Giorno 28 – Chiuso per… orsi!

13 luglio 2018, Krasnojarsk-Divnogorsk-Krasnojarsk (116 km) – Tot. 9.065

In questo giorno di quasi riposo assoluto la sveglia suona molto tardi, al punto che scegliamo di andare direttamente a fare un pranzo-colazione nella mensa sotto casa. La stolovaja “S’em Slona” (“Mangio un elefante!”) è un curioso paradosso, poiché nonostante tutto funzioni in stile russo, al muro si trovano fotografie e immagini dell’Africa. Davvero originale per noi europei pranzare nel cuore dell’Asia con piatti russi, ma vedendo davanti ai nostri occhi il Kilimangiaro, giraffe, leoni, elefanti e intere tribù africane che salutano chi entra nella mensa.

Il cartello che avvisa della chiusura “per orsi” del parco Stolby

Il programma della giornata prevede di fare una cosa che non riuscimmo a fare nel viaggio di dieci anni fa, ovvero visitare il famoso Parco naturale degli Stolby. L’attrazione di questa oasi naturale, dove si possono fare lunghe passeggiate in una zona davvero simile agli appennini dell’Italia centrale, sono delle grandi colonne di pietra. Si può raggiungere il luogo con il maggiore numero di stolby attraverso un sentiero di circa sette chilometri, il doppio dovendo anche tornare all’auto. L’alternativa è salire con una seggiovia in una montagna appena sopra Krasnojarsk e camminare a piedi per circa quaranta minuti per poter vedere dall’alto le note pietre. Quest’ultimo era il nostro programma per oggi, ma siamo stati fermati da un imprevisto abbastanza incredibili: da ieri il parco è chiuso per la presenza di orsi! Da quello che apprendiamo dai notiziari on line, un numero elevato di plantigradi è ripetutamente penetrato nel percorso turistico, causando un potenziale pericolo per gli escursionisti. Ci rechiamo comunque alla partenza della seggiovia, dove uno dei custodi ci conferma che l’accesso al parco è vietato, ma che possiamo comunque entrarci a nostro rischio e pericolo: se ci trova una guardia ci multa, se ci trova un orso ci mangia! Questa interessante previsione è sufficiente ad avviare le procedure per il piano B, ovvero recarci circa trentacinque chilometri a sud di Krasnojarsk, risalendo il fiume Enisej per ammirare da vicino l’enorme centrale idroelettrica che è tra l’altro raffigurata nelle banconote da 10 rubli. Lungo la strada che conduce a Divnogorsk, fatta di salite e discese, curve e tornanti, cosa rara nella piattezza del paesaggio russo e siberiano, si può sostare in un punto panoramico che domina la vastità dello Enisej. Scendendo da questo speciale osservatorio si incontra il pittoresco villaggio di Ovsjanka, fatto con molte storiche case di legno. In una di questa sorge il memoriale dedicato al poeta sovietico Viktor Astaf’ev, nato proprio ad Ovsjanka. Approfittiamo per una rapida escursione nel villaggio e sulle rive del fiume.

Finalmente, dopo le varie soste raccontate, raggiungiamo la grande diga sullo Enisej. Come ci aspettavamo la zona è sotto sorveglianza e per ragioni di sicurezza non ci permettono di avvicinarci troppo. Complice la nebbiolina che persiste in zona, la qualità dell’osservazione non è delle migliori. Proviamo ad andare a monte della struttura dove riusciamo ad osservare la centrale idroelettrica e da lontano anche la struttura che permette alle navi di spostarsi a valle e a monte di questo colosso alto novanta metri. Il lago formato dalla diga è lungo centinaia di chilometri e tutto attorno sorgono numerosi luoghi balneari con bungalow, case e campeggi. Tornando verso Krasnojarsk incontriamo un furgone con targa tedesca. Ci notiamo a vicenda e ci fermiamo a conversare. Conosciamo la bella famiglia composta da Jonas, tedesco, e Nadya, russa, che assieme alla piccola Marlene, nove mesi, stanno viaggiando dalla Germania alla Mongolia. Ci scambiamo informazioni sui rispettivi viaggi e sul perché li abbiamo intrapresi. È sempre curioso incontrare un altro veicolo europeo a migliaia di chilometri dall’Europa.

Nel tardo pomeriggio siamo di ritorno a Krasnojarsk anche per effettuare quella esplorazione della città che nel giorno precedente è stata solo parziale. Stavolta si comincia da una bella cena a base di shashlik (spiedini di carne) sul lungofiume. Con lo stomaco soddisfatto si passa a Piazza della Pace, che al momento è un cantiere in evoluzione, e si continua il passeggio nelle popolate strade cittadine contornate da vecchie case di legno, edifici neoclassici di epoca sovietica e qualche bizzaria architettonica di recente edificazione. Krasnojarsk nacque come insediamento militare già a metà del ‘600 e fu una importante testa di ponte per la colonizzazione dell’estremo oriente russo. In epoca sovietica era un noto luogo dove erano attivi campi di lavoro e poi successivamente aziende meccaniche e legate alla lavorazione del plutonio. Questo fece di Krasnojarsk una città chiusa, accessibile agli stranieri solo con speciali permessi.

La visita termina piuttosto presto visto che domani e dopodomani ci aspettano giornate decisamente difficili e con distanze chilometriche che ci costringeranno a passare molto tempo dentro la nostra Toyota Hilux, modello del quale abbiamo tra l’altro notato in città un numero particolarmente elevato di esemplari.

Cosa è cambiato in dieci anni?

– A dieci anni di distanza, sebbene per motivi diversi, non siamo riusciti a visitare gli Stolby

– I numerosi piccoli chioschi di shashlik nel lungofiume si sono trasformati in veri ristoranti

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololey, Bruno Cinghiale