Giorno 37 – Viva l’Amur!

22 luglio 2018, Birobidhzan-Chabarovsk (188 km) – Tot. 13.706

Nonostante una forte umidità presente nelle nostre stanze, riusciamo a concludere una lunga dormita nell’ennesima angusta sistemazione che ci ospita. Abbandoniamo l’alloggio attorno a mezzogiorno e ritorniamo nel cuore di Birobidzhan per la visita alla sinagoga e al centro culturale-museo dedicato alla storia di questo luogo. Il complesso si trova non lontano dalla stazione ferroviaria ed è moderno. La maggior parte delle tracce rimaste dei novanta anni di ebraismo in questa terra sono visibili all’interno della piccola esposizione museale, che ospita oggetti e giornali originali degli anni ‘20, ‘30 e ‘40 del secolo scorso. Come abbiamo raccontato ieri, la migrazione degli ebrei, che vivevano principalmente in Bielorussia e Ucraina, cominciò nel 1927, incoraggiata dallo stato sovietico che aveva bisogno di coloni che presidiassero la lunga frontiera cinese e facessero nascere città lungo la Ferrovia Transiberiana. Nel corso dei primi anni circa 40.000 persone arrivarono qui con il mito della possibilità di creare una entità autonoma ebraica all’interno dell’Unione Sovietica, cosa che avvenne nel 1935. Le condizioni di vita in questo luogo non erano delle migliori. La zona era paludosa ed edificare la città non fu semplice. Se a questo aggiungiamo i rigori dell’inverno si può facilmente capire perché molti di loro nei decenni successivi abbandonarono la regione. Il colpo di grazia avvenne con la caduta dell’Urss e con la possibilità per molti ebrei di espatriare in Israele. Da quel momento la comunità locale si è ridotta ad un numero marginale e desta in noi ammirazione vedere che viene mantenuta aperta una scuola dove si può imparare l’yiddish, che almeno sulla carta è la seconda lingua ufficiale dell’Oblast’ Autonoma Ebraica.

Il richiamo della domenica italiana ci porta a concederci un piatto di pasta, sempre al “Felicità”, assolutamente non all’altezza della situazione e delle aspettative che avevamo. Riprendiamo il viaggio verso l’Oceano Pacifico e verso la città di Chabarovsk, facile obiettivo di giornata e lontano meno di 200 chilometri da Birobidzhan. La P-297 è ormai tornata ad essere una stradina che attraversa villaggi e questo alza molto i tempi di percorrenza. Tornano anche i fitti autovelox e la polizia pronta a sanzionare gli autisti indisciplinati. Pochi chilometri prima di Chabarovsk, in concomitanza con l’attraversamento del grande fiume Amur, chiudiamo la nostra esperienza ebraica per entrare nel Kraj (territorio) di Chabarobsk. L’Amur per gran parte del suo corso segna il confine con la Cina costituendo un punto di contatto importante per commercio e contrabbando. Se d’estate la massa d’acqua è attraversabile solo con barche, d’inverno grazie al ghiaccio diventa una autostrada per trafficanti di ogni cosa possibile tra Cina e Russia. Con questa vasta ansa l’Amur svolta verso nord andando a sfociare molto lontano da qui, mentre il confine con la Cina prosegue lungo l’affluente Ussuri. Molte delle cose che conosciamo relative al fiume Amur sono legate alla lettura di “Buonanotte Signor Lenin” di Tiziano Terzani. Lo scrittore toscano si trovava in navigazione lungo l’Amur durante il golpe dell’agosto del 1991 e riuscì a vivere in una posizione giornalisticamente privilegiata tutto il calvario che portò a fine anno alla dissoluzione del più vasto paese del mondo.

Troviamo un piacevole alloggio alla periferia est di Chabarovsk dove decidiamo di trascorrere due notti per poter visitare con la massima tranquillità l’importante città. Questo sarà il luogo dove dormiremo più ad est dell’intero viaggio, visto che da domani la strada oltre che in direzione sud piegherà anche verso ovest. Serata casalinga a base di pelmeni comprati al negozio vicino casa. Serve riposo per gestire al meglio le energie in vista degli ultimi 750 chilometri per raggiungere Vladivostok e l’Oceano.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– Dieci anni fa la soluzione dell’alloggio temporaneo in un appartamento privato era poco in uso. Basta pensare che nell’intero viaggio del 2008 potemmo adottare questa soluzione soltanto una volta.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololei, Bruno Cinghiale

