un altra stranezza geografica, ovvero la cittadina di Valga (in estone) – Valka (in lettone). Questo paese è diviso dalla linea di confine. Fortunatamente i buoni rapporti tra Lettonia ed Estonia, oltre all’abolizione delle dogane europee e alla moneta unica, rendono oggi meno problematica la vita in questo luogo tranne che per il problema linguistico delle due comunità. Paradossalmente l’unica lingua di mediazione per tutti comprensibile è il russo, ovvero quella di coloro che sono considerati gli occupanti di questo territorio per settanta anni. Lasciate le stranezze di Valga-Valka, riprendiamo il cammino tra foreste di betulle e laghi. La qualità dell’asfalto è peggiore di quello estone, ma il bello arriva dopo una quarantina di chilometri, quando il fondo stradale diventa in terra battuta. Questo tipo di pavimentazione in presenza di pioggia diventa davvero pessimo. La nostra Toyota Hilux cambia colore e il rosso della terra copre completamente l’argento della carrozzeria. Fortunatamente questo piccolo inferno si conclude dopo circa cinquanta chilometri. La strada non asfaltata si chiamava P-38, esattamente come la pistola che molti vorrebbero usare contro il ministero dei trasporti lettoni in queste circostanze. L’ultimo centinaio di chilometri ci porta a Daugapils, capoluogo della Letgallia, che come abbiamo raccontato nel viaggio di andata è un’altra zona dei Paesi Baltici dove la popolazione è russofona. La conferma di quale idioma sia parlato arriva sia nel prendere una camera nell’alberghetto centrale chiamato Biplan e pure nell’ordinare cibo al ristorante Gubernators, dove ceniamo per la quarta o quinta volta durante i nostri viaggi. I russi di Lettonia godono di pieni diritti politici ed eleggono regolarmente un discreto numero di parlamentari, ma sono impegnati fortemente nel rivendicare l’uso del russo come lingua ufficiale almeno nelle regioni a maggioranza di popolazione russa.
In questo clima si inseriscono i contingenti Nato qui inviati per dissuadere la Russia a fare pressione militare verso questi territori. In sincerità non avvertiamo alcun pericolo di questo genere, almeno muovendoci e parlando con chi vive in questa terra.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale