Giorno 74 – Khiva, la città nel deserto

28 agosto 2018, Khiva (0 km – tot. 25.625)

La Torino-Pechino ha deciso di sostare un giorno a Khiva per potersi godere con calma la piacevole cittadina ubicata in un’oasi nella provincia uzbeka di Corasmia, al confine tra Uzbekistan e Turkmenistan. La decisione è arrivata dopo aver dato un rapido sguardo allo splendido centro cittadino nelle ultime ore di luce di ieri sera. A questo punto siamo consapevoli che accumuleremo ulteriore ritardo, ma non approfondire la conoscenza di questo luogo sarebbe stato un crimine. La leggenda dice che la città sia stata fondata da Sed, uno dei figli di Noè. La realtà dice che era un centro importante della Via della Seta e le prime tracce storiche si trovano in documenti datati circa mille anni fa. Le piazze di Khiva erano note nei secoli scorsi per i propri mercati di schiavi e per almeno due sconfitte patite dall’Impero Russo nel tentativo di sottomettere il Khanato.

La giornata inizia con la massima tranquillità visto che approfittiamo per riposare leggermente più del solito. Dopo la colazione ci avventuriamo nei vicoli di Khiva senza bisogno della nostra auto, lasciata a riposare nel parcheggio dell’albergo che ci ospita. Per accedere al centro della città è necessario acquistare un biglietto di circa dieci euro che permette la visita di tutti i musei, moschee, minareti, medresse presenti all’interno delle mura cittadine. Questo è un chiaro segnale di attenzione nei confronti dei turisti e del fatto che la città è molto più moderna e commerciale di quanto possa sembrare al primo sguardo. La cosa ai nostri occhi incredibile è che la maggior parte delle case e buona parte delle mura che cingono il centro storico sono fatte di terra e paglia. Questo dimostra l’inesistenza del fenomeno delle piogge in questa zona geografica, altrimenti sarebbe stato impossibile per queste strutture resistere per centinaia di anni. Alcuni palazzi, stavolta in mattoni e pietra, hanno la veneranda età di mille anni. Khiva con il suo Khanato per secoli è stata una fiera avversaria di Bukhara e Samarcanda e oggi di fatto è assieme alle due ex rivali una delle tre principali attrazioni turistiche dell’Uzbekistan. Rimane la differenza che il cuore storico di Khiva appare più vero e realmente abitato da persone normali rispetto ai centri molto modernizzati di Samarcanda e Bukhara. Anche l’aspetto delle persone è leggermente diverso, con tratti molto più turchi e meno asiatici. Tra le visite effettuate, forse una delle più curiose è la salita in cima ai cinquantasette metri del minareto del complesso Islam Khodya. Le guide cartacee scrivono quarantacinque metri, ma la custode della torre assicura che sbagliano. Le scale che portano in vetta sono elicoidali in legno, prive di luce o qualsiasi misura di sicurezza. Il panorama che regala questa esperienza è degno della fatica e tensione accumulate per scalare la struttura. Il veloce pranzo in uno dei tanti ristoranti è utile per organizzare le ulteriori visite del pomeriggio. La degustazione tris di plov, manty e golubtsy è un gustoso capolavoro della cucina ex sovietica. Moschee, giro delle mura, antichi palazzi, vecchi bazar, nuovi mercatini e perfino la vecchia e scalcinata ruota panoramica made in Urss dimostrano che in una giornata è impossibile visitare con il sufficiente tempo le sedici attrazioni comprese nel biglietto pagato in mattinata. Facciamo il possibile rimanendo dell’idea che la città abbia meritato questa sosta non prevista di un giorno in più. Tra i punti di forza di una fermata qui ci sono i prezzi delle bancarelle presenti nelle stradine della città che sono almeno la metà degli stessi souvenir acquistabili a Samarcanda o Bukhara. Bello poter osservare per il secondo giorno di fila lo spettacolo del tramonto che illumina di un colore speciale le cupole delle moschee con in lontananza i riflessi del deserto. Ieri la posizione privilegiata era una terrazza sopra le mura della città, oggi il balcone del nostro albergo. Scegliamo uno dei migliori ristoranti di Khiva per l’ultima cena in questo scenario. Anche in questo caso l’alta posizione domina la fortezza e il tozzo minareto incompleto chiamato Kalta Minor. Il nostro sfarzo ci costa ben cinque euro a testa, cifra davvero folle a queste latitudini. Il riposo in vista delle difficili giornate che ci aspettano è doveroso e proprio per questo non facciamo le ore piccole.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?
– Khiva essendo meno popolare di Samarcanda e Bukhara vive in modo minore la presenza dei flussi turistici. Questo fa in modo che la città sia nelle stesse condizioni in cui erano Bukhara e Samarcanda dieci anni fa. Le strade sterrate, i pavimenti vecchi, alcuni edifici in abbandono oltre alle case del centro veramente abitate rendono Khiva più reale delle altre due mete turistiche. Speriamo che il cambiamento inesorabile che ci sarà non sia simile a quello avvenuto nelle altre mete turistiche uzbeke.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale, Alessandra Cenci, Giulia Messina.