Giorno 34 – P297, la strada che non c’è

19 luglio 2018, Chita-Erofej Pavlovic (816 km) – Tot. 12.370

Contrariamente ai programmi che prevedevano una levata mattutina molto audace, si ipotizzava di partire alle 5.00, decidiamo di lasciare il nostro alberghetto alla periferia di Chita alle 8.30.
La decisione tiene conto della stanchezza accumulata nella giornata di ieri e di qualche notizia confortante relativa alla strada che andremo a percorrere oggi, la P-297 “Amur”. Guardando qualsiasi vecchio atlante geografico si può notare come non esista alcuna strada che da Chita vada verso il Pacifico rimanendo all’interno dei confini russi. Allo stesso modo, se percorrete verso est la strada che da Chabarovsk costeggia il confine cinese, emerge che manca un collegamento stradale parallelo alla ferrovia Transiberiana. Questa strada che non c’è fu realizzata circa dieci anni fa, ma il completamento dell’asfalto e la percorribilità per normali auto è notizia molto più recente.
Coloro che hanno percorso la P-297 raccontano cose spesso contrastanti sullo stato della strada. Oggi è arrivato il momento di verificare chi abbia ragione.
Prima di prendere il via salutiamo Hugo Caneiro, il motociclista spagnolo che cercherà di raggiungere il Pacifico per la strada che conduce a Magadan. La pioggia di prima mattina non aiuta il suo cammino, ma del resto anche il suo programma di viaggio è molto intenso e non può permettersi grandi rallentamenti. Noi sì, visto che partiti da Chita imbocchiamo la strada che porta direttamente in Cina invece che quella per Vladivostok. Ci accorgiamo della cosa dopo 35 chilometri e fra tutto perdiamo una preziosa ora di viaggio.
Rifacciamo un nuovo rifornimento di gasolio poiché ci è stato consigliato di non affrontare la P-297 a serbatoio non pieno, vista la quasi assenza di stazioni di rifornimento. Se non avessimo fatto questo ulteriore acquisto di gasolio avremmo davvero avuto difficoltà visto che per quasi 600 chilometri non abbiamo trovato un altro rifornimento compatibile con il nostro motore. Forse avremmo fatto meglio a lasciare il metano di Bratsk per questa occasione, visto che sarebbe stato utile aumentare l’autonomia della nostra Hilux dai circa 700 chilometri che garantisce la versione diesel al quasi doppio del diesel-metano.
Lungo la strada continua il verde paesaggio con alternarsi di fiumi, laghi, valli, pianure e montagne. Tratti boscosi e altre parti di pianura fino a Chernyshevsk, dove pranziamo, visto che questo era l’ultimo paese raggiungibile con la vecchia strada riportata nella carte geografiche. Da qui comincia il nulla, visto che per circa cinquecento chilometri incontriamo un unico punto di ristoro, una stazione di servizio senza gasolio e un solo villaggio nei pressi della strada rimasto fuori dal tempo. Qui ci avventuriamo per le bianche strade, assaporando anche un terribile caffè nel bar locale, solo per capire come vive la gente in questo luogo dimenticato da tutti, tranne che dalla Ferrovia Transiberiana. Dopo oltre sei ore senza segnale telefonico ricominciano ad arrivare le notifiche dei messaggi ricevuti. Il confine tra la Transbajkalia e l’oblast dell’Amur rappresenta una sorta di ritorno alla civiltà. Infatti dopo circa trentacinque chilometri troviamo ad Erofej Pavlovich un albergo che ci era stato segnalato alla stazione di servizio senza gasolio 150 chilometri prima. Quasi piena di cinesi e molto cara, questa struttura lungo la strada, e quindi siamo costretti a spostarci dentro il villaggio che sorge attorno alla stazione della Transiberiana e che porta il nome dell’esploratore russo del XVII secolo Erofej Pavlovic Chabarov, cui è intitolata anche la città di Chabarovsk, nostra futura destinazione. Erofej Pavlovic non è certo il più turistico dei luoghi, ma dopo la quantità di desolazione affrontata oggi ci sembra una metropoli. Oltre all’albergo Udacha (Fortuna) riusciamo a soddisfare il nostro appetito alla mensa dei lavoratori della stazione ferroviaria. Seconda parte della serata in un interessante bar con palla specchiata in stile discoteca, dove si ritrovano alcuni dei giovani locali. Per coloro che non si possono permettere il bar c’è il piacevole passatempo di un sovrappasso ferroviario da dove guardare il passaggio dei numerosi treni in transito.
Ultimi esseri viventi incontrati nelle buie strade, prima di concederci un giusto riposo, sono tre mucche che sembrano avere smarrito la via di casa.
Anche oggi in oltre ottocento chilometri non abbiamo incontrato neppure una pattuglia della polizia. Temevamo questa giornata, soprattutto per l’impossibilità di soccorso o di comunicazione in caso di problemi nella zona non abitata attraversata. Per quanto riguarda la qualità delle spesso non piacevoli strade russe, va riconosciuto che la P-297 è stata una delle meno problematiche, come fondo stradale, affrontate finora.

Cosa è cambiato in dieci anni?

– Oggi è più facile del solito rispondere a questa domanda: c’è una grande strada che collega oriente e occidente che dieci anni fa non c’era, anzi era un cantiere a cielo aperto.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololei, Bruno il Cinghiale