Giorno 36 – La terra promessa

21 luglio 2018, Belogorsk-Birobidhzan (km.473) – Tot. 13.518

Nelle prime ore del mattino lasciamo il malsano Hotel Vstrecha (“Incontro”), dove decidiamo di non fare neppure colazione. Per il terzo giorno consecutivo continua la strada buona, ma come sempre priva di servizi essenziali. Riusciamo a berci un caffè e mangiare qualcosa di caldo solo dopo 140 chilometri, mentre per il quotidiano pieno di gasolio si devono aspettare oltre 200 chilometri dopo la partenza. Il paesaggio continua ad essere caratterizzato dal verde intenso, ma oggi le montagne sono declassate a collinette e c’è una grande presenza di pianure con fiumi, torrenti, stagni e laghetti. In questo scenario raggiungiamo un nuovo confine amministrativo dove per l’ultima volta spostiamo le lancette dell’orologio un’ora avanti passando a +8 dall’Italia e +7 da Mosca. Finisce l’oblast dell’Amur per lasciare spazio ad una delle entità geografiche più curiose della Russia. Entriamo con le consuete foto di rito nell’Oblast’ Autonoma Ebraica, una terra caratterizzata da una storia molto interessante che racconteremo più avanti. Da questo momento la strada P-297 ricomincia ad attraversare i piccoli paesi e di conseguenza ad aumentare le possibilità di consumare un pasto. Nei pressi del paesino di Izvestkovyj ci fermiamo in un desolato kafè dove incontriamo il titolare Vasilij, 71 anni, che oltre ad offrirci vodka che gentilmente rifiutiamo ci racconta il suo sogno di diventare poligamo, oltre che manifestare amicizia e simpatia verso l’Italia. Dopo giorni che ci siamo sentiti trattare come spie o come pericolosi terroristi, l’amicizia di Vasilij è un buon segnale di ritorno ad una situazione più normale per gli stranieri.

Ancora due ore di strada in mezzo alle solite valli e fitta vegetazione ed arriviamo a Birobidzhan, capoluogo amministrativo della regione. Qui ci aspetta l’ennesimo curioso alloggio prenotato via booking. Finiamo in una specie di piano interrato e ci dividiamo in due stanze, una doppia che può essere definita normale ed una singola della grandezza di due metri quadri. L’abbiamo misurata. Dopo essersi rilassati andiamo a fare turismo in questa eccentrica città dove i nomi delle strade e molti cartelli stradali sono scritti in russo e in yiddish. Sul piazzale della stazione ferroviaria, giusto per dare il benvenuto a coloro che arrivano in treno, praticamente tutti tranne noi, c’è una “menorah”, il tipico candelabro a sette braccia simbolo della religione ebraica. Poco oltre si incontra un curioso monumento a forma di carretto trainato da un cavallo con a bordo due dei primi coloni di origine ebraica che arrivarono qui nel 1927 con la speranza di poter contribuire allo sviluppo e crescita della “terra promessa”. La scelta di questa area da colonizzare non arrivava dai libri sacri della religione ebraica, ma semmai da Stalin e dal sistema di potere sovietico desideroso di popolare queste delicate aree al confine con la Cina. La parte interessante della città è raccolta tra la stazione e il fiume Bira che assieme all’affluente Bidzhan danno il nome alla città. Naturalmente non manca la statua di Lenin, il Parco dedicato alla Grande Guerra Patriottica, un bel lungofiume e addirittura un monumento, non in buone condizioni, che sancisce l’amicizia tra la Russia e la davvero vicina Cina. Guardiamo velocemente anche il centro culturale ebraico e la vicina sinagoga, dato che occuperemo tempo per visitare questo complesso e il relativo museo che racconta la storia di questo territorio nella giornata di domani.

Come ieri, attorno alle 12.30 dell’orario italiano ci colleghiamo per una diretta con gli amici di EcoFuturo con i quali facciamo il punto della situazione relativa al nostro viaggio. A seguire, dopo giorni di pasti difficili e spesso senza la possibilità di scegliere, sentiamo il bisogno di andare alla pizzeria Felicità, non lontana dalla stazione ferroviaria e non gestita da italiani. La pizza è poco simile a quella “made in Italy”, ma le foto nelle pareti sono tutte di città e personaggi della nostra Penisola. Rientriamo nelle nostre stanze prima del consueto per cercare di riposare il maggior tempo possibile. Come è cambiato il mondo in dieci anni?

– In questa zona del mondo la maggior parte delle auto ha la guida a destra. Si tratta di auto importate dal Giappone e destinate a circolare nei paesi con guida a sinistra. Dieci anni fa il fenomeno era diffuso pure nella Russia europea e le auto “nuove” arrivavamo dopo un viaggio di 10.000 chilometri via terra lungo strade non facili. Il fenomeno di coloro che guidano auto dal porto di Vladivostok fino all’Europa per poi rivenderle è in netto calo, ma l’arrivo di auto con guida a destra non è scomparso.

Equipaggio del giorno: Guido Guerrini, Emanuele Calchetti, Marina Khololei, Bruno Cinghiale.