Ritorno da Volgograd – Giorno 2

Con il corpo a Odessa, con la testa a Volgograd
Le notizie in arrivo dalla ex Stalingrado condizionano il nostro viaggio di ritorno.

Sveglia di buon ora nella cittadina di Berdjans’k, visto che prima di partire verso Odessa dobbiamo fare aggiornamenti al sito internet e commissioni bancarie nella brulicante piazza del paese. Mentre facciamo colazione nell’austero albergo che porta il nome del paese dove ci troviamo, apprendiamo la nuova terribile notizia appena arrivata da Volgograd: la tv annuncia un nuovo attentato. Subito entriamo in contatto con Emanuele che ci conferma la notizia, il considerevole numero di morti e feriti e l’inquietante fatto che stavolta il luogo dove il kamikaze si è fatto saltare è un mercato periferico molto vicino alla casa della Associazione Giovanni XXIII. Per l’esattezza è il mercato Kachinskij, dove si ferma il tram che solitamente ci portava nel centro cittadino ed a pochi metri dalla palestra dell’Istituto Tecnico che abbiamo frequentato per giocare a pallavolo nei giorni scorsi. È davvero fastidioso pensare che entrambi i luoghi degli attentati siano zone della città dove siamo più volte passati, dove ci siamo spesso fermati, dove abbiamo trascorso piccole parti delle nostre giornate. Esattamente come quelle persone che entravano alla stazione ferroviaria nella mattinata di domenica o che andavano al lavoro con il filobus di lunedì. Magari mentre eravamo in questi luoghi, vicino a noi poteva esserci colei o colui che prendevano riferimenti e misure per l’azione che avrebbero fatto nei giorni successivi. Solo a pensare questa cosa vengono i brividi.
Emanuele ci racconta l’umore dei suoi coinquilini e degli altri amici che vivono in città, come del resto ci conferma la sua ferma intenzione di non mettere in dubbio il prosieguo della sua presenza in città. Anche Guido e Giacomo, ormai dalla lontana Ucraina, condividono l’opinione di Emanuele anche se scherzando si dicono pronti a tornare indietro per un eventuale recupero.

In queste ore molti amici ci chiedono perché sia stata scelta proprio Volgograd per questi criminali gesti eclatanti e cosa ci sia dietro. La risposta è probabilmente che i mandanti di queste azioni terroristiche sono organizzazioni che lottano da anni per la costituzione di stati islamici nel Caucaso russo. Noti sono i nomi di Cecenia e Daghestan e azioni forti come la strage del teatro Dubrovka a Mosca nel 2002 (circa 150 morti) o della scuola di Beslan nel 2004 (quasi 400 decessi di cui molti bambini). Circa due mesi fa, sempre a Volgograd una kamikaze fece saltare un bus di ritorno dall’università con diversi morti e feriti. La conseguenza di quel gesto fu un aumento delle misure di sicurezza nella città sul Volga. Noi stessi abbiamo osservato come nelle stazioni dei tram o dei bus ci siano manifesti e video con vignette e cartoni animati che spiegano i comportamenti da prendere se nel veicolo si nota qualcosa di strano. Evidentemente il rafforzamento delle misure di sicurezza non è stato sufficiente. Volgograd con il suo milione di abitanti è la città più grande con popolazione russa nei pressi dell’aerea caucasica. Altre città come la prossima sede olimpica di Soci sono maggiormente presidiate e geograficamente più difficili da raggiungere, poiché protette da montagne alte migliaia di metri. Volgograd, invece, è un isola in mezzo alla steppa con nessuna altra città nei pressi. Una volta che con un facile viaggio il terrorista la raggiunge, ha tutto il tempo di architettare l’attentato dopo, magari, giorni di appostamenti. Molte sono le persone di origine caucasica che vivono in questa città, questo rispetto ad altri luoghi permette al terrorista di mimetizzarsi molto meglio che a Mosca o a San Pietroburgo. Immaginate cosa succederà da adesso in poi nelle città russe dove, in qualsiasi mezzo pubblico, chiunque porti la barba o abbia una carnagione più scura o capelli non chiari, sarà oggetto di attenzioni da parte della polizia e di perplessità della gente. Due dei tre attentatori sono donne, vedove di militanti islamici uccisi negli anni passati dalle forze di polizia russe. La situazione in Caucaso è da anni molto delicata, a livello di mix etnico convivono più o meno facilmente ortodossi, cristiani, musulmani e addirittura buddisti. Oltre alle repubbliche ex sovietiche di Georgia, Armenia ed Azerbaigian esistono stati non riconosciuti dall’Onu come Abcasia, Ossezia meridionale e Nagorno-Karabak. A questi vanno aggiunte le repubbliche autonome facenti parte della Federazione Russa come Cecenia, Daghestan, Cabardino-Balcaria, Inguscezia, Ossezia settentrionale, Caracai-Circassia, Adigezia. In alcune di queste ultime, movimenti armati mettono in dubbio la sovranità russa sui loro territori. Se da alcuni anni nelle città la situazione è apparentemente normalizzata, nelle montagne prosegue una guerriglia di fatto mai interrotta dall’inizio degli anni ’90, che continua a costare vittime civili e militari. Le Olimpiadi invernali di Soci rischiano di diventare una vetrina per i terroristi che con le azioni a Volgograd hanno dimostrato di riuscire ad alzare notevolmente il tiro. In tutto questo chi ci rimette è la popolazione civile, sia russa che delle altre etnie, che vede peggiorare la propria sicurezza e allo stesso tempo crescere la discriminazione razziale nei confronti di chi emigra o scappa dalle regioni calde del Caucaso.

Per la cronaca la giornata di viaggio è proseguita lenta e tranquilla, fra esercitazioni nell’arte di evitare le buche delle micidiali strade ucraine, che in questa zona sono completamente prive di neve, prove di orientamento nelle grandi città prive di tangenziali (in particolare modo Melitopol’ e Mykolaev) e rifornimenti di metano alla partenza di Berdyans’k e a Mykolaev. Gli ultimi cento chilometri si sono svolti come sempre in notturna, mentre l’ultima fatica della giornata è stata attraversare mezza Odessa per raggiungere l’albergo Octobrjaskaja dove soggiorneremo due notti. Cena in centro in un locale retrò in stile ex sovietico e passeggiata per i mercatini di natale della bella città portuale. Fa un effetto curioso vedere le persone comprare i regali e costatare come ci siano ancora numerosi clienti per i negozi che vendono ancora gli alberi di Natale in un Paese dove la nascità di Gesù sarà festeggiata il 7 gennaio e nel quale è proprio Capodanno il momento dello scambio dei doni. Nella giornata di domani, che vedrà il nostro diario di viaggio accorparsi a quello del primo gennaio, ci riposeremo visitando Odessa e i suoi monumenti principali cercando anche un luogo per trascorrere un Capodanno all’insegna della sobrietà dato lo stato d’animo che ci accompagna.

I primi dati dei rifornimenti di metano e gasolio durante il viaggio di ritorno sono confortanti, nonostante alcuni problemi di traffico avuti nella giornata di ieri. Nei circa 1200 chilometri tra Volgograd e la città ucraina di Mykolaev abbiamo consumato circa 67 litri di gasolio e appena 50 di metano. La spesa ai prezzi locali per percorrere questa distanza è stata di circa 70 euro: con i prezzi italiani, invece, sarebbero stati circa 160 euro. Il risparmio rispetto al consumo di un veicolo solo diesel è di circa il 25% in meno, ma sottolineiamo ancora una volta che questo è un dato minimo visto che siamo rimasti a lungo bloccati nel traffico cittadino di alcuni centri urbani. Fino a Rostov na Donu, prima di rimanere quasi fermi per tre ore in una coda apocalittica, i dati indicavano un consumo di 23 litri di gasolio e 19 kg di metano su una distanza di 500 chilometri!

8 commenti su “Ritorno da Volgograd – Giorno 2”

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