Giorno 73 – Nel deserto del Kizilkum tra uzbeki, kazaki e karakalpachi

27 agosto 2018, Bukhara-Khiva (442 km. – tot. 25.625)

Di primo mattino, dopo la consueta abbondante colazione, lasciamo il piacevole hotel Edem gentilmente messo a disposizione da Fornovo Uzbekistan. Partiamo alla volta di Khiva assieme a Nozimjon, ormai nostra personale guardia del corpo. La distanza che ci separa dalla città storica obiettivo di giornata è di poco superiore ai quattrocento chilometri, ma con una parte di strada dal fondo non eccellente. Khiva era nel mirino anche della Torino-Pechino 2008, ma a causa del conflitto russo-georgiano dell’agosto di quell’anno fummo costretti a cambiare itinerario e rinunciare a questa bella città.

I primi cento chilometri di strada sono, come previsto, davvero pessimi, con i famosi avvallamenti dovuti al peso dei mezzi pesanti. A seguire comincia una superstrada in cemento, con quattro corsie, nella quale si superano in massima tranquillità i cento km/h. Entriamo nella Repubblica di Karakalpakstan, un soggetto autonomo all’interno dell’Uzbekistan dove vivono ben oltre un milione di persone suddivise in tre gruppi etnici equivalenti: uzbeki, kazaki e karakalpachi. Le lingue ufficiali sono l’uzbeko e il karacalpaco. Il territorio di questa zona è caratterizzato dalla presenza del deserto del Kizilkum che divideva l’emirato di Bukhara da quello di Khiva. Le uniche macchie di verde sono in lontananza lungo il corso del fiume Amu-Darya, che in questo tratto divide l’Uzbekistan dal Turmenistan. Avvistiamo il fiume e il confine tra i due stati più volte durante il trasferimento. In un punto qualsiasi del deserto decidiamo di inoltrarci tra le piccole dune per fare alcune fotografie. Sorprendentemente scopriamo un mondo nuovo, fatto di pecore e pastori. Le povere pecore hanno davvero poco da mangiare e si gettano tra i pochi cespugli dove sopravvive qualcosa di verde. Suscitiamo la curiosità dei pastori che probabilmente si chiederanno cosa siamo venuti a fare dall’Italia fino a questo luogo ameno.

Alle 14 siamo finalmente presso la cittadina di Beruniy dove ci aspetta Gajrat, titolare della locale stazione di metano. Naturalmente non ci occupiamo solo di fotografare il sito e di rifornire l’auto, ma come di consueto andiamo a pranzare assieme e non sarà uno spuntino leggero. Sul nostro tavolo, in un ristorante della zona compare anche il pesce dell’Amu-Darya oltre alle consuete verdure, ottima frutta e carne. Siamo in un’oasi, ulteriormente alimentata dalle acque del fiume che, come già detto, non ha più le forze per sfociare nel Lago di Aral. Gajrat ci presenta la prestigiosa vodka “Karatau”, pluripremiata tra le migliori esistenti in Russia e dintorni. Il capospedizione Guido, essendo impegnato nella guida, non può che assaggiare un piccolissimo bicchiere del prezioso liquido. Gajrat si adegua e ci regala una cassa da sei bottiglie da bere quando non guidiamo… Ringraziamo per la gentilezza e spieghiamo che torneremo alla stazione di Beruniy per rifornire anche quando lasceremo Khiva.

Ultimi quaranta chilometri e finalmente raggiungiamo la storica città dove prendiamo possesso di una stanza presso il centralissimo Hotel Islambek. A questo punto la missione di accompagnamento di Nozimjon si conclude e con un comodo passaggio d’auto, a metano, della durata di sedici ore ritornerà a Tashkent nella notte. Doniamo al nostro più accanito fan la maglia ufficiale della Torino-Pechino 2018 e lui gradisce molto il pensiero. La difficoltà a visitare la città di Khiva emerge anche quest’anno visto che, a causa di tutti gli impegni della giornata, cominciamo il tour turistico praticamente alle 19.00. Facciamo in tempo a percepire la bellezza di questo luogo anche grazie all’escursione in una delle torri più alte e panoramiche della città, da cui possiamo godere del tramonto. Durante la cena consumata in un piccolo locale all’aperto del centro cittadino emergono tutti i nostri dubbi sul restare o meno un giorno in più a Khiva per potere avere il tempo di gustarsela con calma. Ci sono aspetti positivi in questa scelta e altri negativi che ci potrebbero costringere a fare velocemente le visite successive. Ci prendiamo alcune ore per approfondire l’argomento e comprendere con esattezza quale potrebbe essere la scelta migliore.

Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– La morte del già Presidente Karimov, di cui il 2 settembre ricorre il secondo anniversario, ha portato al potere il suo ex primo ministro Shavkat Mirziyoyev, il quale ha molto alleggerito il controllo della polizia all’interno del paese. Uno dei cambiamenti più evidenti è la cessazione dei numerosi posti di blocco lungo le strade che opprimevano gli automobilisti.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Bruno Cinghiale, Alessandra Cenci, Giulia Messina, Nozimjon Shermuhamedov